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Esclusiva

Febbraio 14 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 28 2021
Elezioni USA, il punto della situazione

Dopo i caucus dell’Iowa, le primarie in New Hampshire delineano uno scenario che va definendosi: testa a testa tra Sanders e Buttigieg, la rimonta di Klobuchar, e la conferma delle difficoltà di Warren e Biden

Vittoria agrodolce per Bernie Sanders al secondo appuntamento elettorale delle primarie democratiche. Il trionfo netto annunciato dai sondaggi non c’è stato. Se da un lato il senatore del Vermont monopolizza i consensi dell’ala più a sinistra del partito, surclassando la sfidante Elizabeth Warren – l’avversaria a lui politicamente più affine – dall’altro registra un calo dei consensi nello stesso Stato rispetto al 2016 e nel complesso rimane comunque dietro a Pete Buttigieg. 

Ad oggi il giovane sindaco dell’Indiana ha ottenuto due delegati in più per la convention di luglio a Milwaukee, dove si deciderà il candidato democratico alla presidenza. In favore di Sanders giocano i nuovi appuntamenti elettorali: il 22 febbraio ci saranno i caucus in Nevada e il 29 febbraio le primarie in South Carolina. Quest’ultima in particolare sarà molto importante: si tratterà del primo voto in uno stato del Sudcon una grossa componente di minoranze afro-americane e latine. Molti sospettano che sarà un duro banco di prova per un candidato come Pete Buttigieg, che nonostante due buoni risultati iniziali, al momento non sembra aver conquistato queste fasce della popolazione. 

Molti si domandano perché la Warren continui a restare in gara. «Probabilmente punta a Stati più popolosi come California, New York e Massachussetsle roccaforti democratiche, dove spera di recuperare terreno» dice da New York Alberto Flores d’Arcais, firma de l’Espresso e professore della Scuola di Giornalismo della LUISS«E soprattutto, dicono i maligni, attende le prime gaffes di Sanders». Una proprio nella giornata di ieri, riguardla questione della cartella clinica. Gli americani quando votano per qualcuno vogliono conoscere il suo stato di salute. Di solito i candidati non si oppongono, l’unico ad averlo fatto di recente è stato Trump, il secondo, Sanders. Ieri, intervistato da uno degli inviati di punta di NBC, ha risposto alla domanda mandando al diavolo il giornalista. «Molti degli avversari di Sanders hanno cominciato a paragonarlo a Trump per i suoi modi bruschi e poco accomodanti nei confronti dei media, arrivando a definire il suo un vero e proprio populismo di sinistra, l’equivalente di Trump ma nel campo opposto». 

Un dato di fatto è che la partecipazione c’è stata: alta affluenza soprattutto tra i giovani, che per una volta si riconoscono nei programmi e nelle idee di più di un candidato. «È un bene per Sanders perché la maggior parte dei giovani è con lui, ma è un bene anche per il Partito Democratico, che stando ai sondaggiavrebbe già dalla sua il 70% del voto giovanile». Ad una condizione però: che sia in grado di esprimere un candidato che dia loro voce, evitando di ripetere l’errore di quattro anni fa. In quel caso i giovani elettori, non sentendosi più rappresentati da Hillary Clinton, disertarono in massa il voto.  

Ma perché i giovani sono con lui? Sanders è l’unico che usa senza paura la parola “rivoluzione”, l’unica in grado di conquistare una fascia di elettorato che sente di vivere ancora in una società profondamente diseguale e iniqua, e che non si accontenta di mantenere lo status-quo dei moderati. Vuole un cambiamento radicale, ed è compatto nell’affermarlo. Dall’altra parte il fronte moderato si continua a frammentare, indebolendosi con la comparsa ogni giorno di un nuovo “candidato-rivelazione”Ultimo in ordine di tempo quello di Amy Klobuchar, nei sondaggi fino a poco fa circa al 2%, «il suo è un exploit che cambia completamente le carte in tavola» aggiunge Flores«Senatrice del Minnesota, nel Midwest, capace di parlare all’America profonda, quella degli scontenti, dei lavoratori che non si riconoscono nelle grandi metropoli e molto ferma sulle proprie posizioni. Politicamente abbastanza moderata. Una possibile candidata da seguire». 

«Va detto che anche Buttigieg rimane comunque un candidato interessante, la sua inesperienza politica ha scarsa importanza, forse è quello più in grado di unificare l’elettorato. Bisogna sempre ragionare anche sulle modalità di voto negli Stati Uniti. Si vota di martedì, in un giorno feriale, e le ore che si perdono per recarsi ai seggi non vengono rimborsate. Per l’elettorato più povero può essere un bel deterrente. Non va mai perso di vista che chi ha la probabilità maggiore di esprimere il proprio voto senza intoppi è la classe media». 

Per ora i delegati sono ancora pochissimi. Bisogna ancora essere cauti ed è molto difficile fare previsioni. Mancano ancora appuntamenti chiave: Wisconsin, Pennsylvania e Michigan saranno stati decisivi, oltre agli swing-state tradizionali: Ohio, Virginia e Florida, stati che sono sempre rimasti in bilico tra Repubblicani e Democratici. 

La vera incognita, che rende impossibile qualsiasi pronostico rimane sempre una: Michael Bloomberg«In molti in queste ore pendono dalle sue labbra per capire se dirà qualcosa su qualcuno dei candidati in campo democratico». Sottolinea Flores, l’ex-sindaco di New York è lo stesso che disse “io voglio che Trump venga sconfitto da qualcuno”, per questo è entrato nella corsa. Sarebbe forse pure disposto a votare i candidati più estremi. «Lui aveva capito molto meglio di tutti gli altri quanto fosse debole Biden come candidato, quindi aveva detto“dal Super Tuesday io sono pronto a scendere in campo”. Forse aspetterà i risultati dei prossimi due stati, Nevada e South Carolina prima di decidere, temporeggiando, come ha fatto finora».