«Il collaboratore professionista assume l’onere di stipulare, a proprie spese, apposita polizza assicurativa contro gli infortuni che dovesse subire nello svolgimento dell’incarico; lo stesso solleva l’Ente da qualsiasi responsabilità per danni a persone e/o cose che possano derivare dall’espletamento dell’incarico.» Alla pagina quattro del “contratto di lavoro autonomo di natura professionale” di Marco, nome di fantasia, la scuola di lingue per cui lavora declina ogni responsabilità. «Il punto è che non stanno facendo nulla di criminale, è tutto scritto negli accordi tra le due parti che ho firmato a ottobre. Sapevo che il rapporto di lavoro sarebbe stato inquadrato come collaborazione occasionale, che di conseguenza non avrei avuto alcuna tutela, ma sul momento non ci ho riflettuto, avevo bisogno di un lavoro subito e così ho accettato.» Marco non ha contributi né partita IVA, deve sperare di ammalarsi il meno possibile per continuare a guadagnare.
L’edificio in cui insegna è al centro di Roma, a pochi passi dalla Basilica di Santa Maria Maggiore. Al secondo piano di un palazzo storico rivestito di intonaco chiaro la prima porta sulla destra è quella che Marco varca tutti i giorni, domenica esclusa, per 1000 euro, variabili. «Essendo un lavoratore autonomo non c’è la certezza dello stipendio, quando uno studente finisce il suo pacchetto di ore non è detto che lo rinnovi o che la segreteria ti offra un altro corso. Bisogna costruire un rapporto di fiducia con il proprio cliente, sperare che si affezioni al tuo modo di insegnare senza volerci rinunciare, altrimenti la scuola non ci mette nulla a sostituirti con un altro professionista.» Se i docenti stanno male o hanno un contrattempo vengono sostituiti da un altro insegnante che guadagnerà al posto loro, «come quella volta che per un incidente in metro non ho fatto in tempo ad arrivare, mi hanno sostituito e oltre al danno anche la beffa di aver perso i soldi» racconta Francesco, altro nome di fantasia.
Il costo dei corsi individuali va da un minimo di 270 euro (pacchetto di 10 ore) a un massimo di 1150 (pacchetto di 50 ore), ma il compenso degli insegnanti è fisso: 10 euro l’ora, 13 se sono disponibili a fare lezioni a domicilio. Un’altra dipendente, anonima, racconta che la scuola dovrebbe accettare di fornire corsi domiciliari solo a chi abita nei pressi di una delle tre sedi, eppure il più delle volte non è così: «qualche mese fa ho accettato di tenere un corso di inglese a casa di un bambino, ma quando ho fatto il tragitto in autobus per la prima volta mi sono resa conto di quanto fosse lontano da casa mia e da tutte le sedi dell’istituto. Una volta arrivata ho reputato giusto accennare alla madre del bambino che forse non sarei riuscita a venire una seconda volta, perché il guadagno era poco a fronte degli spostamenti. La signora ha telefonato alla scuola riferendo quanto le avevo detto e io sono stata rimproverata. Mi hanno accusata di mancanza di professionalità, redarguita perché avevo preso l’iniziativa di parlare con una cliente quando è in realtà la segreteria l’interfaccia tra noi e le famiglie. Ci sono rimasta molto male, quello che credevo un segnale di correttezza è stato frainteso e criticato.»
Un buon lavoro pagato male. Marco ama insegnare, ha già preso i 24 CFU necessari per partecipare al concorso docenti della scuola secondaria. Una laurea in lingue e mediazione ottenuta con il massimo dei voti per un lavoro da 1000 euro, variabili. A 29 anni è difficile continuare ad aspettare, «non è che sogni il posto fisso ma certo mi garantirebbe molte tutele in più, qui non mi sento sicuro», racconta nei minuti di buco tra una lezione e l’altra. Nella sala adibita ad aula ci sono sette postazioni, ogni scrivania bianca separata dall’altra con un divisorio di plastica trasparente. Ci sono delle piccole lavagne, qualche pennarello colorato e dei computer. Un’etichetta sulla prima pagina dei libri ricorda agli insegnanti che il materiale è di proprietà della scuola, dunque può essere solo fotocopiato e poi riposto nella piccola libreria chiara a sinistra dell’ingresso. «Quello che mi stupisce è che agli insegnanti venga chiesto rigore e precisione in tutto, ma dall’altra parte non è affatto così. I computer spesso non funzionano, a volte il toner nella stampante manca per giorni. Mi aspetto perlomeno correttezza da chi giustamente la esige da me», racconta una ragazza che lavora qui da circa un anno.
L’unica forma di tutela di cui godono i dipendenti è la garanzia che la loro lezione verrà pagata comunque qualora lo studente la disdica con un preavviso di meno di 24 ore, ma non è detto sia sempre così. A Vlada, nome di fantasia, la stessa persona ha annullato per due volte di seguito le due ore di corso non rispettando i tempi, ma a fine mese una lezione è stata pagata e l’altra no. Quando ha chiesto perché le è stato spiegato che in un caso lo studente aveva avvertito rispettando le tempistiche, ma la segreteria aveva dimenticato di comunicarlo per tempo. 20 euro persi per una leggerezza, ma Vlada preferisce non polemizzare perché questo è l’unico lavoro che ha. «La prima reazione è frustrazione e rabbia», fa eco Francesco, «è successo anche a me. All’inizio vorresti rispondere, poi preferisci stare in silenzio, tanto la situazione non cambierà.»
«Se penso a dieci anni fa non sono quello che sognavo di diventare. A 18 anni credevo che dopo la laurea sarebbe stato scontato trovare un lavoro stabile, che mi permettesse di stare bene. Ora non dico che i soldi mi mancano, ma quasi tutto quello che guadagno lo spendo per affitto e spesa. Vivo in un appartamento con altre persone, vorrei una casa mia ma al momento non posso permettermela. Tra pochi mesi avrò 30 anni, mi sento in bilico perché per certi versi vivo ancora come uno studente, per altri inizio con fatica a costruire la mia indipendenza economica. Non mi aspettavo che crescere sarebbe stato così.» A Marco brillano gli occhi quando parla dell’insegnamento, anche se guadagna 1000 euro al mese, variabili.
L’ultima novità che ha introdotto la scuola è un sistema di monitoraggio dei ritardi, nell’e-mail informativa rivolta a tutti i docenti si legge che: «grazie a questo, ogni lunedì riceverete un alert con cui avrete l’opportunità di controllare i ritardi della settimana precedente.» Vlada non ci trova nulla di male, solo si augura che la puntualità pretesa sia la stessa anche nell’avvisare i docenti che le loro lezioni sono state cancellate.
A Marco poco importa dell’e-mail, da qualche giorno spera solo che le sue lezioni possano continuare tramite piattaforma virtuale nonostante l’emergenza del Coronavirus. Se tutto dovesse andare bene questo mese guadagnerà 1100 euro.