A Wuhan il Coronavirus non è più una minaccia. I 16 ospedali provvisori costruiti in fretta e furia dal governo cinese per contrastare l’epidemia, sono stati ufficialmente chiusi dopo aver dimesso gli ultimi 49 pazienti affetti dal virus. L’Oms dichiara la pandemia, mentre i medici degli ospedali straordinari festeggiano le chiusure delle strutture. I contagiati giornalieri sono scesi sotto quota 20 di cui 17 solo nella provincia Hubei, epicentro dell’epidemia. Una vittoria per la Cina sì, ma non per l’Europa e né tantomeno per Italia. Il paese con il maggior numero di casi dopo la Cina, in cui l’epidemia sta seguendo lo stesso andamento della provincia da cui l’epidemia è cominciata.
«Ad oggi, la progressione in tutta Italia (60 mln di abitanti) è stata lievemente più lenta che nella provincia di Hubei (58.5 mln di abitanti)», twitta Silvia Merler, economista di Algebris Policy & Research Forum. La curva dei contagi in Italia, illustrata nel grafico, è quasi sovrapponibile a quella di Hubei. Il problema secondo Merler è che «Wuhan ha imposto un blocco completo il 7° giorno dopo l’inizio dell’epidemia (ovvero dell’accelerazione strutturale nel numero di casi). L’Italia ha atteso il 16° giorno». Se continuassimo a seguire l’andamento della provincia cinese, ci ritroveremmo con un aumento esponenziale dei casi a partire dal 27esimo giorno, per poi raggiungere il picco assoluto durante il 35esimo giorno di epidemia: il 26 marzo. Il governo italiano ha cominciato ad adottare misure stringenti solo a partire dal 9 marzo, giorno in cui l’intero territorio nazionale è stato dichiarato “zona protetta”: blocco degli spostamenti salvo motivi di necessità, salute o lavoro. Ma già dal 21 febbraio era stato riscontrato il primo caso autoctono in Italia, il cosiddetto paziente 1 di Codogno in provincia di Lodi. Un arco temporale di 16 giorni rispetto ai 7 impiegati dal governo cinese.
L’aumento esponenziale dei casi, insieme al ritardo con cui l’Italia ha deciso di attivarsi con misure forti, potrebbe mettere in crisi l’intero sistema sanitario. Nonostante solo il 10% dei contagiati abbia bisogno della terapia intensiva, questi si andrebbero comunque a sommare agli altri pazienti che necessitano dello stesso trattamento. Secondo l’elaborazione fornita da Algebris Policy & Research Forum «in assenza di un rallentamento della velocità dei contagi le terapie intensive potrebbero rischiare la saturazione in tutto il paese». La Lombardia ha già raggiunto il 107% della capacità. Non solo ciò significa che i posti sono già abbondantemente finiti, ma che ne servirebbero addirittura il 7% in più per riuscire a curare tutti i pazienti. Seguono le Marche con il 68% dei posti occupati e il Veneto con il 51%.
La scelta di adottare misure soft è stato condivisa anche dagli altri paesi europei, paesi che negli ultimi giorni hanno avuto a che fare con un sostanziale aumento dei casi. La curva dei contagiati disegnata da Francia, Germania e Spagna si trova nello stesso punto in cui si trovava l’Italia circa 10 giorni fa. Stessa cosa per gli Usa indietro di 16. L’andamento è quasi identico, ma nonostante tutto, non sono state ancora intraprese misure di contenimento radicali. «I paesi europei e gli Stati Uniti stanno seguendo il percorso dell’Italia con un ritardo di 6-16 giorni – si legge nell’eleborazione Algebris Policy & Research Forum – . Questi paesi dovrebbero attuare subito misure per rallentare il ritmo del contagio, evitando di sovraccaricare i loro sistemi sanitari nazionali»
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che l’epidemia potrebbe arrivare a coinvolgere il 60% o il 70% della popolazione. In Francia, invece – anche qui i casi sono in aumento – è andata in scena il raduno dei Puffi che ha coinvolto più di 3.500 persone al grido di “pufferemo il coronavirus”. In Inghilterra – 14 giorni indietro rispetto l’Italia – il Telegraph, uno dei principali giornali del paese, titolava “keep calm and carry on”, “mantenete la calma e andate avanti”, riferendosi al campionato calcio. Ed è vero che lo slogan fu creato nel 1939 per diffondere ottimismo tra la popolazione, ma in vista della seconda guerra mondiale.
SILVIA MERLER – Head of Research, Algebris Policy & Research Forum
Link al sito: https://www.algebris.com/policy-research-forum/blog/covid-19-facts/