L’attesa è finita. Il viaggio verso l’Olimpiade di Tokyo 2020 sta per iniziare. Poche ore e fra le rovine del tempio di Era ad Olimpia la fiaccola verrà accesa, seppur nel silenzio. Nessuno spettatore, nessuna comparsa. Una cerimonia ridotta all’osso, “contagiata” dal Coronavirus.
Lo ha annunciato il Comitato Olimpico Ellenico, ritenendo le misure adottate necessarie ad evitare la trasmissione del Covid-19. L’evento sarà a porte chiuse e parte del programma è stato annullato. Il disegno dei cinque cerchi fatto dai bambini delle scuole di Olimpia, una delle immagini più amate, non darà inizio alla manifestazione. L’attrice greca Xanthi Georgiou, scelta come suprema sacerdotessa, accenderà il simbolo dell’olimpismo senza il taglio del ramo d’ulivo, segno di prosperità. Non si esibiranno i 140 artisti previsti e al termine della celebrazione solo una una delle undici funzionarie religiose libererà la colomba, simbolo di pace.
Per trovare uno scenario simile bisogna fare un salto indietro di trentasei anni, ai Giochi di Los Angeles del 1984. Allora le cause erano diverse. Riprendendo un’idea del produttore cinematografico David Wolper, gli organizzatori statunitensi avevano messo in vendita per tremila dollari le frazioni della staffetta, con lo scopo di sovvenzionare i progetti della comunità. Per il Comitato Olimpico Ellenico questo minacciava lo spirito di Olimpia ed era inaccettabile che la fiaccola fosse accessibile a chiunque disponesse di risorse economiche. Il rischio di annullamento della cerimonia fu alto. Alla fine Juan Antonio Samaranch, all’epoca presidente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), riuscì a trovare un compromesso che portò a una celebrazione dai toni più contenuti.
Il viaggio della torcia non può fermarsi,perché racchiude in sé il senso primario delle Olimpiadi: l’unione e la fratellanza fra Paesi, uniti dallo sport. Nell’antica Grecia, pur di celebrare i Giochi, il mondo si fermava e persino alle guerre veniva posta una tregua. Mentre gli atleti si sfidavano nelle varie competizioni, il fuoco sacro, dono di Prometeo agli uomini, continuava ad ardere nei templi di Zeus ed Era, come simbolo di vita e speranza. Per questo motivo nel 1928, IX edizione dei Giochi moderni, la fiamma olimpica venne nuovamente accesa ad Amsterdam. Invece la staffetta venne organizzata per la prima volta nel 1936, fortemente voluta da Hitler, per esaltare un’edizione che fosse l’emblema della supremazia ariana. Da Olimpia a Berlino furono oltre 3000 i tedofori.
Portare la torcia è un grande privilegio, ancor più se si riceve il simbolo olimpico direttamente dalle mani della sacerdotessa. Quest’anno, novità assoluta nella storia dei Giochi, la prima tedofora sarà una donna. «Un immenso onore per me» ha affermato Anna Korakaki. La ventitreenne greca ha conquistato una medaglia d’oro e una di bronzo nella specialità del tiro a segno alle ultime Olimpiadi. «Una decisione pionieristica. Non c’è spazio per la discriminazione e lo sport deve essere veicolo per l’uguaglianza». La decisione è stata presa all’unanimità dal Comitato Olimpico Ellenico e la scelta è ricaduta su un’atleta che ha onorato la bandiera e il suo Paese con i suoi successi. «Ora si tratta di vivere questo momento unico, mi lascerò trasportare dall’emozione». Il secondo tedoforo, selezionato dal Paese ospitante, sarà Noguchi Mizuki, vincitrice della maratona ad Atene 2004. Il passaggio di consegne ufficiale avverrà il 19 marzo, al Panathinaiko Stadium di Atene, dove il Comitato olimpico greco lascerà il testimone a quello di Tokyo. La fiaccola, il cui design si ispira al tipico fiore di ciliegio, arriverà in Giappone il 20 marzo.
Se i Giochi saranno immuni al Covid-19, il 24 luglio la torcia accenderà il braciere dello Stadio Nazionale Olimpico nella capitale nipponica, durante la cerimonia di inaugurazione. La fiamma continuerà a bruciare per tutta la durata delle gare, portando con sé un messaggio: “La speranza illumina il nostro cammino”.