Wall Street e le Borse europee tornano a respirare. Dopo la difficile giornata del 12 marzo in cui il Dow Jones (l’indice manifatturiero della Borsa americana) aveva perso quasi il 10%, con una prestazione peggiore di quella del 1987, la più grande borsa valori al mondo è in ripresa, toccando il 9,3%. Rialzo anche per Piazza Affari, che dimentica i ribassi superiori al 10%, segnando un +7% che fa tirare all’Italia un sospiro di sollievo.
La rovinosa caduta di ieri aveva convinto Consob – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – a vietare lo “short selling” su 85 titoli azionari italiani: stop alle vendite “allo scoperto” di strumenti finanziari non posseduti e successivamente riacquistati. Lo spread intanto scende a 220 punti (50 in meno rispetto al giorno precedente).
Una boccata d’aria fresca per i mercati americani, salutata con soddisfazione anche dalla Speaker della Camera Nancy Pelosi e dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin; il tutto, poco prima che Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, dichiarasse lo stato di emergenza nazionale per l’epidemia in corso.
In Europa, la gaffe di Christine Lagarde sembra un ricordo. I mercati tornano a sorridere grazie alle parole di Philip Lane, capo economista della Banca centrale europea, e di Ignazio Visco, governatore della Banca di Italia: adesso Francoforte terrà sotto controllo gli spread sulle obbligazioni degli Stati membri dell’Eurozona. Ursula Von der Leyen, Presidentessa della Commissione europea, ha incoraggiato gli italiani con un «Non siete soli» e con la garanzia di aiuti e flessibilità sul patto di stabilità e crescita. Occhi puntati sulla Bce, dunque, chiamata a rafforzare in tempi brevi l’acquisto di bond.
I mercati finanziari internazionali riacquistano fiducia nei confronti della tenuta dell’economia europea, ma il Coronavirus continua la sua corsa (17.660 casi e 1.266 morti solo in Italia), rischiando di vanificare la fragile ripresa. Il bilancio settimanale per Piazza Affari rimane -23% e i rischi per le banche potrebbero essere, nel medio-lungo periodo, rilevanti.
Molti studi recentemente stanno valutando l’impatto dell’epidemia sugli istituti di credito: «Il rallentamento della produttività porta le imprese a non ripagare i prestiti e quindi a un aumento degli NPL, ossia i crediti deteriorati, il grande tallone d’Achille delle banche italiane. La situazione negli ultimi tempi era migliorata, ma se dovessero tornare ad aumentare questi flussi, per il settore bancario sarebbe un problema e di conseguenza non potrebbe finanziare adeguatamente l’economia», sostiene Paolo Paronetto, de Il Sole 24 Ore. Si creerebbe un nuovo circolo vizioso, dunque, suscettibile di rallentare ulteriormente l’economia. «Certo, la Bce è intervenuta molto, anche ieri, per garantire liquidità alle banche, quindi al momento si tratta di un rischio molto remoto, ma è proprio questo che i mercati guarderanno per capire se, una volta superata la crisi pandemica, l’economia italiana potrà ripartire come le altre».
Resta difficile, per il momento, fare previsioni. «Per valutare le prospettive ci vuole la sfera di cristallo. Dipende moltissimo da come andrà l’epidemia, da quanto durerà, da come reagirà l’Europa e soprattutto dal modo in cui reagirà, se lo farà unita o in ordine sparso, e ovviamente sarà fondamentale capire l’impatto sull’economia. Quello che è importante, soprattutto per il mercato, è che ci sia quantomeno l’impressione che l’Europa si muova insieme. Il rischio vero è che si torni a prima del “Whatever it takes” di Draghi e che il mercato percepisca un rischio di disgregazione dell’Unione. A quel punto verrebbero colpiti per primi i Paesi più fragili».