Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Marzo 23 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 3 2020
La morte che viene dal fiume: The Host di Bong Joon-ho

Tredici anni prima di Parasite, il regista premio Oscar Bong Joon-ho ha realizzato un monster movie dove si intrecciano temi politici e critica sociale

Il mondo intorno a noi sta cambiando, da qualche giorno a questa parte lo ha già fatto. Molte delle attività che consideravamo scontate, naturali, di fatto non lo sono più. Sono in pausa. Le lunghe cene con gli amici, i concerti, gli aperitivi. Ce ne rimangono però altre, e non meno degne. Ci sono i film, che in tempi come questi offrono oltre che sollievo, anche una possibilità di evasione. Ci si immerge, scena dopo scena, e pian piano possiamo perderci in boschi, praterie, piazze e città esotiche dove non siamo mai stati prima. Una volta ancora, in soccorso nei momenti di difficoltà viene la cultura. #pellicoledaquarantena 


Corea del Sud, anni 2000. In un laboratorio medico un anatomopatologo americano costringe il suo assistente coreano a vuotare nelle tubature 200 flaconi di formaldeide che a suo dire sarebbero ormai scaduti e inutilizzabili.

L’assistente, seppure a malincuore, obbedisce, sapendo bene che le sostanze chimiche si riverseranno nelle acque del fiume Han. Dai vapori che si levano dal lavandino d’acciaio dove l’assistente versa il contenuto di centinaia di bottiglie di vetro scuro, si percepisce, come un presagio oscuro e indefinito, che non potrà venir fuori niente di buono da quella decisione sconsiderata e presa alla leggera.

Alcuni anni dopo gli abitanti di Seul si godono la bella stagione prendendo il sole in riva al fiume Han. Le famiglie felici sono accomodate su stuoie disposte sul prato e assaporano i calamari arrostiti preparati in un chioschetto a gestione familiare posto proprio lì davanti al fiume. L’anziano proprietario del chiosco è Hie-bong con i suoi tre figli: Nam-il, un giovane laureato disoccupato e disilluso, Nam-joo, campionessa di tiro con l’arco e Gang-du, pigro e ottuso, che sembra avere il solo merito nella vita di aver messo al mondo una figlia sveglia e vivace, Hyun-seo, che è la gioia della famiglia.

La giornata sembra trascorrere tranquillamente quando all’improvviso viene avvistata nel fiume una creatura dall’aspetto abominevole. In un attimo scoppia il panico, la gente cerca di mettersi in salvo mentre il mostro esce dall’acqua e inizia a falciare e a fare a pezzi tutti quelli che gli si parano davanti. Gang-du prende la figlia per mano e la strattona, cercando, nella sua corsa forsennata di portarla in salvo ma, come raramente accade in un B movie su mostri, alieni e virus letali, l’ironia amara del regista Bong Joon-ho, fa sì che, invece di sua figlia, attaccata alla sua mano vi sia una ragazzina occhialuta sconosciuta che lo guarda perplessa. Hyun-seo è rimasta indietro e verrà rapita dal mostro che la porterà con sé nel suo nascondiglio nelle viscere della città.

Gang-du non ha nemmeno il tempo di disperarsi. Ha giusto il tempo di piangere insieme alla famiglia davanti a una fotografia incorniciata di fiori della ragazzina che già danno per morta, quando il governo li fa prelevare per metterli in quarantena poiché si pensa che coloro che sono entrati in contatto con il mostro potrebbero aver contratto un virus sconosciuto. Durante la quarantena Gang-du riceve nel cuore della notte una telefonata di Hyun-seo, la ragazza è viva ed è tenuta prigioniera nelle fogne della città. Quando la famiglia riferisce della telefonata alle autorità che si occupano delle indagini si scontra con un muro sordo ad ogni richiesta e deciderà dunque di andare a cercare Hyun-seo da sè.

In un’intervista al Los Angeles Times il regista premio Oscar Bong Joon-ho ha raccontato di aver voluto girare un monster movie sin dal liceo, fantasticando di una creatura che emergeva dal melmoso fiume Han che attraversa il centro di Seul.

Lo spunto per il film è arrivato in seguito a un fatto realmente accaduto: nel 2000 Albert McFarland, un civile americano che dirigeva l’obitorio della base militare americana di Yongsan, a Seul, ordinò ai suoi impiegati coreani di scaricare gli scarti di imbalsamazione nello scarico che sfocia nel fiume Han. McFarland finì sulle prime pagine e davanti una Corte.

Quando Bong ha sentito la notizia, ha pensato potesse essere l’occasione perfetta per il suo monster movie.

Il film che ne è derivato mischia suspense, fantascienza e commedia. Gli spunti umoristici compaiono quando meno ce lo si aspetta, nel mezzo di scene tragiche e i due temi principali sono sicuramente la critica sociale, in cui si innesta la vicenda della famiglia coreana, rappresentata come un gruppo di perdenti ai confini della società, e la critica verso la politica americana e le basi statunitensi in Corea.

«Penso che agli spettatori americani piacerà la famiglia coreana—il loro carattere ordinario, la loro realtà inerme. Commuoverà le persone indipendentemente dalla loro nazionalità».