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Esclusiva

Aprile 10 2020
Mascherina, ti conosco? Guida all’uso dei Dpi

L’uso delle mascherine esteso a tutta la popolazione genera dubbi e incertezze. L’Organizzazione Mondiale della Sanità detta i suoi criteri, le Regioni italiane si adeguano. Come comportarsi in casa, al lavoro, al supermarket? I consigli del professor Mario Pergolini

«La mascherina da sola non può fermare la pandemia» aveva dichiarato il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus durante l’incontro del 6 aprile sull’emergenza SARS-CoV-2. Il celebre epidemiologo etiope suggerisce quindi un uso appropriato delle protezioni individuali, dette Dpi, a medici, infermieri, malati o a chi vive in paesi con scarsa prevenzione pubblica. Ma già il giorno dopo l’OMS diffonde nuove linee guida sulle mascherine: non esistono prove che l’uso esteso alla comunità, compresi gli asintomatici, arresti a breve la diffusione del virus. Anzi, un atteggiamento di falsa sicurezza è rischioso, perché fa trascurare ai cittadini altre forme di cautela.

Finora l’Italia ha cambiato spesso direzione e troppe Regioni vanno su strade diverse. In Lombardia vige l’obbligo di uscire di casa con il volto coperto, ricorrendo magari a un pullover dolce vita mai indossato o una sciarpa, regalo dimenticato di Natale. Le mascherine continuano però a mancare e il governatore Fontana, spesso criticato per le sue posizioni ondivaghe sulla pandemia, prova a distribuirne prima di Pasqua 440.000, sui 3,3 milioni a disposizione. 

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Un approccio simile è stato preso in Toscana, dove il Presidente Enrico Rossi ha intenzione di rendere obbligatorio l’uso del Dpi fuori dall’abitazione dopo la diffusione di almeno 8,5 milioni di mascherine.  In Friuli-Venezia Giulia e Veneto dispositivi monouso per chi fa la spesa o va in farmacia. Il governatore Luca Zaia ha acquistato 24,7 milioni di Dpi e ne dirotta alle Usl 239mila al giorno.

In Piemonte, da mercoledì scorso, a volto coperto solo i commercianti, mentre lo stesso giorno l’Emilia-Romagna, gratuitamente, consegna ai cittadini 3 milioni di Dpi. Sicilia e Campania, dove l’epidemia ha minore campo, si attardano a valutare la situazione, mentre in Abruzzo il presidente Marco Marsilio medita se rendere obbligatorio l’uso delle mascherine nella auspicata “fase due” del Coronavirus, almeno quando arriverà.

Ogni dispositivo in uso deve rispettare i criteri dell’Ente nazionale italiano di Unificazione (UNI) e della Unione europea. La mascherina filtrante impedisce all’individuo di inalare il virus. In gergo tecnico si chiama “filtranti facciali per la protezione individuale”, da cui deriva l’acronimo FFP, con cui è conosciuta. I modelli utilizzati sono due, FFP2 e FFP3, che forniscono un livello di protezione alto e massimo. Le FFP2 filtrano il 92% delle particelle sospese nell’aria, le FFP3 il 98%. Le prime sono destinate alle persone con rischio basso o moderato. Le altre sono per il personale sanitario che va incontro a un’alta probabilità di contagio. Sono inutili se usate da chi è positivo al SARS-CoV-2 perché non hanno funzione filtrante in fase espiratoria, a meno che siano senza valvolaCoprono naso, bocca e mento e, se posizionate in modo corretto, la perdita di aria è minima. Sono sia monouso che riutilizzabili. 

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La mascherina chirurgica, invece, è vantaggiosa nei confronti delle altre persone: evita che il paziente positivo trasmetta la patologia attraverso la diffusione di goccioline aeree contenenti il virus. Rispetto a quelle filtranti, aderisce meno al volto e va afferrata per l’elastico, altrimenti le mani potrebbero contaminarsi. Deve inoltre essere cambiata ogni 4 o 5 ore di utilizzo. 

In letteratura scientifica non ci sono molti studi sulla capacità dei dispositivi facciali di prevenire la trasmissione dei virus respiratori. I pochi a disposizione si basano su esperimenti in vitro, ossia su fenomeni biologici riprodotti in provetta e non nell’organismo vivente.  

In data 3 aprile Nature Medicine, una delle riviste scientifiche più importanti e prestigiose al mondo, ha pubblicato un promettente studio dei ricercatori Nancy Leung e Benjamin Cowling, del Centro collaboratore dell’OMS per l’epidemiologia e il controllo delle malattie infettive dell’Università di Hong Kong. Il team ha riscontrato l’efficacia della mascherina chirurgica nel ridurre la quantità dei coronavirus stagionali in goccioline di saliva di varie dimensioni rilasciate da soggetti contagiosi. Pur trattandosi di quadri clinici meno gravi di COVID-19, i risultati sono incoraggianti e forniscono importanti indicazioni su questi dispositivi di protezione nella trasmissione di virus simili al SARS-CoV-2.

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Sul tema dei Dpi, Zeta ha intervistato il professor Mario Pergolini, internista e medico del lavoro, già docente di Medicina Interna e Promozione della Salute e Sicurezza dell’Università La Sapienza di Roma e membro della fondazione UniRoma1. «Si parla tanto di queste mascherine per tutta la popolazione, ma nessuno si è preoccupato di fornire informazioni approfondite sul loro utilizzo. Spesso al supermercato mi capita di vedere il salumiere che porta la mascherina abbassata o in modo scorretto. È una mancanza di sicurezza totale, perché annulla l’efficacia dei Dpi. Se si lavora in un ambiente con una concreta possibilità di trasmissione, in caso di positività al Coronavirus, si espone la clientela al pericolo del contagio. Sarebbe opportuno istruire il personale al corretto utilizzo dei dispositivi, soprattutto se gestisce alimenti freschi, o eleggere un responsabile interno che faccia rispettare questa regola a dipendenti e pubblico».

Si è discusso a lungo sul “metro di distanza”. Il professor Pergolini è critico a riguardo: «Studi suggeriscono che una sicurezza maggiore si acquisisce oltre i centottanta centimetri. Reputo opportuno arrivare ai due metri, anche nelle code che si creano davanti ai negozi aperti. Non essendoci l’obbligo di indossare le mascherine, questa norma andrebbe applicata con il massimo rigore». 

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Nonostante le ultime dichiarazioni dell’OMS, il docente ha le idee chiare: «Le FFP2 consentono una protezione valida. Ritengo che sia la tipologia di mascherina più adatta per la distribuzione sul territorio e le persone che non sono entrate in contatto con il virus sarebbero più tutelate. Le FFP3 con valvola andrebbero utilizzate da quei soggetti esposti ai malati per questioni lavorative. La mascherina chirurgica non è un vero e proprio dispositivo di protezione. Serve solo a evitare che chi è contagiato trasmetta la patologia». 

Le tutele al personale sanitario, secondo l’esperto, sono da rivedere: «Dal punto di vista lavorativo e assicurativo, si è passati da un rischio potenziale a un rischio deliberato, perché i medici trattano soggetti positivi al Coronavirus. Quindi viene meno il concetto di “probabilità di contatto”, perché diventa una certezza. Andrebbe rivista la materia del rischio biologico per i sanitari, ciò comporterebbe un riconoscimento economico o un’indennità specifica. Nella maggior parte dei casi le assicurazioni sono insufficienti – continua – in quanto, essendo state stipulate prima dell’emergenza, prevedono solo la copertura dei rischi potenziali. Alcune strutture si stanno già attivando per rimodulare le polizze adeguandole all’attuale rischio operativo, anche in previsione di prevedibili azioni legali nei loro confronti».

Mascherina, ti conosco? Guida all’uso dei Dpi

Nonostante la situazione delicata, Pergolini approva le misure prese dalla Regione e il lavoro sin qui fatto dai vertici sanitari. «La struttura è questa: il centro di riferimento è l’INMI Spallanzani, cui si aggiungono l’Umberto I, il San Filippo Neri, il Policlinico di Tor Vergata e il Sant’Andrea. Sin dalle prime fasi il Columbus è stato ribattezzato Covid-2 Hospital. Un ulteriore sforzo è stato fatto dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che ha reclutato volontari per allestire centri triage presso le principali stazioni ferroviarie cittadine, quali Termini e Tiburtina. Lo scopo è identificare, attraverso sistemi di rilevamento della temperatura, soggetti meritevoli di ricovero ospedaliero, in modo da trasferirli prima possibile nelle strutture dedicate. Questo progetto è partito il 9 aprile e sarà molto utile per il contenimento del contagio».