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Esclusiva

Maggio 5 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 6 2020
Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio

Il 4 maggio in tutta Italia è iniziata la fase 2, con la possibilità di incontrare i «congiunti» e la riapertura di alcune attività. I fuorisede possono tornare a casa, i riti funebri sono celebrati di nuovo. Il racconto di due facce della stessa giornata

Verso casa

È una giornata di sole a Roma, fa caldo sin dal primo mattino. Per strada non tutti hanno la mascherina e chi la porta la tiene abbassata sotto il mento. La metropolitana è ancora vuota. Sui vagoni va tenuta la distanza di un metro tra un passeggero e l’altro e alcuni sedili vanno lasciati liberi, ma per ora non è un problema: non sono nemmeno le 8 e c’è ancora spazio per tutti. Poi si arriva a Termini e il panorama cambia subito. Molti percorsi e scale mobili sono sbarrati, la stazione è divisa in due corsie in base al senso di marcia.

Tutti indossano le mascherine, da quelle filtranti a quelle chirurgiche, fino a qualche sciarpa improvvisata tirata su fino al naso. Anche se i treni sono dimezzati – in due ore ne partono una ventina in tutto – attorno alle 8 c’è un grande viavai, gente che sale e gente che scende. Vicino ai binari le prime code, assembramenti di passeggeri che aspettano di salire sul proprio treno. Il personale di Trenitalia crea file diverse per chi arriva e per chi parte: a destra i primi e a sinistra i secondi, tutti attaccati ma con naso e bocca coperti.

Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio
Le code di lunedì mattina alla stazione Termini di Roma

All’entrata dei binari i passeggeri devono mostrare l’autocertificazione, se non ce l’hai non passi. Chi non l’ha portata da casa può compilarla al momento. I fogli ci sono ma mancano le penne, e gli addetti alla sicurezza le imprestano controvoglia: «Volete capire che dovete averle voi? Se no poi ci tocca disinfettarle». Il ritardo si accumula e c’è chi teme di perdere il treno. C’è nervosismo. Un immigrato del Senegal non capisce la differenza tra residenza e domicilio: «Devo scrivere Senegal qui?». Ma tutti hanno fretta e nessuno lo aiuta.

Il treno Italo che da Roma va a Venezia è pieno, tutti i posti disponibili sono prenotati. Nessuno siede vicino a qualcun altro. La voce del capotreno – ormai promosso a train manager – interviene spesso: «Vi invitiamo a non occupare i sedili lasciati liberi per rispettare il distanziamento sociale. Vi ricordiamo che a bordo è sempre obbligatorio l’uso della mascherina». In molti tornano a casa ma non sono tantissimi. Su ogni carrozza si conta una dozzina di valigie di grosse dimensioni; molti sono i militari e i professionisti che si spostano per lavoro, diretti a Firenze o Bologna. Il temuto assalto ai treni di fatto non si è verificato: nessuna fuga verso il Nord e soprattutto niente esodo verso il Sud Italia.

Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio
Il treno Italo che collega Roma a Venezia (4 maggio)

Subito fuori dal Raccordo Anulare si apre un nuovo mondo, un’esplosione di verde annunciata ma non per questo meno sorprendente. C’è sempre un giorno preciso, ogni anno, in cui d’un tratto alziamo la testa e capiamo che l’inverno è finito: gli alberi sono in fiore e la giacca pesante è solo un ingombro. Quest’anno quel giorno non era ancora arrivato. Stavolta stupisce il passaggio dal mite inverno romano ai primi segnali dell’estate che avanza. Un passaggio che ha l’aspetto delle colline del Lazio e dell’Appennino, di un verde esagerato in cui vien voglia di tuffarsi; il sapore di un cappuccino bevuto al bar del treno dopo due mesi di caffè della moka.

Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio
Alla stazione di Bologna Centrale la situazione è tranquilla, senza code né assembramenti

Superata Bologna il treno si svuota e pare di tornare alla normalità. Alla nuova normalità degli ultimi mesi. Ora i posti vuoti sono più numerosi di quelli occupati. Fuori dal finestrino scorrono i paesi della Pianura Padana e i campi coltivati tra un centro e l’altro; arati e deserti, ignari di tutto. Sul treno regionale che porta al Brennero non si incontra quasi nessuno. L’assenza torna a prevalere sulla presenza e ci fa sentire di nuovo soli. Della gente e delle code viste al mattino, a Termini, non resta molto: rimane solo un vivido ricordo e una penna griffata che spunta dalla tasca.

Un ultimo addio

Davanti al cimitero di Chirignago, a pochi chilometri da Venezia, si sono radunate una quindicina di persone. Tutte indossano guanti e mascherine. Il parroco fa loro strada e due donne lo seguono per prime: in mano hanno un cilindro grigio con inciso un nome in caratteri eleganti. È l’ultimo saluto a Elide, 87 anni, morta due settimane fa in ospedale dopo aver contratto il Covid-19. Le due nipoti portano l’urna con le ceneri fino alla tomba e la appoggiano accanto alla bara del marito della donna. Poi il prete fa la benedizione e legge un passaggio di una lettera di San Paolo. La cerimonia finisce così, dieci minuti in tutto.

Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio
Il cimitero di Chirignago, dove si è tenuto l’ultimo saluto a Elide (4 maggio)

Liduina ha 95 anni e vive da sola. Cieca da un occhio, non vuole rinunciare alla sua autonomia: ha due figlie e generi premurosi che le fanno la spesa e passano da lei tutti i giorni, ma continua a vivere nella casa dove ha sempre vissuto. A novembre ha perso la sorella Ottavia e due settimane fa l’altra sorella, Elide, ricoverata in casa di riposo e colpita dal coronavirus. Elide è una delle tante vittime anziane del Covid-19, morta «con il virus e non per il virus». Mancata il 19 aprile, fino al 4 maggio non ha potuto essere seppellita né salutata da familiari e parenti; solo quindici giorni dopo la sua morte, con il via libera ai funerali, le sue ceneri sono state poste accanto ai resti del marito.

Quarta di sei figli, «la Elide» era cresciuta in campagna ed era rimasta in famiglia fino al matrimonio. «Fidanzata per vent’anni con Vittorio, aveva abitato nella casa paterna fino alle nozze con l’eterno promesso sposo» racconta la sorella. Lui meccanico di biciclette e poi impiegato in comune, lei per anni a servizio come cameriera e bambinaia, non avevano avuto figli. «Una vita in due ma non per questo solitaria, tra le visite domenicali ai parenti e i lunghi periodi di villeggiatura in montagna».

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I fratelli di Liduina: da sinistra Ivone, Ottavia e Elide. A destra la loro madre Irma

Malata da tempo e ospite da sei anni in una casa di riposo, venti giorni prima di morire Elide era stata ricoverata all’ospedale di Mestre. Lì le avevano diagnosticato il coronavirus ed era stata trasferita in un’altra struttura, punto di riferimento nella zona per i pazienti positivi al Covid. «Il sabato prima che morisse i medici avevano detto che stava migliorando, che la cura stava facendo effetto – ripete Liduina – Così non è stato, era una candela che si stava spegnendo». La cremazione è avvenuta il 23 aprile, dopo una breve preghiera davanti ai cancelli del cimitero.

«Stanotte non ho chiuso occhio. Ho due grossi dispiaceri, cose che dovevamo fare e che in questi giorni non abbiamo potuto – racconta Liduina – Lei voleva essere seppellita in terra o in un loculo, ma nel cimitero di Chirignago non c’era più posto: così abbiamo deciso di farla cremare (anche se Elide non avrebbe voluto) perché possa riposare accanto a Vittorio. L’ultima volta che l’ho vista era ottobre. Dovevo andare a trovarla a Natale ma sono stata poco bene e poi non è più stato possibile: non abbiamo potuto farle un’ultima visita né darle un ultimo saluto. È morta da sola e questo pensiero non mi dà tregua».

Roma-Trento, in viaggio verso casa per un ultimo addio
Liduina a pranzo dopo il funerale della sorella, a cui non ha potuto partecipare