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Esclusiva

Maggio 9 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 10 2020
Pedalare verso oriente per non morire

Lo storico marchio di biciclette Colnago finisce nelle mani della famiglia reale di Abu Dhabi, nuovo partner dell’azienda nata negli anni ’50 dalla passione del patron Ernesto. Colnago scrive la storia del ciclismo, insieme a Bianchi, Atala e Pinarello, anch’esse cedute a fondi esteri. Il mondo del ciclismo cambia e si internazionalizza. Così anche la produzione di biciclette.

Il 5 settembre 1982 a Goodwood, in Inghilterra, è una giornata grigia e umida. Negli ultimi 500 metri della corsa che avrebbe assegnato il titolo di campione del mondo di ciclismo, è in testa lo statunitense Jonathan Boyer. Dietro di lui, Greg LeMond. La strada curva, supera la collina. Mancano 300 metri al traguardo. Dalle retrovie arriva, inaspettata, la fucilata. Beppe Saronni supera tutti, sfreccia sulla sua Colnago. È solo ormai. Vince. 

Pedalare verso oriente per non morire
Giuseppe Saronni vince a Goodwood

La storia di un grande marchio come Colnago si intreccia alla storia dei campioni divenuti grandi pedalando in groppa ai suoi sellini. «Per fare biciclette, non bisogna andare all’Università. Ci vuole il cuore, l’amore per questo mestiere». È il 1954 quando Ernesto Colnago apre la sua bottega al n°10 di via Garibaldi a Cambiago, in provincia di Milano. Il tavolo da lavoro ricavato dal legno di una pianta di gelso tagliata dal padre. Un anno dopo, l’incontro con Fiorenzo Magni e la partecipazione al Giro d’Italia del ’55, secondo meccanico del Terzo uomo, come era chiamato Magni per la sua capacità di inserirsi nella rivalità tra Coppi e Bartali. 

Innovazione è la parola d’ordine dell’officina Colnago. Alla fine degli anni ’50, Ernesto ha l’idea di piegare a freddo i tubi delle forcelle, le parti della bicicletta a cui si agganciano le ruote, una trovata che rende il mezzo più elastico. Inizia così per lui una stagione d’oro: le sue biciclette saranno i cavalli di battaglia su cui correre per strappare la vittoria al Giro d’Italia e alle classiche monumento, sulle strade di Francia, Spagna, di tutta Europa. 

Il primo traguardo è messo a segno da Gastone Nencini, maglia rosa al Giro del ’57. È poi la volta di Gianni Motta, talento precoce, campione d’Italia nel 1966. È durante i velocissimi anni ’60 che per Colnago arriva la consacrazione. A inforcare le sue biciclette è il cannibale, Eddy Merckx, il più forte, per due decenni assoluto dominatore di ogni corsa. A completare la scuderia negli anni a venire, Beppe Saronni, Gianbattista Baronchelli, Paolo Bettini. 

Pedalare verso oriente per non morire
Eddy Merckx ed Ernesto Colnago

Sono 7500 le vittorie ottenute, 300 le squadre rifornite in settant’anni di storia, alla guida sempre lui, il patron Ernesto, affiancato dal fratello Paolo, scomparso di recente per coronavirus. 

Nell’ultima settimana la storia si è fatta di nuovo cronaca. L’azienda di Cambiago, fiore all’occhiello del made in Italy con i suoi 22 milioni di ricavi, è stata ceduta al fondo di investimenti Chimera Investments Llc, che fa capo alla famiglia reale di Abu Dhabi, nuova protagonista del ciclismo mondiale con il team Uae. La cessione della Colnago è l’ultima in ordine di tempo. Prima di lei, sono finiti in mani estere altri tre grandi marchi del ciclismo italiano. 

Nel 1997, il gruppo Cycleurope AB compra la Bianchi, la più antica fabbrica di biciclette, consegnate alla gloria dall’immortale Fausto Coppi. 

Pedalare verso oriente per non morire
Fausto Coppi su Bianchi

Fondata all’inizio del ‘900 da Angelo Gatti, nel 2011 tocca invece ad Atala, passata al 50% sotto il controllo della multinazionale olandese Accell Group. È finita oltralpe, nelle mani del fondo francese L. Catterton, anche la gestione dell’azienda nata negli anni ’50 dalla passione dell’ex ciclista trevigiano Giovanni (Nani) Pinarello. Il negozio, aperto da Nani con le 100 mila lire che la sua squadra di ciclismo gli offre per ritirarsi dal Giro d’Italia, fornisce le sue bici a campioni come Fausto Bertoglio, Mario Cipollini e Miguel Indurain. Pinarello è il marchio che colleziona più vittorie al Tour de France. Le ultime inanellate dal keniota bianco, Chris Froome, tra i pochi campionissimi ad aver conquistato, oltre alla Grande Boucle, anche il Giro d’Italia e la Vuelta a España. 

Pedalare verso oriente per non morire
Chris Froome su Pinarello

Colnago, Bianchi, Atala, Pinarello: raccontano una parabola che dalla bottega di famiglia ci conduce oggi fuori dai confini nazionali, all’indirizzo delle multinazionali estere. Segno che il mondo del ciclismo sta cambiando e così quello della produzione di biciclette. Occorre sopravvivere in un mercato sempre più globale, che vede crescere i marchi statunitensi e asiatici. Nuovi partner internazionali e nuovi capitali sono così la boccata d’ossigeno necessaria per rimanere competitivi. Per continuare a correre sulle strade del mondo e scrivere la storia.