“Terra del buon vivere” è la rivista curata e diretta da Giorgio Casadio, giornalista, e Fabio Lazzari, già direttore editoriale Utet e curatore della Rivista Fmr. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con Roberto Pinza, Presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Forlì, e con la società Civitas e si inserisce nell’ambito di un progetto di marketing di valorizzazione del territorio di Forlì Cesena e della Romagna. Il secondo numero è stato presentato online venerdì 15 maggio dal Teatro Verdi di Forlimpopoli.
Le pagine, un perfetto bilanciamento tra immagini e testi, raccontano un nodo che da “La Pscaria 1911”, storica pescheria comunale di Cesenatico, arriva fino a Tsukiji, il mercato ittico più grande al mondo. “Terra del buon vivere” racconta la Romagna e i suoi valori di convivialità, bellezza, gusto e storia a cui si uniscono l’attenzione al futuro e alla sostenibilità e l’apertura al confronto con altri popoli e culture. Questa rivista è un nodo che parte dalla tavola e diventa poi discorso di civiltà. D’altronde, «parlando di cibo si può parlare di tutto». Sono le parole di Massimo Montanari, uno dei massimi studiosi di cultura dell’alimentazione e membro del comitato scientifico di Casa Artusi.
Il respiro internazionale è evidente nei colori profondi delle foto scattate da Steve McCurry, immagini intense che tolgono il fiato. Colpisce quella a tutta pagina che raffigura i pescatori di Weligama, Sri Lanka, con lo sguardo concentrato mentre sono seduti su pali di legno conficcati in mezzo all’acqua. Una mano al palo e l’altra sulla canna da pesca, in testa un turbante e un panno bianco intorno al bacino. Le foto fanno parte della mostra “Cibo” ai Musei San Domenico, un progetto promosso dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì che è un inno ai modi diversi di produrre, trasformare, distribuire e consumare il cibo nelle varie regioni del mondo. 80 immagini scattate in 29 paesi, dall’Afghanistan all’India, dagli Stati Uniti al Sud America. Monica Fantini (responsabile dell’intero progetto Buon Vivere, manifestazioni, festival e rivista), Fabio Lazzari e Biba Giacchetti di SudEst 57, hanno ideato un percorso che accompagna i visitatori in un vero e proprio viaggio planetario alla scoperta delle tante forme che le attività legate al cibo assumono nei vari contesti sociali e culturali del mondo.
Dalla dimensione globale delle immagini di McCurry il viaggio approda a Forlimpopoli, città natale di Pellegrino Artusi, autore di un ricettario diventato uno dei libri più venduti al mondo. Questo numero di “Terra del Buon Vivere” nasce per rendere omaggio al creatore della cucina italiana e alla sua opera nel bicentenario della sua nascita. È però anche l’occasione per celebrare il rapporto intimo e controverso che Artusi aveva con la sua città natale, evidente nel foglio ingiallito e conservato nella biblioteca di Casa Artusi. Il documento è un telegramma scolorito che riporta la data del 1° aprile 1911 e qualche parola: «Morto Pellegrino Artusi istituendo erede Comune di Forlimpopoli, seguirà informativa notaio. Funerali oggi ore quattordici e mezzo. Attendo conoscere sua venuta. Antonio Bonavita, Piazza d’Azeglio, 25.» L’autore di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” muore il 30 marzo, a 91 anni e lontano dalla sua città, a Firenze. Da Forlimpopoli era scappato dopo le angherie subite nella notte del 25 gennaio 1851 dalla banda del Passatore, un brigante romagnolo. Eppure nel giorno della morte la sua storia si riannoda con quella della città natale. Il sindaco propone celebrazioni e il trasferimento della salma a Forlimpopoli, saranno poi le due guerre mondiali a ridimensionare i progetti del Comune. Anni dopo, nel 1961, Forlimpopoli torna a occuparsi del suo illustre cittadino e Casa Artusi, grazie a un’attività costante e a un Comitato Scientifico di alto livello, è ora un autorevole centro di cultura dedicato alla cucina domestica. Il percorso culturale che offre Casa Artusi si snoda tra la biblioteca, che ospita carteggi e opere, e la scuola di cucina, polo di lezioni e corsi di cucina.
Il cibo in Romagna si dice “e magné”. Un verbo per racchiudere tutte le azioni che intorno al cibo ruotano: coltivare, raccogliere, preparare, e solo alla fine consumare. In Romagna il cibo è vita, cultura, tempo lento delle tradizioni. È così per i segreti della cucina romagnola che vanno dalla pasta fresca “tirata” a mano alla piadina romagnola, emblema del cibo locale. La sua ricetta non è contenuta nell’opera di Artusi, ma la piadina è la Romagna tutta. Celebrata ancora oggi nei chioschi e nelle osterie e trattorie che la infilano calda nel cestino del pane, sempre più di rado nelle case. Simbolo di cultura come l’olio, il vino, o il pane. “Terra del buon vivere” è un omaggio anche al sale, la “crosta del mare” che fiorisce da secoli nelle saline di Cervia. E poi ancora i prodotti della terra e gli allevamenti di qualità. Il cibo abita il paesaggio, dalle pianure ai campi, dai frutteti alle colline di vigne passando per gli uliveti e le saline e poi giù fino al porto. Si respira il lavorio della tradizione e la cura dei dettagli nella foto, anche questa a tutta pagina, della veduta panoramica dalle colline di Bertinoro verso Cesena. Opaca, il verde delle colline mischiato al marrone dei campi, mentre lo sguardo si perde fino al mare.
Il mare che è il cuore di Cesenatico e pulsa nella storica “La Pscaria 1911”, come è scritto in dialetto e in lettere scure a lato dell’ingresso. È la pescheria comunale nello storico edificio in stile liberty in piazza Fiorentini. Il pesce, che ancora oggi si vende al suo interno, in passato veniva conservato nelle ghiacciaie di piazza delle Conserve ed è qui che fino all’inizio del secolo scorso gli abitanti depositavano le derrate alimentari. L’occhio corre poi fino a Tsukiji, il mercato ittico più grande del mondo. Ha impiegato tra i 60.000 e 65.000 lavoratori, nutrito una media di 12 milioni di persone al giorno e ha visto passare quotidianamente dai suoi cancelli 2 milioni di chili di pesce. Era composto da due sezioni: un mercato interno (jonai) dove si svolgevano le aste e la vendita all’ingrosso e uno esterno (jogai) che comprendeva negozi non solo di pesce, verdura e frutta ma anche utensili per la cucina. Questa ultima parte, ovvero il mercato esterno con 500 attività tra bancarelle, ristoranti e circa una sessantina di grossisti, è oggi quello che resta del mercato di Tsukiji. Dal 2018 la struttura si è infatti trasferita a Toyosu, un quartiere situato su un’isola artificiale nella baia di Tokyo.
“Terra del Buon Vivere” è un nodo, che dalla figura di Pellegrino Artusi si allaccia a quella di Giuseppe Verzocchi, imprenditore e mecenate. È lui a organizzare in poco più di un anno una collezione che omaggia pittura e dedizione al lavoro, una raccolta che Verzocchi stesso donerà alla città di Forlì nel 1961. Agli artisti che vogliono partecipare il mecenate chiede un quadro di cm 100 x 70 e impone una sola regola: apporre, sulla superficie del dipinto, l’immagine del mattone refrattario prodotto dalla sua azienda, con incise le iniziali dei due soci fondatori, V&D (Verzocchi e De Romano).
«Una volta si faceva Italia contro il resto del mondo, noi vorremmo fare Romagna con il resto del mondo.» Sono le parole di Giorgio Casadio, intervenuto alla fine della presentazione, la sintesi perfetta del secondo numero di “Terra del Buon Vivere”.