“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio… Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”. Chiara Spampinato ama citare lo scrittore e traduttore accademico giapponese Haruki Murakami. Partita in Erasmus per Tenerife l’1 febbraio e tornata a casa il 30 aprile, la studentessa siciliana racconta la propria esperienza “alternativa”.
“Quando sono arrivata si viveva ancora nella normalità e mi sono fin da subito adattata alla mia nuova realtà giornaliera. A marzo tutto cambia e mi ritrovo in stato di emergenza. La situazione non è stata facile per nessuno ma proprio in questo periodo ho scoperto di essere una persona forte e coraggiosa, più di quanto potessi mai immaginare. La vita va vissuta ogni giorno, bisogna credere più in sé stessi. Rimane il dispiacere di non aver potuto fare tante cose, ma è stato comunque un periodo di grande crescita sotto ogni punto di vista”.
Sdraiati sul divano della casa in affitto in Belgio di Davide, ci sono poi un gruppo di ragazzi italiani che possono finalmente abbracciarsi dopo aver vissuto i mesi più bizzarri e inaspettati della loro vita. Davide Maurizi è uno studente catanese che ha deciso di esporre l’impatto che ha avuto su di lui la quarantena.
“L’incertezza di un gruppo di amici che è stato prima intimato a restare, poi a partire, per poi essere di nuovo costretto a non salire più su quell’aereo. L’incertezza di chi ha già cambiato 3 voli ed ha paura di prenotarne altri. L’incertezza di non avere nessun potere per controllare o saper gestire una situazione più grande di noi. Ecco il mio Erasmus. Da quando il coronavirus ha bloccato l’Italia, noi credevamo di trovarci in una botte di ferro qui in Belgio. Eravamo preoccupati per le nostre famiglie ma ci sentivamo di vivere in un microcosmo nel quale si respirava ancora la normalità. La nostra però era solo un’illusione. Ci siamo ritrovati tutti segregati nelle nostre case, oppressi dalla paura. L’incertezza del lockdown si è inizialmente trasformata in sconforto, fino a quando uno di noi ha preso una chitarra e ha cominciato a suonare. Tutti cantavamo, dallo schermo di uno smartphone, ripercorrendo la storia della musica italiana, da Battisti a Calcutta. In quel momento ci siamo alienati dalla realtà. C’eravamo solo noi e la musica”.
Davide ha vissuto un Erasmus breve ma più intenso che mai a Leuven, paesino del Belgio situato nei pressi di Bruxelles, dal 4 febbraio al 22 marzo. Per far in modo che tutto questo non venga mai dimenticato, il ragazzo ha deciso di scriverne un semi-reportage alla “Saverio Tommasi”, giornalista e video reporter italiano.
“Chissà cosa accadrà, pensavo in aereo, pronto ad aprire un nuovo capitolo della mia vita. Tanti sono stati gli amici che sono ritornati a casa raccontandomi di aver vissuto l’esperienza più bella di sempre e di essere cambiati. Anche io volevo cambiare. Poi mi sono reso conto che sarebbe stato tutto diverso. Che erasmus è senza università? Senza feste? Eppure nella nostra piccola dimensione, io e miei coinquilini ci siamo organizzati di conseguenza, ci siamo divertiti tra noi e stretto un legame forte. Loro saranno il ricordo più bello”
Sono tanti gli studenti in tutto il mondo che, spiazzati dalla pandemia hanno comunque deciso di non mollare e che porteranno ogni momento con sé come lezione di vita.
“Adattarsi a
nuove situazioni ed affrontarle in modo positivo, perché nulla si può pianificare
e tutto può accadere. Questo è il grande insegnamento di una situazione mai
vissuta prima d’ora. Esplorare la città. Visitare tutti quei musei che sono la
vera bellezza della capitale austriaca. Conoscere nuove persone ed imparare il
tedesco. Tutte aspettative risucchiate dal coronavirus. A Vienna, il lockdown è
cominciato una settimana dopo il mio arrivo”.
È Nerea Souto a parlare, studentessa di 22 anni residente a Bilbao che ha
deciso di raccontarci il suo “Erasmus in quarantena” con lo sguardo un po’
rincoroso di chi sa di aver perso una grande occasione.
“Sono a Vienna dal primo marzo per fare un tirocinio di tre mesi presso l’università WE come tutor di spagnolo e aiutare gli studenti a migliorare la lingua. Pensavo di conoscerli uno per uno, invece insegno da casa e in questi mesi ho riscoperto nuove abitudini: dopo il lavoro cucino, mi alleno nella stanza, guardo un film con i coinquilini. Nonostante la mancanza della famiglia, quando la pandemia ci ha colti di sorpresa la situazione in Spagna era critica, non paragonabile a quella dell’Austria. Per questo motivo ho scelto di stringere i denti e rimanere qui, incoraggiata dai miei genitori”.
Mentre Nerea si allontana dalla propria nazione, Alessio Annunziata, studente di Salerno, parte proprio per la Spagna e sorride nel confidarci cosa è mancato più di ogni cosa ai ragazzi ispanici durante il lockdown: “Andare a ballare ed incontrarsi nei locali, qui è una routine dalla quale non riesci a staccarti facilmente. Se ho scelto di restare è perché non volevo viaggiare e mettere in pericolo me e la mia famiglia. Sicuramente sto vivendo un’esperienza insolita, ma dalla quale sto imparando tanto. Ci sono cose che prima davo per scontato e alla quale oggi attribuisco maggiore importanza come la libertà di uscire o avere il supporto di un amico. In questi mesi ho riscontrato in me una crescita personale e di questo ne sono molto soddisfatto”.
La Spagna risulta essere la meta preferita dagli studenti Erasmus, soprattutto da quelli italiani, e lo conferma il rapporto annuale della Commissione, con oltre 51.000 ragazzi accolti.
“Da cinque mesi vivo in Extremadura. Quando decisi di aderire a questo bellissimo progetto offerto dall’Università, immaginavo mi avrebbe cambiata. Posso confermare che è stato così ma non nel modo in cui credevo” racconta Pamela Coco, studentessa siciliana.
“L’Emozione di vivere una nuova realtà, con dei nuovi colleghi e in piena autonomia mi aveva travolta ancor prima di partire. Una gioia che aumentava di giorno in giorno mi è stata portata via dalla pandemia. Da quando ha avuto inizio la quarantena, quella felicità si è pian piano trasformata in pensieri, dubbi e incertezze. Le mie coinquiline e la mia famiglia mi hanno supportata nell’affrontare un periodo complicato che posso dire di aver vissuto serenamente grazie alla loro presenza. Non mi sarei mai aspettata un Erasmus così e lo ricorderò per sempre. Il rammarico di non aver vissuto in pieno quest’esperienza così come andrebbe fatto è una pesantezza che mi porto dentro al cuore ma che convive con una forza riscoperta in me stessa che mi ha aiutata a superare le difficoltà del periodo, con un approccio positivo e senza scoraggiarmi. Torneremo presto alla normalità e sono sicura che non può piovere per sempre!”.
La paura e la confusione che hanno accompagnato l’Italia da febbraio, si sono contrapposte alla tranquillità di una nazione sud-orientale che per 2 mesi sembra essersi allontanata dalla realtà. Dalla Spagna voliamo (con guanti e mascherina) verso una Grecia scettica, un’oasi felice che sembra non essersi nemmeno accorta del pericolo della pandemia, così come conferma Gloria Giuffrida, studentessa catanese partita l’11 febbraio che quasi commossa ci racconta la sua esperienza come un desiderio finalmente avverato.
“Sono a Creta da 3 mesi e il lockdown ha avuto inizio il 12 marzo per poi concludersi il 4 maggio. Per me non è stato un Erasmus bizzarro così come per altri colleghi. Sono state poche le restrizioni fin dall’inizio e proprio Creta ha registrato solo 14 casi. La situazione è sempre stata stabile, motivo per il quale ho deciso di restare. Si stava meglio qui che in Italia. Sono una persona che ama cavarsela da sola e questo ha influito sulla vivibilità della mia quarantena. Ho sfruttato il tempo libero per approfondire lo studio e migliorare l’inglese. È stato un trauma un po’ per tutti gli studenti, ma adesso cercherò di recuperare il tempo perso in questa città e godermela al meglio”.