Gessetto bianco e fogli di carta neri affissi per coprire le pubblicità scadute. Keith Haring, giovane artista al tempo sconosciuto, disegnava fino a quaranta opere in un giorno nelle stazioni della Metropolitana di New York. Quello che faceva era illegale e più volte venne arrestato. «La ragione per cui continuai – spiega Haring in una delle interviste raccolte nel documentario The Universe of Keith Haring realizzato da Christina Clausen – è che vedevo immediatamente la reazione delle persone, le sentivo vicine».
Agiva in rapita sequenza sotto gli occhi dei passanti e filava via un attimo dopo l’esecuzione. «Non devi sapere nulla dell’arte per capire, non ci sono segreti o messaggi nascosti».
Lavagne metropolitane disegnate con tratto sicuro e strapiene di contenuto: neonati, cani, pesci radioattivi, uomini che innalzano piramidi al cielo e tv che annunciano catastrofi atomiche con chiara allusione alla propaganda delle due grandi potenze mondiali, Russia e Stati Uniti.
«Non ricordo perché ho cominciato, ricordo quando. Notai uno di questi pannelli neri alla stazione della metro ed era il posto perfetto per un’opera. Presi un gessetto bianco ed iniziai a disegnare».
Sono gli anni Ottanta a New York. Haring arrivò da Pittsburgh, Pennsylvania, per frequentare la School of Visual Art, aveva 20 anni. Conobbe Kenny Scharf, pittore e street artist americano e Jean-Michelle Basquiat aka SAMO con il graffitista Al Diaz. Writers, musicisti, performers, Haring prese parte alla scena artistica newyorkese e beneficiò della sua energia dirompente. Tra il 1980 e l’85 trovò un medium espressivo efficace, i subway drawings che gli permisero di comunicare con un pubblico ampio, come desiderava. Un flusso continuo di immagini che divenne familiare ai pendolari di New York e rese la metro un laboratorio perfetto per sperimentare.
«Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi. L’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio lavorare». Opere che rappresentano la cultura di strada e la trasmettono attraverso un linguaggio nuovo, immediato, fatto di forme semplici e delineate che ricordano i fumetti ed i cartoni di Walt Disney con cui era cresciuto da ragazzo. Sono gli albori della street art e il successivo successo di Keith Haring ha contribuito alla proliferazione delle forme d’arte negli spazi pubblici diffondendo una più vasta sensibilità artistica. Se oggi autori come Banksy e Obey hanno grande risonanza mediatica il merito va dato anche alla generazione che ha scelto la strada per esprimersi liberamente, sperimentare, impattare con sfrontatezza sul collettivo.
MADE IN NEW YORK è la mostra che racconta l’esordio della Street Art e l’incontro tra Haring e Paolo Buggiani, artista toscano che si trasferì a NYC. Curata da Gianluca Marziani e promossa dal Comune, l’esibizione è in corso a Palazzo Campana – antica residenza nobiliare, oggi contenitore di mostre ed eventi culturali – ad Osimo, città in provincia di Ancona, che quest’anno ospita anche PopUp!, uno dei primi festival dedicati alla street art in Italia, nato nel 2008.
Buggiani è pittore, performer, autore di sculture cariche di ironia ed ammonimenti nei confronti del mondo, della natura e della società ma contemporaneamente ricche di riferimenti storici e mitologici. Di Icaro e del Minotauro assume le sembianze lungo le strade di New York. La sua arte racconta la città, provoca, sorprende.
«Nel 1981, tra la selva di nuove immagini che ormai si alternavano ai graffiti, nei corridoi e nelle stazioni della Metropolitana cominciarono ad apparire, sempre più frequenti, disegni semplici ma carichi di messaggi. La loro segnaletica attirava magneticamente le masse di pubblico in movimento» scrive per la mostra Buggiani. Erano i segni in gessetto bianco di Keith Haring. «Una mattina, nella stazione di Broadway-Lafayette, vidi due operai che strappavano dagli appositi spazi grandi croste di manifesti per sostituirli con nuova pubblicità. Avevano appena staccato un grande disegno su carta nera, facilmente ricomponibile, e quando chiesi loro se potevo averlo, insieme ad altri disegni più frammentati, me lo regalarono con aria di stupore. Volevo preservare in qualche modo la presenza fissa di questi documenti».
Paolo Buggiani è considerato il padre italiano della street art, tra l’81 e l’82 raccolse più di 50 opere di Haring e fu uno dei primi a cogliere con entusiasmo il valore della sua arte. Si conobbero e divennero amici. Haring gli dedicò The flying man, un personaggio con le ali visibile anche in Tuttomondo, il grande murale dedicato alla pace universale, realizzato nel 1989 sulla parete esterna della canonica della chiesa di Sant’Antonio Abate a Pisa.
«Se tu riesci a slegarti dal mondo reale hai molte più possibilità di pensiero e realizzazione: puoi essere anche capace di volare, di morire e di tornare in vita. La realtà parallela è una delle strade per arrivare ad essere libero di pensiero: e se sei libero di pensiero sei anche libero di creare».
Attraverso le opere dei due artisti MADE IN NERW YORK – Keith Haring, Paolo Buggiani e la vera origine della street art – analizza le radici di un movimento spontaneo che anima pareti, strade, edifici dando vita a nuovi codici visivi. A 30 anni dalla morte di Haring, avventura il 16 febbraio 1990 per complicazioni relative all’infezione da HIV, quando aveva soltanto 31 anni, l’artista statunitense neo-pop continua a comunicare perché il suo messaggio è chiaro e arriva al pubblico senza necessità di mediazione.
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