«Sul Chrysler imparai a cavarmela grazie a un trucco imparato da saldatori e carpentieri: se ti trovi a trecento metri di altezza, fingi che siano solo tre, rilassati e lavora con calma, i problemi sono esattamente gli stessi».
Così scrive Margaret Bourke-White nel 1963 in Portrait of Myself, l’autobiografia che ripercorre, edulcora ma descrive con un chiaro senso di realtà le tappe fondamentali e i personaggi che hanno segnato la vita della famosa fotografa. È proprio all’ultimo piano del Chrysler Building, il grattacielo-icona di New York City, che la fotografa aprirà il suo studio, affascinata dai doccioni in acciaio lucente – grossi tubi per far defluire l’acqua – simili a quelli della Cattedrale di Notre Dame a Parigi.
«Più volte mi sono arrampicata sui doccioni per fotografare la città. Avevo un terrazzo grande per organizzare le feste e uno più piccolo dove allevavo due alligatori che un amico mi aveva spedito dalla Florida».
Pioniera dell’immagine e dell’informazione, Margaret Bourke-White è una donna dei primati. La prima ad arrampicarsi sulle colate di ferro delle fonderie e ad affrontare il calore delle fornaci per realizzare fotografie industriali visionarie. La prima ad affrontare la fotografia aerea. La prima a realizzare un libro di testi e fotografie sulla Depressione degli anni Trenta nel Sud degli Stati Uniti. La prima a documentare la Russia del piano quinquennale e l’unica a ottenere una sessione di posa da Stalin. La prima per cui viene disegnata la divisa di corrispondente di guerra. E poi, la prima a riprendere l’orrore di Buchenwald, uno dei più grandi campi di concentramento della Germania nazista, a testimoniare l’India nel momento della separazione con il Pakistan e l’unica a realizzare un intenso ritratto di Mahatma Gandhi a poche ore dalla sua morte. La prima a scendere sottoterra con i minatori in Sud Africa, a fotografare la segregazione razziale degli USA a colori. E la prima a non sottrarsi alla macchina fotografica diventando il soggetto di un reportage che documenta la sua lotta contro il Parkinson che la immobilizzerà e la porterà alla fine.
Così Alessandra Mauro, direttrice editoriale di Contrasto e curatrice della retrospettiva Prima, Donna visitabile fino al 14 febbraio 2021 al Palazzo Reale di Milano, descrive la fotoreporter che ha realizzato la copertina ed i reportage del primo numero della rivista Life. «È stata un’emozione raccontare Margaret Bourke-White, figura emblematica della storia del fotogiornalismo. Una donna controversa, certo, ma non remissiva che non ha avuto paura di dire le cose così come stavano e di mettersi in gioco per raggiungere gli obiettivi che si era prefissata. Una donna elegante, consapevole, che è stata spesso criticata e invidiata. Ma, mentre se fosse stata un uomo si sarebbe parlato della discutibilità di alcuni modi di fare, di Margaret Bourke-White si ricorda il cappotto rosso, il soprabito più rosso che esista al mondo».
In mostra a Palazzo reale ci sono oltre 100 immagini provenienti dall’archivio Life di New York, divise in undici gruppi tematici che tracciano il percorso esistenziale di Margaret Bourke-White e mostrano la sua abilità visionaria e narrativa e la capacità di comporre storie fotografiche dense e folgoranti.
Da L’incanto delle acciaierie dove ci sono i primi lavori industriali di Margaret, quando capì che le fotografie non dovevano imitare i quadri e divenne abbastanza ricca da aprire il suo primo studio a Cleveland, alle immagini scattate durante la Grande Depressione nel Sud degli USA, quando sentì l’esigenza impellente di documentare che cosa le accadeva attorno, agli anni della collaborazione con la rivista americana Life. C’è la sezione dedicata alla Russia, quella Sul fronte dimenticato, quando seguì, durante la Seconda guerra mondiale, l’esercito statunitense in Nord Africa, Italia e Germania. C’è l’orrore scoperto nei campi di concentramento durante la Liberazione. L’india e l’indipendenza del Pakistan, l’Apartheid in Sud Africa e il segregazionismo nel Sud degli Stati Uniti, fotografato a colori. Nella sezione In alto a casa ci sono le fotografie aeree più significative che ha realizzato nel corso della sua vita e, a conclusione della mostra, c’è La mia misteriosa malattia, una serie di immagini che documentano la sua ultima, strenua lotta contro il morbo di Parkinson.
Prima, Donna. Margaret Bourke-White è promossa e prodotta da Comune di Milano|Cultura, da Palazzo Reale e da Contrasto, in collaborazione con Life Picture Collection, ed è parte del palinsesto I talenti delle donne che ha l’obiettivo di fare conoscere al pubblico quanto, spesso in condizioni non favorevoli, le donne siano state e siano artefici di espressività artistiche originali e di istanze sociali di mutamento.
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