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Esclusiva

Novembre 26 2020
Il calcio piange il suo campione più grande

Diego Armando Maradona è morto per un arresto cardiaco mentre si trovava nella casa di Tigre, ricca Zona residenziale nel Delta del Paraná, a trenta chilometri da Buenos Aires. Aveva subito un’operazione al cervello pochi giorni prima.

«Maradona ha la palla, ecco che scatta, Maradona ha superato un avversario, due avversari, ha la palla sul destro.. goal di Maradona. Splendido goal di Maradona, questo è tutto fatto con i piedi» urlava il telecronista Giorgio Martino, descrivendo quello che forse è stato il goal più bello della storia, mentre il boato del tifo argentino faceva tremare Mexico City.  
Era il 1986 e Maradona vinceva il suo mondiale, regalando all’Argentina la sua seconda e ultima coppa del mondo.
Oggi gli stadi sono deserti a causa della pandemia, il fragore dei tifosi è solo un lontano ricordo di una normalità difficile da riavere, e Diego Armando Maradona, colto da una arresto cardiaco, è morto. Aveva da poco compiuto 60 anni.

Goal del secolo

Di lui si è detto e scritto di tutto, e anche chi non segue il calcio lo conosce. Succede quando si diventa un simbolo, e Maradona è stato e rimarrà sempre un simbolo dello sport, della nazionale argentina, del bel gioco, ma anche della caduta di una stella. Se nel ’86 aveva toccato l’olimpo con la mano (de Dios), nel 1994 iniziava invece la sua inarrestabile caduta, quando ai mondiali americani venne trovato positivo all’antidoping. Da allora i problemi con la droga, il figlio non riconosciuto, i video che lo mostravano ubriaco, i chili di troppo e un’esperienza da allenatore non esaltante, hanno costantemente macchiato la sua immagine.  

Maradona

La sua ultima partita si è svolta il 10 novembre del 2001, un evento organizzato proprio per salutare il fuoriclasse già da tempo lontano dal campo da gioco. L’Argentina si “scontrava” con il resto del mondo, e in campo scesero i suoi ex compagni di squadra, stelle della sua epoca e di quella odierna. Lo stadio era quello di Buenos Aires, l’Alberto José Armando o “Bombonera”, dove Maradona aveva vinto il suo primo scudetto vent’anni prima. Maradona era ormai appesantito e non aveva più il fiato per correre, ma i 60mila tifosi sugli spalti erano lì solo per lui, e il campione li ha ringraziati trasformando un rigore in un goal, l’ultimo della sua carriera. 

Maradona è stato anche il simbolo di una città. Napoli ha amato il suo goleador, il suo figlio adottivo, il suo pibe de oro, l’uomo che gli ha consegnato due scudetti (1986-1987, 1989-1990) e una coppa UEFA (17 maggio 1989).
Anche Napoli oggi si chiude in lutto, in un silenzio irreale, dove solo un sussurro si leva nell’aria: «Oh Mamà Mamà Mamà, Oh Mamà Mamà Mamà, Sai perché mi batte il Corazon, ho visto Maradona, ho visto Maradona, We Mammà, Innamorato So».

Maradona