Che le colpe dei padri ricadano sui figli è cosa nota. A questo concetto, però, qualcuno ha applicato la sua rivoluzione copernicana: «Se dovete arrestare mio figlio perché non ha fatto niente, allora arrestate anche me. Ci vado io in galera». Non è il solito Beppe Grillo – teatrale, virulento e ironico – ad aver pronunciato questa frase in un video postato sui social. Un breve intervento in difesa del figlio Ciro, accusato di aver stuprato (insieme ad altri ragazzi) una giovane in Costa Smeralda, nel 2019. Una clip grottesca, dove le responsabilità della (presunta) violenza vengono scaricate sulla vittima, che per il comico genovese ha mentito sulla mancanza di consenso.
In gergo, quando qualcuno si altera in modo esagerato si dice che gli sono venuti i “cinque minuti” (di follia). In questo caso, i minuti sono due, ma la situazione è analoga. La reazione del mondo politico è sdegnata e quasi unanime. Perfino il nuovo capo politico del Movimento cinque stelle, Giuseppe Conte, ha preso le distanze dal garante morale del suo partito.
Come può un esperto di comunicazione come Grillo pubblicare un video così violento? Per Paolo Natale, professore di Metodi e tecniche della ricerca sociale all’Università degli studi di Milano, «C’è grande confusione all’interno del Movimento cinque stelle, tra il difficile inserimento di Conte e l’addio annunciato da Davide Casaleggio. Se aggiungiamo dichiarazioni così brutali e negative rispetto alla condizione femminile, il quadro diventa ancora più critico. Un evento che danneggia molto la sua figura, di fatto unico punto di riferimento alternativo nel “nuovo” Movimento che dovrebbe nascere sotto la guida dell’ex presidente del Consiglio».
Se all’interno del partito la leadership di Grillo è da tempo in discussione, questo sfogo rischia di alienargli le simpatie del resto dell’elettorato: «Il livello di gradimento nei suoi confronti, negli ultimi anni, è peggiorato molto. Ora è più o meno al 15% dei consensi, poco più del segretario di Italia Viva Matteo Renzi. Dopo il suo sfogo, potrebbe essersi verificato un ulteriore calo».
Con l’ingresso di Giuseppe Conte come possibile capo politico dei grillini, il movimento sta sempre più virando verso la strutturazione tipica dei partiti tradizionali. Un cambiamento che potrebbe vedere il comico genovese trasformarsi, da pilastro, a peso di cui liberarsi. «Grillo ha di fatto favorito l’appoggio al governo Draghi – continua l’esperto – sebbene gli iscritti non fossero del tutto convinti di questa operazione. Basti pensare che tra tutti i partiti sono proprio gli elettori a cinque stelle a essere tra i più critici, più di quelli di Fratelli d’Italia, all’opposizione. Con la trasformazione sempre più vicina in partito tradizionale, però, la sua figura potrebbe perdere appeal, diventare ingombrante: andrebbe in contrasto con la struttura di comando, quindi con Giuseppe Conte».
Le esternazioni di Grillo, oltre a scatenare le ire dell’opinione pubblica, hanno creato imbarazzi anche all’interno della coalizione di governo. Per Paolo Natale, la situazione potrebbe peggiorare con il tempo: «L’Italia è famosa per avere la ‘sindrome del pesce rosso’: si dimentica tutto in un amen. Questo video, però, sta prendendo piede anche tra altre personalità del Movimento, come la sottosegretaria alla Giustizia Anna Mancina, che ha accusato la leghista Giulia Bongiorno [avvocatessa della vittima di violenza, ndr] di agire per fini politici. Ai grillini, piuttosto che insistere, farebbe comodo spegnere i riflettori su questa vicenda. Se diventasse un caso potrebbe essere una minaccia non solo per la rinascita, ma anche per la sopravvivenza del movimento».
Più che un problema di coalizione, l’episodio ha allargato le divisioni interne ai cinque stelle. «Grillo può salvarsi – prosegue – solo estraniandosi per un po’ dal processo di ricostruzione del partito, lasciando spazio a Conte, che gode di maggior popolarità sia nell’elettorato che in Parlamento». Proprio dal comportamento di deputati e senatori dipende la solidità del movimento: «Fomentare il dibattito, acuendo le frizioni con gli alleati di governo, potrebbe costare caro ai grillini in termini di gradimento da parte dei loro sostenitori, oltre che della comunità politica italiana».
Nonostante i toni lascino pensare a uno sfogo registrato d’istinto, in alcuni punti del video è possibile vedere come questo sia stato modificato con un lavoro di montaggio. Ma per l’esperto, non è stato un rischio calcolato: «Credo si sia fatto prendere dallo spirito del “buon padre di famiglia”, senza riflettere sulla gravità delle sue dichiarazioni. Grillo non è uno sprovveduto, penso e spero si sia reso conto di quanto le sue parole abbiano avuto una risonanza negativa su una fetta importante di popolazione elettorale. Forse non ne poteva più di vedere il figlio trattato come uno stupratore, ancor prima che i fatti fossero esaminati da una Corte. I toni che ha usato e lo stile comunicativo erano troppo aggressivi. Mi fanno pensare che dietro ci fossero un’angoscia e una forte insofferenza».
Dalla parte della vittima
La gravità dei contenuti del video, oltre che nei toni, sta nella sua risonanza. A parlare non è un uomo qualunque, ma una figura influente del panorama politico e sociale italiano, seguita da milioni di persone. A preoccupare è l’idea che la vittima si sarebbe inventata tutto perché, secondo Grillo, i tempi di denuncia non sarebbero compatibili con una violenza sessuale. Per Giulia Tracogna, psicologa clinica dell’associazione Asterisco, non è così. «Nel momento in cui una persona viene stuprata – dice – potrebbe presentarsi una fase di disorganizzazione psicologica acuta, che può durare anche qualche settimana. Si registrano reazioni paura, shock, incredulità, rabbia, senso di perdita di controllo. A queste si somma un grande timore del giudizio sociale, enfatizzato dalla cultura dello stupro e dalla colpevolizzazione della vittima».
Secondo le stime (rapporto SDGS del 2018), meno del 15% delle donne vittime di violenza sessuale decide di denunciare. Alcune persone hanno bisogno di anni per elaborare l’accaduto e trovare la forza di raccontarlo. «Parlare di coraggio è giusto: oggi, nel momento in cui una donna denuncia una violenza sessuale, probabilmente dovrà passare anche per una vittimizzazione secondaria [come accaduto nel caso di specie, ndr]. Le istituzioni, infatti, spesso non credono alla vittima e la accusano, più o meno in modo esplicito, di aver provocato l’aggressione. A questo si sommare anche una gogna mediatica in cui la narrazione spesso ruota attorno alla spettacolarizzazione della violenza e alla colpevolizzazione della vittima. Se poi questa conosce l’aggressore, o gli aggressori, la situazione peggiora. Alcune ricerche evidenziano come vittime di violenza da parte di individui a loro noti, fatichino di più a riconoscere l’episodio e quindi a dichiarare di essere state violentate».
Il sostegno psicologico è necessario. Ma non esiste una formula magica. «Ogni situazione è unica – continua la psicologa –. Lo stupro è uno dei traumi più severi in assoluto e porta conseguenze negative multiple come disturbi del sonno, perdita di autostima, sensi di colpa, alti livelli di ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress, abuso di sostanze, problemi fisici cronici e suicidio». Il recupero può richiedere molto tempo, in alcuni casi diversi anni. L’idea di aver fatto qualcosa di sbagliato, di essersela cercata, di non aver reagito sufficientemente spesso genera un forte senso di colpa in chi subisce una violenza. Secondo Tracogna, «Il processo viene ulteriormente rinforzato a livello sociale dalla dilagante cultura dello stupro. È quindi importante supportare la vittima, aiutandola in primo luogo a riconoscere e dare voce, esprimendo dolore e rabbia».
A complicare lo scenario, l’eco mediatica che ha investito la protagonista della vicenda. Colpa della popolarità di Grillo. «Questo video diffonde una narrativa in cui è evidente la colpevolizzazione della vittima – prosegue Tracogna – in cui viene sminuito l’accaduto e si giustificano i presunti aggressori in quanto “solo ragazzi”. Affermazioni che probabilmente impatteranno in maniera negativa sulla psicologia della vittima, minando la sua credibilità e sminuendone le sofferenze. Credo però che il problema non si fermi qui. Grillo è un personaggio pubblico con un’influenza politica rilevante. Lo sfogo di un padre disperato è stato veicolato attraverso il suo blog – destinato all’uso politico – in un momento specifico della vicenda giudiziaria. Non possiamo sapere se ci sia una volontà diretta e consapevole di fare pressioni sulla magistratura. Di sicuro, c’è l’intento di influenzare l’opinione pubblica e i media. Inoltre è intimidatorio nei confronti della vittima e della sua famiglia, non visibili e con lo stesso potere mediatico di Grillo. Quel contenuto dura solo due minuti, ma rappresenta una grande minaccia per la sicurezza e la salute di noi donne».