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Esclusiva

Dicembre 6 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 22 2021
Giulia Moretti

“Perché?”, Giulia Moretti, dall’età di tre anni, non ha mai smesso di chiederselo. Alla stregua della protagonista di “The Post”, l’editrice Katharine “Kay” Graham vuole “onorare il diritto di cronaca senza mai cedere alle pressioni esterne”. Vuole “incidere sulla realtà”, ma non ci sta a ricorrere alla “manipolazione”. L’ipocrisia non è nelle sue corde. Si convince a rispondere in maniera “accattivante” soltanto alle domande della sorella più piccola.

Ventiquattro anni, originaria dell’Umbria, consegue una triennale in Lettere e una magistrale in Editoria e Scrittura e giunge alla Scuola di Giornalismo “Massimo Baldini” della Luiss. Ha un cuore “latinista” che l’accompagna durante la sua formazione, ma la sua meta è la “ricerca di informazioni” che siano in grado, precisa, “di potere alimentare un dibattito”. Tutto comincia quando è una bambina. Il progettare recite non previste dal piano scolastico e l’amore per il teatro non sono casuali. È proprio nei meandri di questa realtà che si avvicina al racconto.

Giulia Moretti

La svolta emotiva arriva con l’università. “È il primo campanello d’allarme”. Gli studenti “sbruffoni” e i docenti “che non incoraggiano le tue capacità” la allontanano dall’insegnamento. Non ne vuole proprio sapere di “avere pazienza con gli studenti”.

In apparenza si distacca dal latino, abbandonando l’idea di un dottorato, ma in realtà porta la lingua degli antichi romani con sé. In fondo è la sua storia. La passione per l’uso della parola e per la sua “logica” parte proprio da lì. Partecipa al programma “L’Eredità”, ma è la passione per De André e in particolare per la canzone “Volta la carta” a smuovere qualcosa in lei, tanto da divenire spunto per la tesi di maturità. La sua volontà è quella di “dare forma alle cose per comprendere la realtà” e diventare “parte attiva del racconto”. Una scrittrice che, come Nancy Duarte, vuole concepire storie per dare forma al mondo.

In questo contesto si fa spazio anche il suo “volere dare voce a chi ne ha meno” partendo sempre dalla sua grande passione: le parole. Vuole trasformare il pubblico. Emerge l’intento di “dare forma alle storie attraverso l’uso della parola per comprendermi e comprendere”. “L’incontro con James Joyce” rappresenta per lei un’occasione imperdibile “per comprendersi e comunicare più efficacemente”. Una nuova connessione con la “realtà” non è mai stata così vicina.

Ovunque, vuole comunicare. È certa dell’assenza di una inclinazione in un preciso settore giornalistico. Osserva: “non ho preferenze”. È pronta, dalla politica all’inchiesta, a continuare a chiedersi “perché”.