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Esclusiva

Febbraio 3 2022
Mattarella alle Camere: «Non potevo sottrarmi»

Al suo secondo mandato, la potenza gentile del discorso del nuovo presidente della Repubblica scatena gli applausi in Parlamento

Una forza tranquilla rimbomba nell’aula di Montecitorio. Al suo esterno i carabinieri scortano l’auto di Sergio Mattarella con un’andatura quasi sacrale. Una lentezza a cui l’Italia non è più abituata, ormai racchiusa tra campane e suoni di sirene. Rispetto a sette anni fa, la pioggia è scomparsa da Roma. Il sole ha conquistato la piazza per disegnare a breve l’ombra del drappo presidenziale.

Mattarella saluta Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, presidenti della Camera e del Senato. File parallele di funzionari e addetti al lavoro lasciano spazio al neo-presidente. Il più sicuro di tutti, cammina lungo i corridoi della sua storia. Il suo sguardo fermo e deciso ne conosce ormai ogni sfumatura.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi e i ministri del governo lo attendono in una sala laterale per porgergli i saluti ufficiali. Il presidente del Consiglio superiore della magistratura Giuliano Amato, suo grande amico e collega di vecchia data, attira su di sé la conversazione. Con un che di amichevole, le cariche dello stato si permettono una breve pausa, lasciando in attesa il Parlamento riunito in seduta comune.

Sulla sedia più alta della Camera dei Deputati, Sergio Mattarella pronuncia il giuramento da presidente della Repubblica. Il Gianicolo si accende e ventuno colpi di cannone avvisano la nazione che l’inquilino del Quirinale non intende cambiare residenza.

Dopo un lungo applauso, Mattarella si sfila la mascherina e lascia intravedere una cauta sicurezza e un fare guardingo. «Il Parlamento e i delegati hanno preso la loro decisione. È per me una nuova chiamata alla quale non mi posso sottrarre».

Dopo otto scrutini, il palazzo della politica italiana è giunto a una decisione. Dopo Giorgio Napolitano, per la seconda volta nella storia repubblicana Sergio Mattarella viene confermato come carica più alta dello stato. «Il mio pensiero è rivolto a tutti gli italiani. Non possiamo permetterci ritardi e incertezze».

Un primo mandato che, con gli occhi immaturi del 2015, sarebbe apparso ai limiti del fantastico. Una pandemia, una crisi economica mondiale e un presidente che diviene il punto di raccordo e di speranza dello sguardo dei cittadini italiani. «Dobbiamo iniziare a disegnare l’Italia del dopo emergenza. È ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte la nostra patria, un paese che cresca in unità».

All’alba del suo incarico, Sergio Mattarella non intende lasciare inespressa qualsiasi questione, passata o futura, che abbia influenzato il disegno dell’Italia. L’inaccettabile vento di guerra che proviene dall’Est tra gli schieramenti opposti di Ucraina e Russia. La difficile quanto essenziale lotta per la democrazia, un valore che va difeso e coltivato senza ricadere nel fantasma autoritario.

Ex giudice del Csm dal 2011 al 2015, Mattarella non ha esitato a rivolgere lo sguardo al mondo giudiziario. «Un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia, per troppo tempo un terreno di scontro che ha fatto perdere di vista gli interessi della collettività».

Una nazione da ricostruire su nuove fondamenta. Un terreno economico e sociale che trovi fertilità nel valore della dignità. Perché «Dignità è azzerare le morti sul lavoro, eliminare la violenza sulle donne, combattere il razzismo, l’antisemitismo e la povertà».

 Per Sergio Mattarella il percorso di ripresa non può cadere in credenze che distruggano l’uguaglianza del popolo. «Le disuguaglianze non sono l’effetto della crescita, ma ne sono piuttosto il freno. Come dice la Costituzione, il nostro compito è rimuovere gli ostacoli».

Al risuonare di «Viva la Repubblica, viva l’Italia!», il Parlamento scoppia in un applauso senza fine. Mattarella, piegando la testa, accenna un leggero sorriso nella speranza che la forza gentile delle sue parole non scompaia nel passato.

All’esterno di Montecitorio la banda suona l’inno d’Italia di fronte alle cariche dello stato. L’ombra del drappo presidenziale, issato dopo il giuramento, disegna un contorno che rimarrà immobile per i prossimi sette anni.