Virginia Bramati torna nelle librerie dopo due anni di assenza con Un bacio con gli occhi, un romanzo che racconta un amore nato durante la pandemia da Covid-19. Romantico, ma solo a tratti coinvolgente, affronta il 2020 con tutto ciò che ne consegue: la paura, le ansie, i timori, l’incomunicabilità e l’alterazione della quotidianità.
«Chiara, secondo te si può dare un bacio con gli occhi?»
Agata Molteni è una giovane specializzanda nel reparto di ematologia a Milano. La sua infanzia è fatta di lezioni ‘svogliate’ al pianoforte e del ritmo energico dell’Eroica di Beethoven.
Una famiglia di musicisti (padre direttore d’orchestra e madre pianista). Una vita passata in giro per il mondo tra un paese e l’altro senza «mai affezionarsi a niente e nessuno.» Si trasferisce a Milano per iniziare «una vita tutta mia. Una casa, una coinquilina con cui magari fare amicizia, dei colleghi…»
L’amore che nasce tra lei e Edoardo Ruggieri, il primario dell’ospedale, è sincopato e graduale. Il lettore viene lentamente accompagnato nella lettura, dove piccoli indizi rivelano il latente affetto tra i due. Nessun colpo di fulmine, anzi. Antipatia e freddezza regnano tra Agata e «l’orco cattivo» (il nome con cui lo aveva salvato sul cellulare).
Non si amano in maniera passionale, ma con stima intellettuale e professionale. Attrazione fisica, certo, ma è un amore impalpabile, fatto di sguardi, d’intesa, di dita che si sfiorano coperti da guanti in lattice e mascherine. Baci solo con gli occhi, tema che dà il titolo al romanzo.
La struttura- Piccole finestre sul pensiero
La storia, in prima persone, è divisa dall’alternarsi della narrazione tra Edoardo e Agata. Ad ogni pagina il lettore si affaccia sulla mente dei due protagonisti, scoprendone sensazioni, segreti, paure, sogni, in una dinamica tutta fatta per il page turning.
La prima parte del romanzo fotografa la storia recente dal dicembre 2019: lo scoppio della pandemia a Wuhan, l’arrivo dei primi casi in Italia, la forte incredulità iniziale e il complottismo, fino alla paura e lo scoppio della crisi sanitaria. Indubbiamente la sequenza poco romanzata degli avvenimenti della pandemia tolgono fluidità alla narrazione, rendendola poco accattivante, in netto contrasto, forse voluto, con la seconda parte del romanzo, che avvince il lettore alla ricerca dell’atteso lieto fine.
Il ripercorrere i vari mesi della pandemia serve strutturalmente a ricostruire l’atmosfera angosciosa e la dinamica psicologica di quei giorni, ma appesantisce la trama, sottraendo spessore alla dimensione emotiva e psicologica dei personaggi, costringendo il lettore a seguire con fatica gli sviluppi della trama che si snoda a volte in una dimensione meramente immaginata.
L’ambientazione in una contemporaneità così peculiare, anomala e tanto prossima a noi nel tempo, suscita dubbi nella stessa autrice che nelle proprie note osserva: «non è stato facile decidere se ambientare questo mio ultimo libro durante la pandemia di Covid-19 o semplicemente ignorare il periodo terribile che solo ora, forse, ci stiamo lasciando alle spalle.»
Forse, come il buon vino, quando il tempo avrà filtrato angosce ed emozioni della pandemia, sarà più bello rileggere questo libro e pensare ‘ti ricordi com’era? Quando ci si poteva baciare solo con gli occhi’.
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