Alle 09:30 è dietro la cattedra della redazione di Zeta, ma la giornata di Corrado Corradi, amministratore delegato di Repubblica, è iniziata alle 06:30, con una lunga colazione e la lettura de la Repubblica, la Stampa, il Corriere e l’ascolto di due giornali radio.
«Il giornale deve essere un’azienda, non è un no profit, fa soldi con l’informazione» mette subito in chiaro. Negli ultimi tempi «si è sovvertito il modello di business» e la rivoluzione digitale non è ancora terminata. La stampa e l’online «non sono solo forme diverse, sono linguaggi diversi» e quello digitale «è un ecosistema estremamente difficile». «Il futuro sarà sempre più digitale, la modalità di distribuire il giornale sarà sempre più digitale e multipiattaforma, ma, da un punto di vista economico, non si riesce a compensare il venir meno dei ricavi dei giornali di carta. Per un consumatore che smette di comprare la copia in edicola, ci vorrebbero cinque nuovi iscritti al sito».
Il limite delle testate italiane è non avere «il mondo come mercato. I giornali americani considerano saturo il mercato domestico, ma guardano agli altri continenti. Noi abbiamo un mercato nazionale, in un paese di abitanti che non riconoscono che un buon giornalismo di qualità va pagato». Il declino delle vendite incide sull’assunzione di nuovi giornalisti, per essere scelti c’è bisogno di capacità molto più articolate di quelle richieste in passato. Bisogna essere in grado di maneggiare piattaforme diverse: «Un giornalista che non sa fare TikTok è limitato o un giornalista che non ha mai preso in mano una telecamera e non sa tramutare quella intuizione giornalistica in video potrà saper scrivere un buon pezzo, ma non riuscirà a veicolarlo in altri formati». Non va però perso di vista il mestiere principale, che non è fare «gli smanettoni dei social, è fare i giornalisti». Bisogna trovare un equilibrio, ma «è molto difficile perché quest’anno c’è la rottura di business tradizionale, il digitale che cresce ma non abbastanza, la carta che costa più del doppio dell’anno scorso e l’aumento del costo elettricità, che non serve solo per le rotative, ma anche per gli archivi digitali. I giornali sono aziende energivore».
In conclusione, Corradi ricapitola il necessario per farcela per i giovani giornalisti: «Vi verrà richiesta la flessibilità mentale di saper passare da un pezzo sulla carta a un SEO per internet con la stessa semplicità. Passare da una pinza a un cacciavite, con uno schiocco di dita. Essere fungibili su tutte le piattaforme. Ma non basta essere digitali, bisogna essere anche dei bravi giornalisti».
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