Passeggiano nervosi per il centro di Siena. Gli sguardi persi, il fiatone per la tensione, non per la fatica. I contradaioli si spostano a gruppi, una fiumana di gente che canta. Qualcuno sorride, altri addirittura ridono e scherzano. Il tono di voce grave mentre si intonano le canzoni della propria contrada e i fazzoletti colorati legati al collo danno l’impressione di una festa, di una semplice rievocazione che una volta terminata non lascerà cicatrici.
Il Palio di Siena, e la natura di chi vive per questa festa, sta però nei silenzi. Non sono molti durante le novantasei ore che accendono la città di Cecco Angiolieri, ma l’essenza della rievocazione sta proprio lì. La carriera di agosto, dedicata alla Madonna Assunta, è iniziata formalmente il 13 agosto con la “tratta”, ovvero l’assegnazione dei cavalli. Dei trentadue cavalli ammessi, i capitani delle contrade ne hanno scelti dieci che son stati poi assegnati alle contrade che gareggiano il 16, quest’anno il 17 solo a causa della pioggia. Quando il sindaco, Luigi De Mossi, apre il bussolotto dei cavalli più noti, e quindi favoriti, la piazza si ammutolisce. Un boato segue il nome della contrada che viene accoppiata al cavallo di punta. Salti di gioia, le prime lacrime, canzoni e abbracci.
Già da quella giornata si era capito che Leocorno, Nicchio, Tartuca e Chiocciola erano le predestinate ad accogliere nella propria sede il Palio dipinto dall’artista Andrea Anastasio. I giochi sono iniziati lì. Il Leocorno ha deciso di far montare Violenta da Clodia, cavalla espertissima ma mai vincente, a Giovanni Atzeni detto “Tittia”. Vincitore, prima del 17 agosto, di tre palii consecutivi, otto in totale. La Chiocciola sceglie, invece, Jonathan Bartoletti detto “Scompiglio”, riproponendo l’accoppiata con il cavallo Viso d’Angelo che a luglio era andata a pochi centimetri da vincere il Palio nella Torre.
Dopo quattro prove, invece delle sei canoniche, arriva il giorno della corsa. «Venga signora le do una mano a salire sul palco”: dice un uomo a una donna, contradaiola del Nicchio. «Se fossi stata signora sarei stata alle terme invece che venire a patire qui come tutti gli anni»: risponde lei. Sono battute veraci che nascondo la poca serenità d’animo. Si arriva così al secondo grande silenzio che contraddistingue ogni Palio, dal 1400 a oggi: un vigile urbano consegna al mossiere, addetto a giudicare la validità della partenza, una busta dove sta scritto l’ordine di entrata all’interno dei canapi. Nove contrade stanno dentro, una parte di rincorsa, poco più dietro. A Siena si dice, e si pensa, che i primi quattro posti all’interno delle corde siano i migliori perché, salvo disastri del fantino, si ha una migliore traiettoria d’ingresso alla prima, e più difficile, delle curve.
Il vigile scende tenendo la busta ben alzata. In piazza tutti si zittiscono come quando il direttore del coro silenzia le voci racchiudendo la mano a pugno. La apre e legge: «Leocorno!» Alcuni contradaioli della contrada gioiscono, altri dissimulano guardando altrove. Da dietro qualcuno del Nicchio, a bassa voce, prova a indirizzare la fortuna scandendo il nome della propria contrada. Non funzionerà. Il Nicchio sarà chiamato “tra i canapi” ottavo. «La prossima volta gli do fuoco a quella busta»: urla un signore sulla cinquantina con il fazzoletto blu al collo. Si va avanti fino all’ultima contrada, quella di rincorsa, la Chiocciola, l’altra favorita. La “mossa”, partenza in gergo paliesco, è molto rapida (poco meno di venti minuti). “Tittia” parte primo e dopo tre giri nulla cambia. Il Leocorno dopo quindici anni vince il palio di agosto. Il fantino sardo vince il quarto di fila, nono in carriera avvicinando leggende di Piazza come “Trecciolino” e “Aceto”.
La prima estate senese dopo la pausa dovuta dalla pandemia si è conclusa, la città è tornata a vivere. Anche i momenti di silenzio sono finiti. Per i mesi avvenire si sentiranno risuonare per la città i canti del Leocorno. Gli unici in silenzio saranno i contradaioli della Civetta, rivali della contrada vincitrice, i quali già pochi minuti dopo la corsa sono andati a togliere le bandiere per le vie della loro contrada in segno di sconfitta. Prima di lasciare si sente un’ultima voce, una giovane contradaiola della Chiocciola in lacrime: «Sono nata nel 2001, s’è vinto l’ultimo Palio nel 1999. Ma come si fa?» Anche questo è il Palio.