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Esclusiva

Marzo 22 2023
Il grande cinema sul piccolo schermo

Da Gary Oldman a Harrison Ford, le serie delle piattaforme streaming puntano sempre più su una durata ridotta e un cast di divi

C’era un tempo, non troppo lontano, in cui paragonare televisione e cinema suonava come un’eresia. Estetica, pubblico e star system erano separati da confini netti e regole precise, poi è arrivato True Detective e ha stravolto ogni cosa. La serie di Nic Pizzolatto, prodotta e distribuita da HBO, segna la trasformazione radicale dell’intrattenimento, ormai nove anni fa. Un divo come Matthew McConaughey (che proprio nel 2014 vince l’Oscar come miglior protagonista per Dallas Buyers Club) vede nella serie di Pizzolatto la continuazione naturale del proprio percorso professionale, un esperimento capitato nel momento giusto della carriera dell’attore, all’apice.

È chiaro, tuttavia, che non si tratta di televisione tradizionale: la scrittura è ricchissima di riferimenti culturali di nicchia e la regia usa le tecniche più complesse della grammatica cinematografica, come il piano sequenza (una ripresa continua senza montaggio, come quello del quarto episodio, di circa sei minuti). Non si tratta quindi soltanto di un capriccio dei due protagonisti – McConaughey e Woody Harrelson – che scelgono di cambiare medium, sono proprio televisione e cinema che iniziano a condividere lo stesso linguaggio trovando una terza via, ibrida, che ancora è difficile da definire e nominare.

Si potrebbe chiamare la terza strada delle mini-serie, o delle limited series negli Stati Uniti, ossia racconti brevi, da quattro a otto episodi, che assorbono i codici estetici del cinema ma mantengono l’identità televisiva nella scrittura e nella struttura narrativa. Sono progetti che attirano tanto gli attori quanto i registi e i produttori, al punto da essersi ritagliati sempre più uno spazio parallelo anche all’interno dei maggiori film festival internazionali, compreso quello di Cannes, il più conservatore e purista.

Fra tutte le case di produzione attive in questo campo, HBO è quella che ogni anno propone il maggior numero di titoli, rilevanti sia per lo spessore degli interpreti sia per quello dei registi. Basti ricordare We Are Who We Are di Luca Guadagnino, che è diventato un lavoro propedeutico – per temi e approccio alla Generazione Zeta – alla costruzione del lungometraggio Bones and All. O ancora Omicidio a Easttown (2021) che, pur essendo una solida crime story come tante, sfrutta per la seconda volta dopo Mildred Pierce (altra serie HBO del 2011) la presenza eccezionale di Kate Winslet, dandole la possibilità anche di vincere un ulteriore Emmy e un altro Golden Globe a distanza di dieci anni.

Il punto di forza di HBO, che nasce come un servizio in abbonamento, è che non ha un pubblico generalista, non si rivolge ad anziani o bambini, ma soltanto a una fascia adulta colta e benestante, che non perde interesse di fronte a un linguaggio più complesso o a un’estetica sperimentale o la cui attenzione, in ogni caso, può essere riguadagnata grazie a sangue, crimine e sesso, tre pilastri delle serie HBO.

Molto diverso è tutto l’universo Disney-Marvel-Star Wars, che può invece contare su una forte identità del brand a patto di non allontanare gli spettatori più piccoli e trovare un modo per continuare a fidelizzarli. Cinema e televisione in questo caso si fondono a livello narrativo, ossia nella costruzione delle trame che si intrecciano. Il coinvolgimento del pubblico, che porta a incassi miliardari, è tale da spingere anche divi del cinema ad accettare piccoli ruoli nei diversi franchise. Tom Hiddleston, nei panni del dio Loki, ne è forse l’esempio più chiaro. Da antagonista dei cinecomic degli Avengers diventa protagonista di una serie, rinnovata alla seconda stagione, che prosegue oltre la morte del suo personaggio, manipolando il tempo, pur di dare ancora spazio al grande attore shakespeariano britannico.

Ancora diversa è l’operazione di Apple, entrata da poco nel business della produzione audiovisiva. Le serie originali, fin dal debutto nel 2020, hanno cercato di distinguersi da tutto il resto, anche da HBO, per una certa raffinatezza ed eleganza. Inoltre, forse proprio per questo motivo, hanno quasi tutte in comune la capacità di attirare nel cast nomi molto rilevanti nello star system hollywoodiano. Non solo Jennifer Aniston e Reese Witherspoon (The Morning Show), già note anche per ruoli televisivi, ma soprattutto il premio Oscar Gary Oldman, protagonista dell’intrigante spy-story Slow Horses, e Harrison Ford, straordinario nella serie Shrinking, in cui interpreta un burbero psicoterapeuta.

Il grande cinema sul piccolo schermo
Cinema e TV: Gary Oldman in Slow Horses

A Ford non serviva certo una serie televisiva per tornare alla ribalta, soprattutto adesso che sarà presto di nuovo protagonista del quinto Indiana Jones, eppure la sua presenza arricchisce in modo inequivocabile una serie già interessante, ben scritta e ottima di per sé, che pur non essendo cinema prova ad avvicinarsi ad esso il più possibile. Alcune serie tentano di farlo sperimentando anche con la durata degli episodi, come è accaduto con gli ultimi due di Stranger Things (Netflix), oltre gli ottanta minuti, che provano a ripensarsi come dei lungometraggi horror, sebbene non indipendenti dalle precedenti puntate. 

Nonostante le reticenze inziali, è difficile non farsi trasportare dalla febbre della serialità, soprattutto per quei registi-autori che sono più inclini a sperimentare. È così che è ancora possibile scoprire Mindhunter, su Netflix, una delle serie sui serial killer fra le più belle degli ultimi anni, ideata e diretta da David Finchero The Underground Railroad su Prime Video, che rispecchia in ogni parte lo stile del suo regista Barry Jenkins (Moonlight). O scoprire ancora che Scissione, la più folle e alienante serie che si potrebbe oggi immaginare, è un’opera di Ben Stiller (su AppleTV+) e che persino Martin Scorsese non ha resistito al fascino di HBO, realizzando la serie Vinyl.

È con l’annuncio di Netflix del debutto di Robert De Niro nella serialità che sembra però consacrarsi in modo definitivo l’era di una nuova televisione-cinematografica. Zero Day, questo il titolo della serie thriller, debutterà forse nel corso dell’anno, ma è sufficiente la notizia per cambiare già tutto, un’altra volta: anche l’ultimo pilastro della vecchia industria del cinema è caduto. È già un altro mondo.

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