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Esclusiva

Aprile 6 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 5 2023
Il suicidio da social. Quando la società spinge ad ammazzarsi

La scelta di morire può dipendere dal mondo digitale, ma non è sempre così

«Si può dimenticare un marito, una moglie, una fidanzata a casa ma non il cellulare. Con la pandemia, il tempo trascorso al telefono è aumentato di un quarto d’ora. I social favoriscono tendenze negative e depressive nell’essere umano che può essere spinto al suicidio, ma è anche la depressione che può portare ad un uso smodato dei social e, poi, al suicidio. Come è accaduto a un ragazzo, un paziente che ha pensato di uccidersi. Il padre sospettava che il chiudersi in camera con i social fosse la causa della depressione del figlio. Al contrario era la depressione che lo portava ad una esclusione dal mondo». Per alcuni esperti, come Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo clinico, già direttore della cattedra di Psicopatologia forense presso l’università di Roma La Sapienza, «il legame tra social e suicidio» non è sempre inevitabile.

Sono molti i vantaggi prodotti dall’impatto dei social network sulla persona. La nostra salute migliora, grazie alla connessione sociale, come dimostra lo studio pubblicato sul Journal of Health and Social Behavior.

Tutto cambia, quando l’utilizzo dei social diventa eccessivo. Il professore riporta il fenomeno hikikomori, la condizione che comporta una forma estrema di ritiro sociale che si manifesta soprattutto tra gli adolescenti e i giovani adulti (ndr). «L’uomo si isola, restando nei confini del metro quadrato della propria stanza. Non gli rimane che la propria aggressività. Questa prima veniva placata con l’interazione con l’altro ma ora scompare davanti a uno schermo. Come nella triade cognitiva di Aaron Temkin Beck, psichiatra e psicoterapeuta statunitense, il depresso ha una visione pessimistica di se, del mondo e del futuro».

La decisione di morire può derivare anche dall’interazione con gli haters, «gli odiatori di rete non vedono l’altro come una persona con cui confrontarsi, ma trasformano una persona normale in una da odiare con tutti i mezzi. In un meccanismo di svincolo morale graduale le persone usano la rete come mezzo per esternare l’odio. Si percepisce l’ibristofilia: il piacere di vedere l’altro soffrire».

Pensiamo al Blue Whale, lett. Balena Azzurra, il “gioco” di adescamento online. Una sfida ti ossessiona per un periodo di cinquanta giorni, in cui sei indotto ad atti di autolesionismo fino al suicidio. Il tutto è documentato con smartphone e condivisioni sui social (ndr).

Dalla depressione, ai social, agli odiatori di rete. La volontà di morire, sembra trovare una spiegazione nel concetto di anomia, lett. assenza di norme, descritta negli studi del sociologo Émile Durkheim. È la condizione in cui il controllo della società sull’uomo si affievolisce. Ed è così che il pericolo travolge l’individuo che, immerso ed abbandonato nella solitudine, non riesce a discriminare tra il bene e il male.

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