Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Aprile 19 2023
«Il bosco è casa, non si può morire sbranati da un orso»

Il progetto Life Ursus è un modello che nella provincia di Trento ha fallito. Ora va ripensata la convivenza tra uomini e orsi

«Andrea Papi non era un povero sciocco, né uno sprovveduto: era un atleta coscienzioso, uno studente di scienze motorie. Ma anzitutto un amico. È stato aggredito e ridotto a brandelli mentre si allenava, come ogni giorno fanno in tanti nella nostra valle. Ho letto e ascoltato commenti assurdi di gente che si interroga sul perché non sia andato in palestra invece di avventurarsi nel bosco. Semplice: in Val di Sole siamo cresciuti lontani dai tapis roulant. Per noi la normalità è fare i chilometri sui sentieri forestali. Chi vive in città straparla senza conoscere il mondo della montagna. Se invece fosse stata aggredita una mamma con i suoi bambini sulla ciclabile, dove spesso incrociamo gli orsi, cosa avrebbero detto? Avrebbero dato la colpa a lei?». La voce di Mario Taller è quella di un’intera comunità che si interroga con preoccupazione sul futuro. L’orsa Jj4 nella notte di lunedì è finita nella trappola delle guardie forestali e adesso è imprigionata nel recinto del rifugio Casteller in attesa di conoscere il suo destino, ma in Trentino la questione legata alla convivenza con gli orsi è tutt’altro che esaurita.

«Lavoro come guida alpina dai primi anni 90. Gli orsi non rappresentano un problema mentre sono ad alta quota. Rischio di incontrarli solo quando di notte in solitaria salgo presto per raggiungere il rifugio in vetta. Se vai in gruppo la minaccia è inesistente. In due o tre persone non attaccano mai. Il vero pericolo è nei periodi fuori dalla stagione turistica. Quando non c’è il flusso di visitatori l’orso si avvicina di più alle case in cerca di cibo. Per 5 mesi l’anno dobbiamo fare attenzione quando andiamo nei boschi a fare la legna o a funghi e asparagi. Per non parlare delle feste con i bambini. Il mio giardino e il bosco si confondono diventando un tutt’uno. Esco di casa, attraverso il prato e mi ritrovo immerso nella natura. Anche noi umani abbiamo il diritto di vivere in tranquillità su questo territorio. Fare impazzire le persone impedendole di passare del tempo in questi luoghi per paura di incrociare un grande predatore sarebbe profondamente sbagliato. Vanno tenuti sotto controllo». In Trentino la convivenza tra persone e animali carnivori è messa a dura prova dai recenti attacchi di Mj5 e Jj4. Andrea Papi è il primo uomo ucciso da un orso in Italia, il quarto documentato in Europa negli ultimi 150 anni. L’origine dei problemi va inquadrata nella gestione del progetto Life Ursus, realizzato nei primi anni 2000 per ripopolare la valle di orsi. Gestione mai affrontata dalla politica.

«Gli orsi che sono tornati a popolare la valle proliferano concentrandosi perlopiù nella stessa area. I politici invece di cavalcare l’indignazione generale, facendo propaganda sulla pelle di uomini e animali, pensassero a trovare delle soluzioni reali nell’ottica di una convivenza». Secondo la provincia di Trento sono solo una settantina ma in realtà gli orsi che vivono in quei territori sono circa 180. «Orsi che non vanno neanche in letargo. Durante il primo lockdown invernale dovuto alla pandemia avevamo un’infinità di neve e come guida alpina ero autorizzato a muovermi sul territorio. Ne vedevo tanti che giravano. La specie trapiantata dalla Slovenia con il progetto Life Ursus è un orso diverso rispetto all’orso bruno storicamente presente da queste parti. Se non interveniamo con un censimento meticoloso di tutti gli esemplari tramite i radio collari, sarà sempre peggio. Dopo la primavera ne nasceranno altri 50. Occorre sterilizzare le femmine, non c’è altra soluzione. La provincia ha fallito nella gestione di questi animali». Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, ha firmato un’ordinanza di abbattimento contro JJ4, sospesa dal Tar in attesa del giudizio definitivo che arriverà l’11 maggio. Le associazioni animaliste Enpa, Leidaa e Oipa hanno diffidato la provincia da qualsiasi tipo di azione che possa minacciare la vita dell’orsa. E anche l’Ordine dei veterinari di Trento si è schierato contro l’eutanasia dell’animale.

«Trasferire 70 esemplari è impossibile sia da un punto di vista legale che organizzativo. Mi chiedo in che modo Fugatti ritenga di poterli narcotizzare, chiudere in gabbia e trasportare per chilometri. È una follia». Dario Rapino, avvocato e divulgatore ambientalista, ha commentato così le ultime dichiarazioni dell’esponente leghista. «Il progetto Life Ursus è stato un fallimento perché privo di una cultura del controllo. Prevenzione e informazione sarebbero dovuti essere due pilastri. Il radio collare di Jj4, orsa già segnalata prima dell’uccisione di Andrea Papi, era scarico. Ci rendiamo conto della gravità di una cosa simile? L’orsa era accompagnata dai cuccioli e ha agito seguendo i suoi istinti naturali. Non si può condannare a morte per questo». Nel merito sono dello stesso parere i genitori della vittima che però non smettono di chiedere giustizia. «In Trentino, con l’operazione di ripopolamento partita nei primi anni 2000, la classe dirigente ha pensato soltanto ad incassare i fondi pubblici dell’Unione Europea. Le conseguenze sono queste. Recuperare il tempo perso sarà estremamente difficile».