«Nell’arco di un’ora e mezza ci siamo ritrovati mezzo metro d’acqua in tutta l’azienda. Avevamo già affrontato fuoriuscite d’acqua dal canale vicino ma non ci aspettavamo un’esondazione così violenta e veloce». Tobia è dipendente di un’azienda agricola di floricultura che si trova a Igea Marina, in provincia di Rimini: l’alluvione che mercoledì scorso ha colpito l’Emilia-Romagna ha sommerso le migliaia di piante della serra che cura ogni giorno insieme alla compagna Fabiana, che ha ereditato l’attività dal nonno. «Il problema di un’esondazione del genere è che non si tratta di acqua piovana e basta, ma di detriti e fango che rendono molto difficile salvare le piante e pulire tutta l’area».
In passato, Tobia racconta di aver già dovuto gestire alcuni allagamenti. «C’è sempre stata dell’incuria da parte di chi gestisce il territorio: il canale vicino alle nostre serre è stato pulito solo qualche mese fa, ma il lavoro fatto non era buono, e soprattutto non c’è mai stato un mantenimento costante. L’ultima volta è stato il mio vicino a chiamare, dicendo che l’erba stava bloccando il passaggio dell’acqua». Fabiana e Tobia si considerano comunque fortunati: la loro azienda ha subito solo lo straripamento di un canale di scolo, mentre molte case e attività più vicine ai fiumi hanno perso tutto.
La zona più colpita dall’alluvione è stata il triangolo Bologna, Forlì-Cesena e Ravenna. Solo a Imola gli sfollati sono 400. «Di queste, un centinaio si trovano in albergo e il resto sono ospiti di amici e parenti, ma il numero delle persone coinvolte è molto più ampio: parliamo di circa 2000 soggetti» racconta a Zeta il sindaco della città, Marco Panieri. «La prima criticità che abbiamo dovuto affrontare è stata a Pieve Sant’Andrea: le frane hanno isolato la città e abbiamo dovuto usare l’elicottero per portare in salvo circa 25. Altre 180 sono state salvate con mezzi d’acqua». Le zone più colpite sono state quelle della Bassa Romagna, come Sasso Morelli e Sesto Imolese, dove la pioggia è stata molto più elevata della settimana scorsa, quasi il doppio.
«Una cosa così non si era mai vista. Abbiamo dovuto evacuare molte abitazioni: la situazione è estremamente complessa». Nella zona di Imola non ci sono state vittime, ma tra il Ravennate e Bologna i morti sono stati 13. Il rischio più concreto è ora rappresentato dalle frane, che isolano le città e costringono all’evacuazione. In tutta l’Emilia-Romagna, i comuni alluvionati sono 42 e gli sfollati 10 mila: per questo il sindaco di Imola sta continuando a radunare volontari e a verificare gli argini dei ponti.
A due giorni dall’alluvione, l’allerta rossa non è ancora rientrata. A Imola sono oltre 150 gli uomini e le donne che stanno lavorando tra i soccorsi, tra volontari, vigili del fuoco e protezione civile. «Ora dobbiamo aspettare che l’acqua defluisca per poi iniziare a sgomberare le case e a pulire» dice Panieri. L’attivazione dei servizi d’emergenza, intanto, è stata tempestiva: sono già attive una raccolta fondi e un sistema di servizi sociali e sociosanitari per le persone colpite. «Ci vorrà tempo per tornare alla normalità».