Esclusiva

Giugno 6 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 13 2023
Dio è un narcisista

Zlatan Ibrahimovic ama parlare di sé in terza persona. Ma se dietro al personaggio ci fosse un atleta che ha fatto dell’umiltà la sua forza?

«Volete fare un articolo critico spero» dice Aldo Serena quando gli chiediamo un commento sull’addio al calcio giocato di Zlatan Ibrahimovivc. Il Benjamin Button del calcio, che ha segnato più della metà dei gol dopo i trent’anni, chiude la sua carriera a 42 anni. «Sono come il vino, più invecchio e più divento buono» dice Ibrahimovic perché non c’è conferenza o citazione che non sia un’esaltazione di se stesso. 

Quando, dopo aver vinto il campionato svedese con il Malmo, a diciannove anni viene contattato dall’Arsenal per fare un provino risponde così: «Zlatan Ibrahimovic non fa provini. O mi prendete così o niente»

Il calciatore svedese ha creato un personaggio che è andato oltre il terreno di gioco. Appare nelle pubblicità e nei programmi televisivi con la maschera di chi fa ridere puntando su un’esagerata esaltazione di sé. E se invece dietro a questo personaggio ci fosse proprio l’opposto: una grande umiltà.  L’umiltà è la virtù per la quale l’uomo riconosce i propri limiti. Zlatan fa della dedizione il suo punto di forza, sacrifica tutto, perché sa che solo attraverso un allenamento duro e costante può compensare i propri limiti fisici anche dopo i trent’anni. 

«Secondo me no» risponde convinto Serena « è un narcisista che ha messo sempre al primo posto se stesso, anche sbagliando come per esempio a Barcellona.» È l’estate del 2009 e Zlatan, dopo una stagione nell’Inter dove ha litigato con i suoi tifosi,  anche invitando la Curva Nord a tacere con il dito indice davanti alla bocca, vuole andarsene da Milano. Passa al Barcellona in cambio di 69 milioni di euro e il cartellino di Samuel Eto’o, valutato 20 milioni. Guardiola, allenatore del Barca, vorrebbe far giocare lo svedese in funzione di Messi. Ibra non ci sta e la relazione con il mister si riassume in una frase: «La mia esperienza a Barcellona? È come comprarsi una Ferrari e guidarla come un Fiat”. 

«In un contesto in cui l’allenatore chiedeva massima disponibilità non si è adattato» continua Serena «era un pacchetto confezionato. Chi prendeva Ibra sapeva che alcune cose con lui non si potevano fare. Era un leader che condizionava le relazioni.» E l’addio al Barca coincide anche con l’addio alle speranze di vincere una Champions Leage. 

«Se avesse fatto il tennista non avrebbe avuto problemi, ma il calcio è uno sport di squadra. Bisogna avere rispetto degli altri. Ci vuole rispetto per l’allenatore e da giocatore devi rispettare i ruoli.» dice Serena. 

Ibrahimovic in campo ha uno stile unico. È campione di arti marziali e questo gli permette delle giocate che nessun’altro riesce a fare. «Ha il fisico di un atleta polivalente, un’ampiezza della falcata e la capacità di alzare la gamba anche a un metro e ottanta da terra» commenta Serena. Protagonista dell’ultimo scudetto del Milan dentro e fuori dal campo. Secondo Serena però  bisogna stare attenti perché anche lì «il suo modo di essere ha prevaricato mettendo in difficoltà l’allenatore».

Dovunque è andato Zlatan si è presentato baciando lo stemma o dichiarandosi tifoso fin da bambino di quella squadra. Questo gli è valso la nomea di mercenario. Eppure la sera del suo addio a San Siro piangevano adulti e bambini. Non è stato l’addio a un campione mercenario, ma il saluto di un popolo alla sua bandiera. 

«Se Ibrahimovic fosse una canzone per me sarebbe “We will rock you” dei Queen. Lui è Rock» conclude Serena. Allora poco importa se Ibra rispetti quella regola secondo cui i grandi campioni devono essere anche persone umili. Perché nel rock le regole esistono solo per essere infrante.

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