Esclusiva

Giugno 8 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 9 2023
Se Pinocchio fosse reale verrebbe subito scoperto

Da Mark Frank a Joe Navarro. Alcuni degli esperti mondiali di body language si confrontano su come possiamo interpretare il linguaggio del corpo

«L’essere umano inganna, ma non dà segnali come Pinocchio». Mark Frank – psicosociologo e direttore del Communication Science Center dell’università di Buffalo, a New York, esperto a livello internazionale di scienze del comportamento, sulla menzogna e l’inganno, facente parte dell’unità comportamentale dell’FBI – mette in chiaro che, se nella fiaba il «naso» del personaggio si allunga e l’inganno si rende evidente, nella realtà, interpretando il linguaggio del corpo, «non possiamo distinguere la verità dalla bugia, con una precisione del cento percento».

Se Pinocchio fosse reale verrebbe subito scoperto
Walt Disney Productions

Ce lo dice anche Joe Navarro, esperto mondiale di body language, di comunicazione non verbale, ex agente e supervisore dell’FBI. «Non è semplice individuare una bugia, perché l’essere umano è bravo a mentire. Una delle storie più interessanti è quella che ha riguardato Roderick James Ramsay, una spia condannata nel 1992 per essere stata coinvolta in un giro di spionaggio che vendeva segreti sulle difese europee. È una delle più grandi indagini di spionaggio nella storia dell’FBI. Non sapevamo che fosse una spia, ma quando sono andato a parlare con lui  specifica Navarro ogni volta che menzionavo un uomo che è stato arrestato in Germania, la sigaretta tremava nelle sue mani e non c’era ragione per lui di essere nervoso. Il ripetersi di questo tremore, ogni volta che parlavo di quella persona, mi ha portato a pensare che ci fosse una connessione fra di loro e questo mi ha spinto ad investigare».

Quando una persona ci parla, ascoltiamo le parole, cerchiamo una conferma di quello che dice nel volto, negli sguardi o nei gesti che possono comunicarci «segnali di angoscia, ansia, nervosismo e preoccupazione, ma non di inganno», perchè «non c’è una via certa per riconoscere la bugia attraverso la comunicazione non verbale. È la scienza che ci dice che noi non siamo molto bravi ad identificare l’inganno. Sono gli studi di Paul Ekman». L’esperto ricomincia dallo psicologo statunitense, pioniere nel riconoscere le emozioni, che ha sviluppato nel 1978, insieme all’omologo Wallace V. Friesen, il FACS, Facial Action Coding System, il sistema di codifica delle espressioni facciali che analizza ogni micro-espressione del viso umano. È il potere di carpire le emozioni, cogliendo le espressioni facciali.  Con l’esame dei movimenti muscolari del volto, la persona può esplorare la condizione emotiva di chi osserva.

«Una donna, durante un interrogatorio, era molto nervosa ed invece di calmarsi si agitava sempre di più, si mordicchiava le labbra, si toccava il collo e si sfregava la fronte. Io gli ho detto: ‘Sembri molto nervosa’, e poi le ho chiesto: ‘C’è qualcosa che ti dà fastidio?’. Ho pensato che volesse confessare qualcosa, ma lei mi ha risposto: ‘Quando ho parcheggiato, il tempo per la sosta era limitato. I minuti stanno passando, non voglio prendere una multa’. Avevamo letto i giusti segnali ma la causa non era perché lei fosse colpevole, ma solo perché non voleva essere sanzionata per avere parcheggiato illegalmente».

Quando c’è una continuità tra le parole dell’interlocutore e i segnali che il suo corpo invia, possiamo comprendere l’altro. Frank prosegue, delucidando che «alcuni metodi di lettura possono individuare un inganno con una stima dell’ottantacinque percento. I bugiardi sono meno disponibili, tendono a riferire dettagli meno rilevanti sul crimine e ad avere comportamenti incoerenti con le loro parole. I truffatori sono i più bravi in questo perché forniscono un’apparenza, una gentilezza che induce a fidarsi di loro. Con Inside the mind of a Con Artist, il documentario che abbiamo realizzato, lo abbiamo constatato. Sapevamo che si trattava di truffatori, ma se non lo avessimo saputo, molti di questi individui ci avrebbero ingannato. In un caso, una donna viene interrogata da un’agente di polizia e racconta di essere perseguitata da qualcuno che ha vandalizzato la sua casa. Il suo comportamento sembrava onesto, sincero ma aveva reazioni gravi, insolite alle domande scettiche e ciò suggeriva che potesse avere una sorta di disturbo dissociativo. Si scoprì che ce l’aveva».

La persona si dissocia, si scollega dal Sé, dalla sua personalità, si scosta dall’identità, dai pensieri, dalle emozioni e dai ricordi. Per queste ragioni, «era stata in cura da uno psichiatra. Quindi la donna stava fingendo di subire stalking e aveva vandalizzato la sua stessa casa».

L’interpretazione di un gesto non diventa una prova automatica di colpevolezza o di innocenza, come nella serie televisiva Lie To me, in cui il protagonista, uno psicologo, esperto della comunicazione non verbale, riesce sempre a capire quando una persona non dice la verità. Questo è quello che traspare nel commento conclusivo di Navarro, quando afferma che «non è come nei film, perché dobbiamo dimostrare, qualunque cosa, se è vero o no. Se qualcuno ci dice che domenica è stato al museo, alla mostra del David di Michelangelo, dobbiamo provarlo e, non possiamo farlo, cercando l’inganno».

Frank continua nella disamina, soffermandosi su un episodio che non l’ha coinvolto ma la dinamica dei fatti l’ha molto stupito. È il caso di «Aldrich Ames che lavorava per la CIA». È l’uomo, ex appartenente all’agenzia di spionaggio, in cui svolgeva ruoli di controspionaggio e di analista, che venne incriminato nel 1994 per spionaggio a favore dell’Unione Sovietica e della Russia. «Ames superò l’esame del poligrafo, ma si scoprirono altre informazioni che suggerivano che qualcosa non andava, anche se il test con la macchina della verità era apparso veritiero». «L’inganno come ci insegnano anche i filosofi – finisce Frank –  è qualsiasi cosa che ci trae in errore che può essere deliberato o meno, diversamente dalla menzogna, dal bugiardo che inganna deliberatamente, senza preavviso. Una tigre che inganna la preda, confondendosi con l’ambiente, non ha scelto la sua pelliccia per confondersi, ma l’ha scelta l’evoluzione. Quindi è un inganno, ma non è una scelta consapevole della tigre. Anche gli scienziati che studiano il comportamento animale si rendono conto di non poter stabilire con certezza se un babbuino o uno scimpanzè mentono deliberatamente, ma certamente possono ingannare i loro simili».

Nel caso dell’animale, anche in quello dell’uomo, l’incerto può diventare certo, per merito dell’investigazione. «Poiché – come scrive il filosofo Pierre Abélard – attraverso il dubbio siamo portati all’indagine, e attraverso l’indagine arriviamo alla verità».

Ascolta: Il Massacro