«È tardi! È tardi». Come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie, l’Italia corre orologio alla mano per terminare entro il 2026 l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Servono pianificazione, organizzazione, professionalità per “mettere a terra le risorse” e non perdere un’opportunità da 192 miliardi di euro.
Circa 10 di questi sono destinati solo al territorio di Roma e provincia, oltre un miliardo assegnato al comune di Roma Capitale per 279 progetti. Una realtà frammentata che mette insieme quartieri residenziali e periferie semi-dimenticate, accomunate da una serie di problemi.
Due anni e mezzo separano la città dalle scadenze europee e in tutta la capitale solo il 9% dei progetti è partito, senza che ci siano strumenti di monitoraggio ufficiale aggiornato e trasparente.
A inizio maggio la Segreteria per il Pnrr istituita da Roma Capitale ha confermato a Zeta il fatto che le pagine web illustrative dei dettagli dei progetti fossero ancora in costruzione e per questo non consultabili. Un mese dopo, il sindaco Gualtieri assicura il massimo impegno su questo fronte e l’apertura sul sito del comune di una «sezione specifica su cui consultare in modo chiaro e accessibile il quadro generale dei progetti, con i relativi importi e lo stato di attuazione».
Pur nella frammentazione socioeconomica della città, ovunque gli ostacoli hanno lo stesso nome: mancanza di dialogo. Mancanza di dialogo fra i progetti stessi e fra i Municipi e il Campidoglio che impone dall’alto progetti spesso irrealizzabili e per cui mancano figure professionali adatte ad attuarli.
Come nel reparto R5 di Tor Bella Monaca dove la sensazione è quella di una mancanza di una figura che faccia da intermediario tra le necessità del comune e le istanze della popolazione.
Una situazione che ha confermato Raffaele Barbato, direttore del dipartimento Pnrr e della pianificazione strategica di Roma Capitale, durante il terzo incontro organizzato dall’Osservatorio civico Pnrr, che si è tenuto venerdì 12 maggio allo Spazio M3 di Roma. «Oggi siamo nella fase di progettazione, autorizzativa e di aggiudicazione dei lavori. Quindi siamo ancora in una fase di cantierizzazione dei progetti», Barbato ha evidenziato il notevole ritardo con cui stanno procedendo alcuni dei progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per l’area di Roma Capitale e ha posto l’attenzione anche su altre problematiche come l’assenza di un’Agenda Urbana Nazionale, che evidenzia l’eccessiva frammentazione dei bandi Pnrr.
Secondo il sindaco, Roma sta rispettando tutte le tappe del piano, «già nella fase di partecipazione ai bandi, Roma Capitale ha avuto un tasso di successo vicino al 90%, sia nel rapporto tra numero di richieste e numero di domande approvate, sia all’interno dei bandi stessi. Tutti i progetti di diretta competenza di Roma Capitale hanno superato o stanno per superare la fase progettuale, molti con sostanziali progressi nelle conferenze dei servizi, altri in fase di aggiudicazione». Tra i cantieri aperti, citati da Gualtieri, anche «quelli di Villa Ada e quelli per 8 tra cinema e teatri dove si sta lavorando all’efficientamento energetico».
L’architetto Guido Ingrao, direttore tecnico dell’area progettazione di Zètema Progetto Cultura (società al 100% partecipata da Roma Capitale, ndr), conferma che fra questi si trova anche il Teatro India, con un investimento di 500mila euro. L’intervento, che riguarda la sostituzione dei fari di scena attuali con dei Led, per l’illuminazione del teatro, dovrebbe concludersi entro tre mesi. Rischia, invece, di non rispettare le scadenze e perdere il finanziamento il più grande progetto romano, quello di Cinecittà da 300 milioni di euro, per la costruzione di 13 nuovi teatri e la ristrutturazione di ulteriori quattro. Il totale di diciassette studios è stato infatti ridotto a nove dopo la riunione d’urgenza convocata dal ministro Raffaele Fitto lo scorso 11 luglio, per provare a centrare le scadenze con un obiettivo più ridotto.
Su Roma inoltre Gualtieri parla della scelta dei progetti come «le tessere di un mosaico che, messe insieme, formano un quadro complessivo, quello della Roma di domani, che deve essere più vicina alle persone, in grado di ricucire le distanze fisiche e sociali e di creare lavoro e sviluppo di qualità. E deve farlo nel segno delle tre dimensioni fondamentali del Pnrr: transizione ecologica, transizione digitale e innovazione e inclusione sociale». Diversi progetti, tuttavia non risultano nativi dello stesso Pnrr, alcuni sono in sospeso da anni e si possono retrodatare almeno a dieci anni fa, come la riqualificazione del Viadotto dei Presidenti, presentata per la prima volta nel 2013 dall’attuale Municipio III.
La visione di una nuova città in fondo c’è, ma è ostacolata dalla lentezza burocratica. Alessandro Panci, Presidente dell’Ordine degli architetti PPC (pianificatori, paesaggisti e conservatori) di Roma, per esempio dichiara a Zeta che «fin dai primi bandi oggetto dei finanziamenti del PNRR ci si è dovuti scontrare con la poca progettualità esistente, un organico insufficiente a dare risposta in tempi brevi e iter di gara che hanno aggiunto ulteriori incombenze e verifiche». Nel Comune di Roma ma anche su tutto il territorio nazionale, «le amministrazioni pubbliche sono state chiamate a dare riscontro in tempi molto brevi a una mole di lavoro ben superiore a quanto erano abituate ad avere». È in questo modo che si perde di vista la qualità dei progetti, prosegue Panci, poiché l’unico obiettivo diventa spendere i fondi e farlo nei tempi prefissati, senza curarsi del concetto di progettualità in senso lato.
Rimane quindi la difficoltà di rintracciare il quadro complessivo nell’ambito della rete di progetti in fase di attuazione a Roma, quella Roma di domani che secondo Gualtieri va disegnata tra problemi irrisolti e nuove opportunità, «una città innovativa, verde e sostenibile che cresce e crea sviluppo, contrasta le diseguaglianze e accorcia le distanze fisiche e sociali, ed è forte della partecipazione di tutte le cittadine e i cittadini. Tutto nella cornice organica della “Città dei 15 minuti” all’insegna della prossimità e della cura dell’educazione».
«Parlare di 15 minuti per la Capitale», afferma tuttavia Panci, «è una scommessa oltremodo ottimistica», ma proprio «in questo momento si deve puntare a traguardi importanti, anche se apparentemente visionari. Ci vuole e ci vorrà tanto impegno e lavoro da parte di tutti gli interlocutori».
Sembra comunque che non resti altro che aspettare. Entro il 2026 sapremo chi aveva ragione: se lo scetticismo di coloro che oggi dichiarano un ritardo nelle fasi di attuazioni dei progetti o la fiducia del sindaco che assicura la tempestività dei lavori.