Esclusiva

Agosto 3 2023
Un primo passo per tornare a vivere

Un ex paziente oncologico racconta quanto sia difficile tornare ad essere un cittadino sano per lo Stato, dopo essere guarito ufficialmente, e in che modo la legge Boschi-Marrocco potrebbe aiutarlo

«Trovo sbagliato il modo in cui si parla dei pazienti, che vengono definiti “eroi” anche dagli oncologi stessi: uno di loro mi ha detto “ce l’hai fatta”, ma non è che ce l’ho fatta io. Sono guarito grazie alla terapia. La legge sull’oblio oncologico farebbe sì che tutti coloro che sono ufficialmente guariti per la comunità medica abbiano la possibilità di tornare a vivere una vita normale, visto che finora i pazienti oncologici sono sempre stati ritenuti dalla società un inconveniente» racconta Lorenzo, giornalista di 27 anni che nell’aprile 2021 ha concluso definitivamente il ciclo di chemioterapia, durato due anni, per curare le metastasi comparse nel collo e nei polmoni dopo essersi sottoposto all’asportazione del testicolo da cui era partito il tumore.

Quando ha scoperto la malattia, Lorenzo viveva a Milano dove studiava filosofia, ma è dovuto tornare a Bergamo per affrontare una terapia particolarmente aggressiva e debilitante, la PEB [cis-Platino (P), Etoposide (E) e Bleomicina (B)], che prende il nome dai tre farmaci che vengono somministrati al paziente durante i quattro cicli della durata di cinque giorni, ripetuti ogni tre settimane. Oltre ai forti dolori fisici, che gli impedivano di alzarsi dal letto e di mangiare normalmente, Lorenzo ha sofferto soprattutto per la mancanza di un’assistenza psicologica costante, da cui trarre conforto soprattutto in un periodo di solitudine come quello della pandemia, quando gli ospedali erano blindati e non poteva vedere nessuno. «Lì a Bergamo c’era una volta ogni settimana o addirittura ogni due, ma con il fatto che prendevo psicofarmaci (che facevano affaticare il fegato) avevo problemi fisici e per questo mi hanno dovuto togliere le pastiglie. Quindi, l’unica cosa che facevo era pensare ed era il momento in cui avevo più bisogno di un sostegno, ma questo aspetto spesso viene sottovalutato dai medici».

Dopo aver scoperto il tumore, Lorenzo ha avuto la possibilità di ottenere l’esenzione 048, che dà diritto a ricevere gratuitamente prestazioni mediche e sanitarie, nonché farmaci correlati alla cura, per cinque anni «in quanto il paziente ha l’obbligo di monitorare la situazione. Per cui, ogni mese mi dovevo sottoporre a tac, ecografie e analisi del sangue, poi i controlli si facevano ogni due e poi ogni tre mesi. Ora vengo chiamato ogni sei mesi. Il punto è che i medici ti dicono “sì, sei guarito”, ma c’è comunque la possibilità di ricaduta intorno al 50% nei 5-10 anni successivi» spiega.

Il problema principale è che spesso gli effetti della chemioterapia si ripercuotono anche su tutti gli altri aspetti della vita quotidiana perché può capitare che la terapia crei altri tumori, in quanto comporta un’alta probabilità di ripresentazione del cancro. Per questo motivo, lo Stato italiano percepisce gli ex pazienti oncologici ancora come un “inconveniente” perché «se io volessi partecipare ad un concorso pubblico, la pubblica amministrazione non può correre il rischio che la persona si assenti per uno o due anni se si ammala di nuovo, anche se sono trascorsi dieci anni (dalla guarigione). Ma se io sono stato dichiarato guarito, tu ente pubblico mi stai colpevolizzando di essermi ammalato e di essermi dovuto curare perché insinui il dubbio che io non sia guarito definitivamente. Per questo, molti pazienti si ritrovano a pensare “ma allora che mi sono curato a fare, se lo Stato avrebbe preferito non saperlo?”» afferma Lorenzo, alludendo al fatto che purtroppo agli ex pazienti oncologici sia preclusa la possibilità non solo di partecipare ai concorsi pubblici, ma anche di chiedere un mutuo per comprare casa o di adottare un bambino.

Se fino ad oggi le istituzioni hanno privilegiato l’esigenza di autotutelarsi, spesso condannando molti cittadini ad una semi-vita, la proposta di legge sull’oblio oncologico presentata dalle deputate Maria Elena Boschi (Italia Viva) e Patrizia Marrocco (Forza Italia) sembra aver messo tutti d’accordo sulla necessità di rispettare la privacy di queste persone e di permettere loro di tornare a godere pienamente dei propri diritti.

Approvata all’unanimità dalla Camera il 3 agosto 2023, la proposta si focalizza sulla prevenzione delle discriminazioni e sulla tutela dei diritti delle persone che sono state malate di tumore più di dieci anni fa, ma tale periodo è ridotto a cinque anni nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento dei 21 anni. «La scienza ci dice che chi è guarito in modo definitivo ha le stesse aspettative di vita di una persona che non si è mai ammalata, per cui non c’è nessuna ragione per tollerare questa discriminazione. Con questa legge si supera tale ingiustizia» dichiara Maria Elena Boschi, una delle due promotrici del progetto di legge.

In Italia sono quasi un milione gli ex pazienti guariti che chiedono solo di poter dimenticare il passato e di tornare a vivere una vita normale e, grazie all’iniziativa Boschi-Marrocco, «una persona guarita non dovrà più allegare documenti, certificati, ricordare tutto il percorso della malattia per avere magari un semplice prestito. Potrà sentirsi guarita davvero, non solo per la scienza, ma anche per lo Stato, e potrà avere gli stessi diritti di chiunque altro» aggiunge la deputata di Italia Viva.

Se a livello europeo il diritto all’oblio oncologico è stato già riconosciuto da Paesi come Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo, l’Italia si sta impegnando molto anche nel campo delle malattie rare e ultra rare, soprattutto per aiutare i cittadini «che affrontano costi enormi per curarsi perché le malattie non sono ricomprese nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). C’è ancora molto lavoro da fare e penso che su questi temi si possa fare in modo condiviso, senza bandiere di partito» conclude con speranza Boschi.         

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