Esclusiva

Dicembre 4 2023
“Né giudici, né precettori”

«Facciamo un po’ di autocritica. Il nostro mestiere, che consiste nel chiarire ogni giorno, di fronte a quanto accade, le esigenze del buon senso e della semplice onestà interiore, non è esente da rischi. Per volere il meglio, ci si dà a giudicare il peggio e talvolta anche quel che è semplicemente meno peggio. Insomma, si rischia di assumere l’atteggiamento sistematico del giudice, dell’istitutore o del professore di morale. Da una simile deformazione professionale alla presunzione o all’insolenza non c’è che un passo. Speriamo di non avere mai fatto quel passo. Ma non siamo sicuri di essere sempre riusciti a evitare un rischio: dare l’impressione di crederci i detentori del privilegio della lungimiranza e della superiorità di chi non sbaglia mai. Il che non è. Noi coltiviamo infatti il sincero desiderio di collaborare all’opera comune con la pratica periodica di alcune regole di coscienza, delle quali – a nostro parere – la politica non ha fatto finora un largo uso. La nostra ambizione è tutta qui. E, beninteso, se facciamo notare i limiti di certe idee o condotte politiche, lo facciamo perché conosciamo anche i nostri, e cerchiamo di rimediarvi facendo ricorso a qualche scrupolo di coscienza. Tuttavia l’attualità ha un che di esigente, e il confine che separa la morale dal moralismo è impreciso. Per cui a volte ci succede, per stanchezza o per negligenza, di oltrepassarlo. Come sfuggire a tale pericolo? Con l’ironia. Senonché non ci troviamo a vivere, ahimè, in tempi di ironia. Ci troviamo a vivere, ancora, in tempi d’indignazione… È tutto difficile. La giustizia è insieme un’idea e un sentimento dell’anima. Cerchiamo di interpretarla per ciò che essa ha di umano, senza trasformarla in quella terribile passione astratta che ha vessato tanti uomini. L’ironia non ci è estranea, e non saremo certo noi a prenderci troppo sul serio»
Albert Camus, novembre 1944.