Esclusiva

Dicembre 14 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 15 2023
La morte di Anna riaccende il dibattito sul fine vita. «Serve una legge»

È il primo suicidio assistito col supporto del sistema sanitario. Ma il percorso per accedere a questo servizio è ancora troppo complicato

Il 28 novembre scorso Anna, signora di Trieste affetta da sclerosi multipla progressiva, ha avuto accesso al suicidio assistito dopo più di un anno di attesa. È un avvenimento storico: il primo esempio in Italia di morte medicalmente assistita a carico del Servizio sanitario nazionale. Anna è morta per mezzo di un farmaco letale che si è autosomministrata a casa sua, sotto la supervisione di un medico volontario della ASL. Aveva cinquantacinque anni, nell’ultima parte della sua vita era dipendente dalla continua cura dei suoi cari, si muoveva con molta difficoltà e faceva ormai fatica a parlare. Una condizione che non riusciva più a sopportare e che l’ha portata a rivolgersi all’Associazione Luca Coscioni, di cui è Tesoriere Marco Cappato, impegnata nella battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia.

Proprio l’Associazione Luca Coscioni il 13 dicembre ha organizzato una conferenza stampa a cui Zeta ha partecipato. «Siamo qui per puntualizzare alcune questioni riportate in modo non chiarissimo», ha dichiarato in apertura Matteo Mainardi, Coordinatore della campagna “Eutanasia Legale”. Presente alla conferenza anche Filomena Gallo, Segretaria nazionale e avvocata responsabile dei collegi legali dell’associazione.

È lei a raccontare la storia di Anna: «Si è rivolta a noi più di un anno fa per chiedere informazioni sulla Svizzera, e Marco Cappato le ha fornito informazioni su cosa era possibile fare in Italia». Il percorso però è tutt’altro che agevole. Il 4 novembre 2022 Anna ha chiesto alla ASL di applicare la sentenza numero 242 della Corte costituzionale, che sancisce la legittimità del suicidio assistito a determinate condizioni. Per più di sette mesi non è accaduto nulla, così il 7 giugno 2023 viene presentato un esposto per omissione di atti d’ufficio. Il tribunale di Trieste ha condannato la ASL, ordinando di proseguire. La vicenda si conclude con la soddisfazione del desiderio di Anna a fine novembre, 389 giorni dopo la sua prima richiesta.

La Corte costituzionale, dunque, si è già pronunciata e ha reso possibile il rispetto della volontà di alcuni pazienti incurabili. Per Filomena Gallo però questo non è sufficiente, serve una legge per «eliminare discriminazioni tra malati che non hanno tempo di attendere e che scelgono di porre fine alle proprie sofferenze». Ad oggi, come sottolineato dall’avvocata, le tempistiche sono indefinite e non esiste una procedura uguale per tutti. Inoltre, ci sono persone che soddisfano solo alcuni dei requisiti delineati dalle sentenze, e i nuovi disegni di legge non tengono conto di chi non è in grado di autosomministrarsi il farmaco. Per tutti questi pazienti ancora non esistono tutele, e i malati continuano a vivere una “sofferenza intollerabile”, come detto dalla stessa Corte costituzionale.

«Ad oggi il maggiore ostacolo a una legge sul fine vita è la mancanza di volontà politica», ha proseguito la legale dell’associazione, che ha esposto le sue preoccupazioni per questo vuoto normativo. «Il pericolo è quello di leggi inadeguate che costringono a rivolgersi ai tribunali. Ma intanto la vita delle persone non si ferma».

Sul fatto che una parte del paese continui a opporsi all’eutanasia, Matteo Mainardi ha risposto citando i dati sul sostegno popolare su questo argomento. «Secondo il Gazzettino nel nord-est Italia l’82% delle persone è favorevole. Inoltre, il CENSIS mostra che sette italiani su dieci sostengono questa causa. Il cambiamento culturale è già avvenuto, manca solo quello legislativo». È intervenuta su questo punto anche Gallo: «Con la raccolta firme sul referendum (per la legalizzazione dell’eutanasia, ndr.) c’è stata una partecipazione mai vista. Oltre un milione di persone sono andate a firmare».

Infine, l’Associazione Luca Coscioni ha sottolineato la differenza tra suicidio assistito ed eutanasia. Nel primo caso il paziente può azionare da sé il macchinario per la somministrazione del farmaco letale. Nel caso dell’eutanasia invece, il malato non può compiere da solo questa azione, ma necessita di qualcuno che provveda al trattamento. Se per la prima opzione ci sono state delle aperture che hanno reso possibile anche la scelta di Anna, sull’eutanasia rimangono delle difficoltà. «È anche il termine, ci dicono, che spaventa» – ha affermato ancora la Segretaria – «non conosciamo le motivazioni di questo tabù, che esiste solo nelle aule del parlamento, perché i cittadini dimostrano che invece la pensano diversamente». Un altro punto fondamentale richiamato dall’avvocata è la sensibilizzazione: «Bisogna fare campagne informative corrette. L’associazione Luca Coscioni ha un numero bianco per informazioni sul testamento biologico e altri temi».