Esclusiva

Gennaio 7 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 8 2024
Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia

In via Acca Larenzia, a Roma, ogni 7 gennaio prende vita un ambiguo rituale di commemorazione in onore di tre militanti assassinati il 7 gennaio 1978

Centinaia di braccia tese in un saluto romano tagliano l’aria fredda della prima domenica del 2024. In via Acca Larenzia, a Roma, ogni 7 gennaio prende vita un rituale di commemorazione vietato alla stampa di fronte a quella che – un tempo – era la sezione del Movimento Sociale Italiano, il partito in cui erano confluiti i nostalgici della Repubblica di Salò mussoliniana. L’arrivo di fronte alla sezione del Msi è preceduto da un breve corteo, in cui centinaia di uomini – giovani e anziani – e qualche donna marciano incolonnati come soldati. Giunti in via Acca Larenzia, alcuni di loro con addosso un fratino rosso (una sorta di “servizio d’ordine”) spiegano ai militanti come posizionarsi: tutti allineati, in file dritte. Poi, l’urlo: “per tutti i camerati caduti!”. E la risposta della folla: “presente”, accompagnata dai saluti romani.

È il loro omaggio a Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, attivisti del Fronte della Gioventù assassinati proprio qui il 7 gennaio 1978, i primi due vittime di un gruppo denominato Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, che rivendicò le uccisioni, l’ultimo delle forze dell’ordine intervenute dopo le proteste.

Su quegli omicidi si è espressa anche la premier Giorgia Meloni che, da leader del partito considerato erede del Msi, ha parlato di una “strage rimasta senza colpevoli” e che ha visitato l’ex sede neofascista nel 2008. Sul pavimento in piastrelle di marmo di Via Acca Larenzia, proprio di fronte alla porta in ferro dell’ex sede missina chiusa con un grosso lucchetto, è stata dipinta un’enorme croce celtica – simbolo dell’estrema destra mondiale – visibile anche dalle immagini satellitari di Google maps. Inutili gli appelli dei residenti che da anni ne chiedono la rimozione. Tutti la conoscono, tutti sanno dove si trova, ma nessuno ha il coraggio di rimuoverla.

Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia

Lungo la via, una fila di bandiere dell’Italia sventola di fronte ai palazzi. E, accanto alla porta d’entrata, nel 2012, i militanti hanno sostituito la targa commemorativa apposta nel 1978, modificando la dicitura “vittime della violenza politica” con la scritta “assassinati dall’odio comunista e dai servi dello Stato” a cui segue la firma “i camerati”.

A Colli Albani è l’intero quartiere a farsi testimone di questa pesante eredità. Facendo un giro per le vie circostanti, è un trionfo di manifesti, slogan e sigle dalle tinte piuttosto chiare. Proprio dietro Via Acca Larenzia, angolo Via Evandro, nel 2017 è stata aperta le sede del movimento di estrema destra Casapound, che oggi secondo Google sarebbe “chiusa definitivamente”, nonostante i manifesti pro-nucleare siano ancora ben visibili sui muri. E a dare il benvenuto nel quartiere, nella porzione di Via Tuscolana che affaccia su Colli Albani, è la gigantesca scritta “Acca Larenzia” con la canonica croce celtica.

Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia
Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia

In questo filo sottilissimo tra ricordo e nostalgia – volenti o nolenti – vivono gli abitanti del quartiere, su tutti i condomini di Via Acca Larenzia. Il “presente” urlato a voce piena il 7 gennaio risuona sin dentro le case. Ed è così che ogni anno le scritte sui volantini, le rivendicazioni che appaiono sui muri, l’enorme croce celtica e la trafila di tricolori sembrano prendere forma umana, trasformandosi in volti, in persone, in braccia sollevate al cielo.

Anche per il 2024, l’appuntamento – si legge nei manifesti comparsi a decine sui muri – è attorno alle 18 di fronte all’ex sede del Msi. Ma i “preparativi” iniziano sin dai giorni precedenti: sulle strade circostanti, una “determinazione dirigenziale” vieta la sosta e la fermata dalle ore 13 del 6 gennaio e per tutta la giornata del 7 gennaio, con una volante della Polizia presente giorno e notte in Via Evandro. E in via Acca Larenzia, la sera dell’epifania, compaiono due coppie di manifesti circondate da quattro lumini, di fronte alle quali ogni tanto qualcuno lascia una rosa o prega.

Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia
Il 7 gennaio nero di Via Acca Larenzia

«La commemorazione del 7 gennaio è uno dei casi più clamorosi di manifestazione dichiaratamente fascista», il commento di Fabrizio De Sanctis, presidente Anpi provinciale di Roma. Il corteo – spiega – «avviene in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni a un progetto ricostitutivo, quindi in condizioni di punibilità». Tra saluti romani e “presente” «ritenere prevalenti gli intenti commemorativi sulla evidente volontà di richiamarsi a principi e metodi del regime fascista è inverosimile».

E sull’enorme croce celtica dipinta in via Acca Larenzia, De Sanctis conferma come Anpi ne abbia più volte chiesto la rimozione alle Autorità. «Sono evidentemente prevalenti considerazioni di pericolo per l’ordine pubblico», spiega. Insomma: tutto sarebbe fermo a causa di timori e malcelate paure. «Nell’eclettico e mutevole assemblaggio di simboli attorno a un nazionalismo esasperato, al culto della violenza e della morte, alla guerra, ponendosi all’ideale del servizio di ristrette elite nel mito conculcatore, con la dittatura terroristica di tutte le libertà del popolo, il fascismo non è mai morto», conclude De Sanctis. Verso sera, in via Acca Larenzia la commemorazione del 7 gennaio si conclude. E ricomincia quella – eterna – vissuta dai suoi abitanti, tra simboli, manifesti e un’enorme croce celtica.

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