Esclusiva

Gennaio 18 2024
Come cambia l’universo con la scoperta del Big Ring

Un grande anello di galassie, lungo 1,3 miliardi di anni luce, è stato scoperto dalla ricercatrice Alexia Lopez. Ne parla lo scienziato Sylos Labini

Una catena di galassie, lunga 1,3 miliardi di anni luce, ribattezzata Big Ring, ha scosso il mondo scientifico. Scoperto dalla dottoranda Alexia Lopez della University of Central Lancashire, la mega struttura a forma di anello è stata presentata in occasione del 243° meeting dell’American astronomical society, a New Orleans. 

La scoperta rappresenta una rarità cosmica, considerando che, al momento, sono note solo poche altre strutture con proporzioni paragonabili e invisibili ad occhio nudo. Le dimensioni del nuovo anello di galassie superano infatti il limite di 1,2 miliardi di anni luce calcolato per raggruppamenti simili. 

Il “Grande Anello” è stato rilevato mentre Lopez analizzava l’assorbimento della luce emessa da una sorgente lontana da parte di un gas presente nello spazio intergalattico. Questo ha permesso di mostrare l’esistenza di questa grande struttura di galassie. Un elemento chiamato Mgll, collegato alle galassie e agli ammassi di galassie le ha rilevate in maniera accidentale. 

Durante la conferenza, avvenuta una settimana fa, la studentessa aveva espresso il suo parere, smuovendo anche quello dei cosmologi. Il Financial Times riporta le sue parole: «Ci sono chiaramente persone che vogliono proteggere il Modello Standard». La sua scoperta potrebbe indurre quindi gli scienziati a rivedere alcuni dei principi fondamentali dell’universo? Lopez sostiene che il Modello Standard della cosmologia potrebbe essere messo in discussione, e con lui tutto ciò che sappiamo dell’universo ad oggi. 

Ad avere un parere discordante è il fisico ed esperto in cosmologia e strutture a larga scala Francesco Sylos Labini, nonché dirigente del centro ricerche “Enrico Fermi”. Sylos Labini racconta a Zeta: «Lo studio dell’universo ha dimostrato l’esistenza di strutture su piccola, media e grande scala. Studio che noi avevamo già analizzato tre anni fa nel nostro centro. È bello vedere che dalla teoria si passa alla pratica, ma questo sicuramente non sconvolge il Modello Standard. Lopez insieme al suo team ha trovato una struttura molto estesa, il problema però è che bisogna caratterizzarla da un punto di vista statistico, e questo ancora non è stato fatto. Qual è la probabilità di osservare una cosa del genere in diversi volumi spazali? Per stimarlo dovremmo avere tanti pezzi di cielo. Hanno avuto fortuna».

La scoperta della studentessa, ad oggi, non è stata ancora messa nera su bianco in un articolo scientifico su una rivista specialistica, poiché deve superare la verifica degli esperti, il cosiddetto “Referee Report”. Alcuni cosmologici hanno fatto resistenza. Secondo Sylos Labini il motivo è semplice: «Il modello cosmologico standard stesso afferma che ci sono strutture di galassie molto più piccole, quasi un decimo del Big Ring. È normale che ci sia un po’ di spaccatura in merito». Ciò non preclude il fascino: «Noi avevamo già fatto delle ricerche su questo argomento, e mi sento confortato che articoli scritti in passato vengano confermati con questi nuovi dati. Il fascino sta proprio nell’inaspettato, come in questo caso. Oggi si pretende di avere subito la teoria che spieghi l’evoluzione dell’universo, ma questa deve essere rivista. Spiegare lo spazio è assurdo. Dovremmo invece imparare da queste osservazioni, sono cibo per il pensiero». 

Dopotutto nella scienza non c’è domanda più cruciale di come tutto abbia avuto inizio, è ciò che scuote la nostra anima. L’esperto conferma: «Certe strutture non possono essere nate dall’universo primordiale. Sono strutture di galassie che si sono formate in quello già evoluto. Strutture come il Grande Anello devono essersi formate dopo. La questione chiave è quindi capire a che scala l’universo diventa omogeneo». 

L’enigma delle megastrutture cosmiche, insomma, non fa che infittirsi. Utilizzando lo stesso metodo, in passato Lopez aveva già scoperto un corpo a forma di arco gigante, che si estende per 3 miliardi di anni luce. Struttura che si trova proprio accanto al Grande anello. Per la scienziata, i due ammassi potrebbero far parte di un’unica struttura che si sta separando con l’espansione dell’universo. Ma in Italia del Big Ring e di Lopez poco si parla. Il dirigente di ricerca del centro “Enrico Fermi” riassume il perché: «Non c’è un grande coinvolgimento di questi temi perché non c’è una vera e propria divulgazione scientifica italiana. Oggi esiste come rivista solo “Le scienze”, uno spin off di “Scientific american”, che copia e traduce tutte le ricerche interne. Oltre a questo, non c’è nient’altro. La via per migliorare questa mancanza è inserire all’interno dei quotidiani meno pagine di oroscopo e più pagine di scienza. Qualcuno lo fa in maniera del tutto estemporanea, ma bisogna alzare il livello all’interno dei media italiani».

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