Esclusiva

Gennaio 23 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 29 2024
La fuga dei calciatori e il progetto dell’Arabia Saudita

La Saudi Pro League, massimo campionato saudita, è alle prese con i malumori di alcuni importanti giocatori fra cui Karim Benzema

Dopo aver speso 949 milioni di euro in una sola sessione di calciomercato, l’Arabia Saudita potrebbe perdere alcuni dei suoi migliori giocatori. Karim Benzema, attaccante ex Real Madrid, è scomparso per tutte le vacanze natalizie e per altri diciassette giorni. Aymeric Laporte, difensore ex Manchester City, ha criticato apertamente le società saudite in un’intervista ad As, quotidiano sportivo spagnolo. Jordan Henderson, ex capitano del Liverpool, ha già fatto le valigie per tornare in Europa.

 «Sembra aver perso la voglia di giocare», aveva affermato il giornalista sportivo saudita Abdel Karim Al Jasser sulle ultime prestazioni del francese Pallone d’Oro del 2022. Fabrizio Romano, fra i giornalisti più influenti del mondo sul tema del calciomercato, ha ipotizzato un suo trasferimento d’ufficio ad un’altra squadra del campionato saudita fra quelle di proprietà del Public Investment Fund (PIF), il fondo d’investimento dell’Arabia Saudita.

Pur di tornare a giocare in Europa, Henderson ha rescisso il proprio contratto da 3,2 milioni di euro al mese con l’Al-Ettifaq e ha firmato con gli olandesi dell’Ajax. Dato il grande sostegno del giocatore alle lotte per i diritti della comunità LGBTQI+, aveva suscitato scalpore il suo trasferimento in un paese in cui essere omosessuale può comportare la pena di morte. Henderson, che in un’intervista a The Athletic aveva detto «Nella mia vita e nella mia carriera il denaro non è mai stato una motivazione», ha rinunciato al suo intero stipendio di sei mesi pur di tornare nel calcio europeo.

«È un po’ prematuro parlare di fallimento, così come si è parlato di successo troppo presto», spiega Nicola Sbetti, docente all’Università di Bologna e studioso delle relazioni fra sport e geopolitica, «C’è un po’ il sensazionalismo dell’abbandono».

«Non rispettano gli accordi presi. Ci sono molti giocatori insoddisfatti. Non ci hanno reso le cose facili», ha dichiarato Aymeric Laporte per spiegare la disorganizzazione delle società saudite. Secondo Sbetti, questi malumori e queste voci sono «Un piccolo segnale di debolezza del progetto dell’Arabia Saudita», ma «La vera stella, Cristiano Ronaldo, sta continuando a sostenere il progetto». Non dobbiamo dimenticare che la FIFA, l’organizzazione mondiale del calcio, ha assegnato al regno saudita anche l’organizzazione del Mondiale maschile del 2034.

Con la faraonica campagna acquisti della scorsa estate, il calcio saudita è diventato il campionato di punta in Asia, superando gli sforzi fatti negli anni precedenti dai vicini Emirati Arabi Uniti e Qatar, ma il vero obiettivo è molto più ambizioso. «Così come fatto dagli emirati vicini», dice sempre Sbetti, «Si vuole usare lo sport – non solo il calcio – per modernizzare il paese, per entrare nei mercati internazionali, per costruirsi prestigio e influenza culturale». Obiettivi già dichiarati dal Regno saudita in un documento pubblico chiamato Saudi Vision 2030.

Siamo ben oltre lo sportwashing, il “ripulirsi la faccia” macchiata dal mancato rispetto dei diritti umani con investimenti nello sport. Il calcio è usato per costruire soft power, la capacità di essere influenti nel mondo e nelle relazioni internazionali senza usare strumenti militari o economici. Una pratica che è stata portata avanti «Dalle democrazie quanto dai paesi autoritari. Non è necessariamente una cosa negativa», spiega Sbetti. L’Arabia Saudita si è data degli obiettivi importanti da cui dipendono il suo futuro e la sua immagine. Il calcio è uno degli strumenti con cui vuole raggiungerli. Se Benzema se ne andrà, arriverà qualcun altro, ma «Fino al 2034 – anno in cui il paese ospiterà il mondiale – l’investimento nel calcio continuerà» conclude il professore.