Alle prossime elezioni europee 4,9 milioni di studenti e lavoratori fuorisede italiani potrebbero rimanere ancora una volta senza voce. Le legge che permetterebbe a questa categoria di elettori di votare in un Comune diverso da quello di residenza rischia di non essere approvata entro l’appuntamento alle urne di giugno 2024. «I tempi appaiono oggettivamente ristretti», ha sentenziato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi rispondendo al question time alla Camera. Nel corso degli anni, sono state innumerevoli le proposte promosse da diversi fronti per arginare il problema, ma senza successo.
Ci ha provato il Partito Democratico (PD), col disegno di legge presentato da Marianna Madia e calendarizzato per luglio 2022, ma naufragato a causa della caduta del Governo Draghi. Poi, durante l’attuale legislatura, è approdato alla Camera il “voto anticipato presidiato”, una nuova proposta illustrata a Zeta da Alessandro De Nicola del Comitato “Voto dove vivo”, che da anni si batte per i fuorisede: «Questo sistema avrebbe permesso di votare per il proprio collegio di residenza a distanza e in sessioni anticipate attraverso dei seggi presidiati. Le schede sarebbero state poi recapitate nella circoscrizione di residenza». Anche stavolta, un nulla di fatto: «La proposta è stata calendarizzata e discussa in Commissione Affari Costituzionali della Camera. Poi, però, il relatore di maggioranza ha deciso per un emendamento sostitutivo, che è passato e che ha smontato la nostra proposta, sostituendola con una delega al Governo, che adesso dovrà disciplinare questa materia», afferma sconsolato De Nicola. Insomma: spetterà all’esecutivo colmare il vuoto normativo.
«La delega – spiega De Nicola – non specifica quale sia la modalità di voto per i fuorisede, tutto viene lasciato in mano a una futura scelta del Governo». E anche una possibile calendarizzazione non sarebbe del tutto rassicurante: «Anche se il testo passasse in Senato, dovremmo comunque attendere i 18 mesi che la delega concede al Governo per poter disciplinare la questione», aggiunge De Nicola. Un’altra difficoltà, secondo lui, non è ignorabile: «L’emendamento della maggioranza non permette ai fuorisede di votare alle elezioni politiche, ma solo a quelle Europee o ai referendum. Si tratterebbe dunque di una misura debole già in partenza».
Se la situazione – come sembra probabile – non si sbloccherà, gli studenti e i lavoratori fuorisede dovranno tornare nel proprio Comune di residenza per poter votare. Prendere treni, cambiare piani e mettere da parte le proprie urgenze. Oppure, a malincuore, rinunciare.
Silvia, 25enne calabrese che studia Medicina all’Università La Sapienza di Roma, racconta: «Per uno studente fuorisede tornare nel proprio Comune per votare è quasi impossibile – dice – Anche se potessi permettermelo economicamente, non potrei per ragioni di studio, visto che giugno è mese di esami, tirocini, per non parlare di borse o lavori part-time. Eppure, in quanto cittadini europei, dovremmo avere tutti il diritto di esprimerci». La pensa così anche Elisa, sarda, 23 anni, iscritta a Roma alla facoltà di Letteratura, musica e spettacolo: «Avrei voluto scendere in Sardegna per votare, ma i biglietti partono da un minimo di 200 euro e non posso permettermelo. Senza contare che in quel periodo sarò in sessione».
Categorico il parere di Rachele Scarpa del PD che, a 25 anni, è la parlamentare più giovane eletta nell’attuale legislatura: «L’atteggiamento quasi ostruzionistico della maggioranza sulla questione è politico. La mia spiegazione è semplice: dei 5 milioni di persone oggi escluse dal voto in quanto fuorisede ci sono tantissimi giovani, una categoria che esprime notoriamente voti lontani dal Centrodestra. Si tratta di mera convenienza politica, come è evidente anche dalla scelta di optare per una legge delega, che esclude le elezioni politiche e svuota del tutto la proposta iniziale, maturata dopo anni di studi».
«Non bisogna strumentalizzare i ragazzi per fini politici, loro hanno un pensiero libero e indipendente che va rispettato», la replica di Domenica Spinelli, senatrice di Fratelli d’Italia e segretaria della Commissione Affari Costituzionali. «Il ragionamento, più che politico, deve essere tecnico, in modo da fare la migliore legge possibile», aggiunge Spinelli. Che, in ultimo, respinge ogni accusa di ostruzionismo: «Il presidente della Commissione Balboni sta facendo il massimo in termini di velocità. Ci sono tempi certi: l’audizione è per l’8 febbraio, il 12 sarà il limite per presentare emendamenti. Più di questo credo che non si possa fare».
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