«Gli atti terroristici degli Houthi incutono insicurezza sociale, paura e incidono sulla libertà di navigazione nel Mar Rosso, ma siamo lontani da un rischio diretto di attacchi alla sicurezza italiana», racconta l’ammiraglio Giuseppe Lertora, ex comandante in capo della Squadra Navale, il vertice dell’organizzazione operativa della Marina militare.
«L’Italia sarà un bersaglio se parteciperà all’aggressione contro lo Yemen», ha affermato Mohamed Ali al-Houthi – membro apicale della milizia ribelle e cugino dell’attuale leader Abdul Malik al-Houthi – sulle pagine di Repubblica, rispondendo alla missione europea Aspides.
«La milizia ha un impatto non trascurabile, ma non credo che sia una grande minaccia, perché le sue capacità sono abbastanza limitate, non riuscirà con le sue forze a bloccare lo stretto di Bab el-Mandeb», prosegue Lertora. «La situazione non è delle migliori, ma lo scopo degli Houthi è di tipo religioso, economico ed energetico».
Riconoscendo come sia difficile prevedere gli sviluppi di una situazione fluida e della crisi in atto, l’ammiraglio afferma che gli attori principali, ovvero l’Iran e la Cina, vigilano affinché la situazione conflittuale non degeneri, perché sarebbe contro i loro interessi primari.
La missione europea Aspides
In risposta agli Houthi, l’Unione europea prepara la missione aeronavale difensiva Aspides (dal greco “scudo”). L’obiettivo è proteggere le navi mercantili dalla violenza dei ribelli nelle acque del Mar Rosso. Il lancio sarà formalizzato il 19 febbraio dall’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell. L’Italia avrà il comando operativo della missione in mare. «Se c’è un attacco si reagisce, non ci faremo intimidire», ha dichiarato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale.
Il cacciatorpediniere Caio Duilio coordinerà la missione e sarà accompagnato da una fregata tedesca, una greca e una francese.
«L’operazione Aspides è valida e giusta, ma l’attivazione è limitata. Si tratta di un embrione di Unione europea, perché per i 27 paesi le navi sono poche, anche rispetto all’estensione del Mar Rosso», afferma Lertora.
«Magari altre navi si aggiungeranno, è necessario ampliare con assetti navali e di sorveglianza aerea». L’ammiraglio applaude l’approccio difensivo dell’operazione, considerandolo «Il più corretto per il nostro continente», ma ammette che «è altrettanto condivisibile l’approccio “prosperity guardian” degli americani e degli inglesi, totalmente diverso da quello europeo».
Il Mar Rosso: un’area decisiva
Il Mar Rosso collega il Golfo di Aden, e dunque il Mar Arabico con il Canale di Suez, facilitando il traffico di merci tra Asia, Africa e Europa. In particolare, è bersagliato lo Stretto di Bab el-Mandeb, l’ingresso sud del Mar Rosso, largo 40 chilometri e lungo 130, un cuneo tra il Corno d’Africa e la punta meridionale della penisola arabica.
«L’impatto geostrategico del Mar Rosso e del Canale di Suez nei traffici è evidente per l’Italia. Da lì passano per noi il 40% di tutte le risorse energetiche, dal gas al petrolio, e il 25-30% delle materie prime», spiega Lertora. «Oggi ci sono limitazioni al transito e da Suez si riscontrano problemi per la circolazione e il traffico delle merci più disparate». I dati dimostrano l’importanza di questo mare: da qui passa il 12% del commercio marittimo di petrolio, l’8% del grano globale e l’8,5% del gas naturale liquefatto.
L’ammiraglio si concentra sugli effetti della situazione attuale per l’Italia: «La parziale limitazione alla libertà di navigazione fa soffrire i nostri porti di Genova, Livorno, Gioia Tauro e Trieste. C’è una paralisi nelle nostre realtà portuali e dopo ci saranno conseguenze in termini di disoccupazione».
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