Esclusiva

Febbraio 3 2024
Bombe su Siria e Iraq, Biden sfida l’Iran

L’esercito USA risponde agli attacchi dell’Iran e delle sue milizie ribelli in Medio Oriente. Ne parla a Zeta il generale Vincenzo Camporini

«La nostra risposta è cominciata oggi. Continuerà quando e dove sceglieremo», ha affermato il presidente americano Joe Biden, che aveva promesso un contrattacco dopo la morte di tre soldati in Medio Oriente.

Gli Stati Uniti hanno reagito contro l’Iran, colpendo più di 85 obiettivi legati alla Guardia rivoluzionaria iraniana, in sette località mediorientali, quattro in Siria e tre in Iraq.

L’azione americana è la risposta all’uccisione, nello scorso 28 gennaio, di tre soldati nella Tower 22, base situata nel nord-est della Giordania, al confine siriano e iracheno. L’attacco era stato rivendicato dalla Resistenza islamica in Iraq, un gruppo sostenuto dal regime iraniano.

«Per l’opinione pubblica americana è importante vedere nel presidente una leadership adeguata a fronte delle crisi che si stanno sviluppando», afferma Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, in vista delle elezioni presidenziali di novembre. «È importante che all’elettore dell’Iowa o del Kentucky, che sa poco o nulla delle dinamiche internazionali, venga spiegata l’importanza di quel quadrante per gli Stati Uniti».

Secondo le forze armate statunitensi, sono stati colpiti centri di comando e di controllo, missili, razzi, logistica e depositi di droni. La controffensiva americana è stata condotta con i bombardieri b-1 a lunga gittata.

Il ministero della difesa siriano ha parlato di “sfacciata aggressione aerea”, mentre non c’è stata ancora una reazione ufficiale da parte dell’Iran.

«Non cerchiamo un conflitto, né in Medio Oriente, né in qualsiasi altro luogo, ma il presidente e io non tollereremo attacchi contro le forze americane», ha dichiarato Lloyd Austin, segretario alla difesa americano. Dall’aggressione del gruppo terroristico Hamas contro Israele nella Striscia di Gaza dello scorso 7 ottobre, le truppe statunitensi hanno subito oltre 160 attacchi in Iraq, Siria, Mar Rosso e Giordania.



L’”asse della resistenza”: le milizie ribelli al servizio dell’Iran

Da mesi si ripetono scontri tra contingenti occidentali e attori legati all’Iran. Tra questi ci sono il gruppo radicale libanese Hezbollah, la Resistenza islamica in Iraq, e gli Houthi, milizia che controlla gran parte dello Yemen, e minaccia la libertà di navigazione e il commercio mondiale nel Mar Rosso.

«Gli Houthi hanno dimostrato di essere un gruppo agguerrito ed efficace perché alimentato dal regime iraniano, che permette loro di aumentare la capacità di fuoco e lo standing militare», prosegue Camporini, spiegando i rapporti di forza e gli equilibri in Medio Oriente. «Occorre chiedersi qual è la strategia dell’Iran. Il supporto agli Houthi si inserisce nella lotta per la supremazia regionale nel Medio Oriente che lo vede contrapposto all’Arabia Saudita e alla Turchia».

Nel mese scorso, Stati Uniti e Regno Unito, appoggiati da Australia, Bahrein, Paesi Bassi e Canada, hanno colpito insieme le postazioni degli Houthi.

«Il gruppo yemenita incide direttamente sulla libertà delle linee di comunicazione. In un mondo globalizzato come quello in cui viviamo, la libertà dei traffici è vitale. Come succede nell’organismo umano, se interrompi un’arteria si va in cancrena», conclude Camporini.

Mercoledì 31 gennaio, è arrivata la prima reazione statunitense agli attacchi degli Houthi e dell’Iran. Il cacciatorpediniere lanciamissili Uss Carney (DDG-64) ha abbattuto nel golfo di Aden, nell’Oceano indiano, tra lo Yemen e la Somalia, tre droni iraniani e un missile balistico lanciato dalla milizia yemenita. La notizia è stata comunicata dal Centcom (Central Command), il comando militare statunitense per il territorio mediorientale.