Arrivano i trattori davanti al Parlamento europeo di Strasburgo. Non centinaia, come riportato da alcuni media italiani, ma appena una ventina, con i megafoni e i barbecue fumanti. Abbastanza rumorosi da attirare l’attenzione degli eurodeputati, che proprio in queste ore hanno discusso gli obiettivi climatici da raggiungere entro il 2040. Il green deal da settimane ha scatenato le rivolte del settore agricolo in tutto il Continente.
Il pacchetto di misure, derogato al 2025, prevede l’obbligo di tenere incolto il 4% del terreno arabile per avere accesso ai finanziamenti europei. In alternativa, gli agricoltori possono scegliere di coltivare legumi fissanti l’azoto (come lenticchie, piselli o fave) sul 7% dei loro terreni. L’obiettivo è migliorare le condizioni del suolo, deteriorato a causa della siccità e degli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni. Molte aziende, però, si rifiutano di adeguarsi agli standard per ottenere le sovvenzioni, che dal 2021 al 2027 ammontano a 390 miliardi di euro (circa il 20 per cento del bilancio comunitario).
L’aumento dei requisiti viene percepito come un taglio ad un settore già compromesso dalla diminuzione dei prezzi dei beni agricoli, a fronte di un aumento dei costi di produzione. Complici le politiche di importazione europee e gli aiuti all’agricoltura ucraina.
Il portavoce dei manifestanti a Strasburgo denuncia: «L’Unione sostiene di difendere il settore agricolo, eppure fa tutto il contrario. Ci impone vincoli irraggiungibili e poi fa entrare nel mercato prodotti di bassa qualità, come il grano neozelandese o statunitense».
Gli agricoltori costituiscono il bacino elettorale storico del Partito Popolare Europeo (PPE), di cui la stessa presidente della Commissione fa parte. Nel corso della plenaria durante la mattinata del 6 febbraio, Ursula Von Der Leyen ha dichiarato: «Non voltiamo le spalle agli agricoltori, che meritano ascolto e attenzione. Le loro condizioni economiche sono peggiorate: bisogna garantire una retribuzione adeguata per tutti. Non possiamo, però, dimenticarci della natura. La priorità è proteggere il suolo e promuovere una produzione sostenibile».
A difesa dei lavoratori si esprimono anche il leader del PPE, Manfred Weber, e altri esponenti di destra e centrodestra. Aurelia Beigneux, del partito sovranista Identità e Democrazia, afferma: «Gli agricoltori hanno ragione da vendere. L’Unione li ha abbandonati, additandoli tra le cause del cambiamento climatico. Non è l’Europa il problema: i responsabili sono altri».
Anche dai liberali e dalla sinistra arrivano parole di solidarietà alla categoria. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, afferma la necessità di un dialogo continuo, per adeguare le normative alle richieste dei lavoratori. Silvia Modig, del gruppo parlamentare La Sinistra, reclama nuovi sussidi a supporto delle piccole aziende, mentre il centrista Pascal Canfin di Renew Europe dichiara: «Dobbiamo smettere di puntare il dito contro gli agricoltori. L’industria e altri settori produttivi sono i principali attori del riscaldamento globale».
In una conferenza stampa del pomeriggio, la segreteria del Partito Democratico Elly Schlein ha colto l’occasione per attaccare la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Il Governo continua a negare le proprie responsabilità. Si dichiara a difesa dei lavoratori, eppure più volte ha voltato loro le spalle con atti concreti. La destra fa solo propaganda: nega l’emergenza climatica e lascia da soli gli agricoltori». Ribadisce, infine, l’esigenza di un piano europeo che sostenga il settore con aiuti concreti: «Gli agricoltori rischiano di diventare le principali vittime del cambiamento climatico. Servono fondi per sostenere le aziende nella transizione verde dei prossimi anni».