Esclusiva

Febbraio 15 2024
AgCom-Meta, la disputa sul diritto d’autore

L’Agcom ha fatto appello al Consiglio di Stato dopo che il Tar del Lazio ha sospeso il regolamento sull’equo compenso per editori

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha presentato ricorso al Consiglio di Stato dopo la decisione del Tar del Lazio di sospendere, su reclamo di Meta, società tecnologica di Mark Zuckerberg, il regolamento sull’equo compenso per gli editori e per i professionisti dell’informazione.

La necessità di avere un giusto guadagno per le opere dell’ingegno affonda le radici in un passato lontano. Il primo a richiederlo fu Alessandro Manzoni nel 1845 quando l’editore fiorentino Felice Le Monnier aveva ristampato senza il suo consenso la prima edizione dei Promessi Sposi. Ormai più di un secolo e mezzo ci separa da questa causa, ma la situazione non sembra cambiata, anzi. La tecnologia, i nuovi portali web e l’intelligenza artificiale hanno dilatato lo spazio tra un autore e la sua opera.

Nello scontro tra AgCom e Meta è in discussione la diversificazione del panorama informativo, dove le principali piattaforme online influenzano l’accesso e la diffusione delle notizie. Per modernizzare le leggi sul diritto d’autore nell’era digitale, l’Unione Europea aveva approvato nel 2019 la direttiva sul Copyright, alla quale l’Italia si era adeguata due anni dopo con il decreto legislativo 177, attuato a gennaio 2023 dal Garante Giacomo Lasorella. In particolare, l’articolo 15 del provvedimento, definito anche “tassa sul link”, stabilisce che le piattaforme online debbano ottenere una licenza o pagare un compenso agli autori per l’utilizzo di estratti di notizie, al fine di garantire una giusta retribuzione.

Tuttavia, il dicembre scorso, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sospeso il regolamento. Il Tar ha sollevato dubbi sulla sua conformità alle normative europee e ha richiesto l’intervento della Corte di Giustizia dell’UE per chiarire la questione. L’AgCom contesta tale decisione, in quanto impedirebbe il normale svolgimento delle trattative tra editori e società web e si è rivolta al Consiglio di Stato nel tentativo di trovare una soluzione in più tempi più brevi.

Come spiega Alberto Barachini, Sottosegretario all’informazione e all’editoria, le norme sull’equo compenso «sono arrivate troppo tardi, dopo anni nei quali gli OTT – acronimo di Over the top, i servizi di distribuzione di contenuti multimediali come Google, Facebook e Netflix – hanno esercitato una posizione dominante nella diffusione di informazioni rispetto agli editori tradizionali». Il rischio più importante, infatti, è «arrivare a una determinazione del compenso quando la situazione sarà già deteriorata a fronte di un’emergenza che è adesso. Ogni dilazione di tempo è un dramma», aggiunge il Sottosegretario.

Lo scorso anno Meta aveva avuto problemi analoghi con la Società degli Autori e Editori. A marzo 2023 le due imprese non avevano raggiunto un’intesa per il rinnovo delle licenze che permettevano agli utenti di riprodurre canzoni su Instagram e Facebook. Così, tutta la musica italiana e non del repertorio della SIAE era stata eliminata dalla libreria musicale dei social. A maggio, però, si è arrivati ad un accordo transitorio, tutt’ora in vigore, nonostante la SIAE avesse accusato Meta di abusare della propria influenza a danno dell’industria creativa italiana.

Secondo Barachini, il caso Meta-SIAE dimostra la difficoltà degli Stati di imporsi in materia di tutela dell’opera intellettuale: «Il problema è che le autorità nazionali non hanno l’influenza necessaria per ottenere accordi economicamente vantaggiosi per il settore. Si deve trovare un’intesa in chiave europea, perché solo l’Europa può avere la forza contrattuale adeguata per trovare un punto fermo in una situazione di scivolamento drammatico dei rapporti di potere».

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