Dalle 17:30 la scalinata che conduce a Piazza del Campidoglio è animata da un viavai inarrestabile. Fotografi, giornalisti e passanti si radunano davanti ad un ritratto in bianco e nero. Davanti alla statua equestre di Marco Aurelio c’è il volto di Alexei Navalny, proiettato sul Palazzo Senatorio. I suoi occhi sembrano diretti verso il cielo all’imbrunire. “Ucciso da Putin, ucciso ma non piegato”, recita un foglio nelle vicinanze, immerso tra rose bianche e rosse, ciclamini fucsia e rami di mimosa. Su un altro pezzo di carta una tale Francesca definisce con riconoscenza l’attivista russo “un uomo coraggioso”, “una persona degna”. Nell’aria si sente il fermento, l’atmosfera delle occasioni solenni che celebrano chi traccia un solco indelebile nella società, e lotta per valori non negoziabili, anche lontano dall’amore della famiglia, sofferente dietro le sbarre, a temperature come meno trenta gradi sotto lo zero. Con il passare del tempo la piazza si illumina.
«Alexei non è morto, é stato ucciso dal regime di Putin», urla da Piazza del Campidoglio Tatiana, esponente del gruppo “Attivisti russi contro la guerra”, durante la fiaccolata in ricordo del più noto oppositore del Cremlino.
«Noi protestiamo da Roma, l’arresto di Navalny ci ha uniti», aggiunge la ragazza accanto al sindaco Roberto Gualtieri, ricordando che in un mondo interconnesso il destino della Russia e dell’Ucraina sia legato a quello dell’Europa.
«Con la morte siamo giunti all’ora più buia ma oggi la notizia importante è che la sua vedova continuerà la lotta per una Russia democratica, libera e felice», prosegue emozionata Natalia parlando di Yulia Navalnaya, la madre di Dasha e Zakhar, i figli dell’ ”eroe” Navalny. Residente in Italia dal 2022, la ragazza ringrazia il dissidente per aver smascherato la corruzione intrinseca al sistema russo e denuncia il sistema di tortura, l’oppressione del popolo che rivive l’epoca buia dei gulag di Stalin.
«Non vogliamo essere granelli di sabbia. Vogliamo essere liberi con tutte le nostre forze perché amiamo la libertà tanto quanto voi», afferma l’attivista Natalia durante la fiaccolata. La giovane, scappata dalla Russia dopo l’annessione della Crimea del 2014, ha condiviso con la folla una citazione di Anna Politkovskaja, scrittrice russa assassinata a Mosca il sette ottobre 2006 mentre lavorava ad un’inchiesta sulle torture commesse dalle forze di sicurezza in Cecenia. Ricordando il disprezzo di Putin per l’opposizione, Natalia lo accusa di non «aver saputo estirpare il tenente colonnello del Kgb che vive in lui» che «insiste a voler raddrizzare i propri connazionali amanti della libertà».
«Non avete il permesso di arrendervi» grida Igor, l’ultimo a prendere la parola. Il ragazzo, diventato maggiorenne in Italia, è stato arrestato in Russia per aver protestato contro la guerra in Ucraina. Contrapponendo l’Occidente e la brutale autocrazia del suo paese, il giovane esorta ad agire contro Putin perché «l’unica cosa che serve al male è che il bene non faccia nulla».
A ricordare Navalny ci sono persone di ogni età, italiani e non. “Libertà” è la parola più ricorrente, disegnata ovunque, il concetto che, meglio di ogni altro, si abbina alla vittima.
Si alzano cartelloni contro il “killer” Vladimir Putin e sventolano bandiere gialloblù ucraine. Un signore cammina fiero con la bandierina europea nel taschino della giacca, un cappello che inneggia alla libertà e un paio di occhiali tondi vintage. Una passante mostra un cuore con scritto “diritti per tutti”, a pochi passi gruppi di giovani russi urlano con vigore “Russia è libera” e le fiaccole colorate distribuite dagli organizzatori sono la cornice.
«Navalny sarebbe stato contento di questa piazza, è affascinante vedere il sostegno di tutta questa gente, degli italiani, per una questione etica che contrappone il male e il bene» dice Xenia, una giovane manifestante russa, mostrando la bandiera bianca e blu della Russia indipendente, adottata alcuni anni fa durante le proteste come identificazione dei russi contro il regime. Nel vessillo manca il rosso, colore simbolo del sangue.
«Questa non poteva che essere la fine prevista, speriamo che sia da monito per chi considera la Russia un interlocutore con cui dialogare anche sui diritti umani», afferma Primo, iscritto dal 1972 al Partito radicale.
I numeri sono spaventosi: settecento prigionieri politici rischiano la vita a causa delle proprie idee in Russia e più di quattrocento persone sono state arrestate per aver reso omaggio con dei fiori a Navalny. La sua vita dimostra come competere con dignità contro un dittatore senza scrupoli significhi incontrare un destino crudele: può essere una morte rapida, oppure che si consuma nel tempo, attraverso il sopruso, la privazione e l’avvelenamento che debilitano il corpo umano, come nel caso dell’attivista.
Le reazioni del mondo politico
«Sono contento che tutte le forze politiche siano qua. Non è comune in Italia, è un segnale importante per chi muore per la libertà, un valore universale non legato al paese per cui si combatte», dichiara il leader del partito Azione, Carlo Calenda, che ha proposto la fiaccolata. L’invito ha raccolto l’adesione di tutti gli schieramenti politici, da Italia Viva alla Lega, passando per il Partito democratico, Fratelli d’Italia e Più Europa. «La sua morte può sembrare un atto di forza, ma in realtà è un segno di debolezza e paura, distacco crescente dal popolo», afferma il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Con fischi e urla molti manifestanti si sono scagliati contro il Capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, incalzato dai giornalisti sull’assenza di Matteo Salvini, sui rapporti intessuti con il partito di Putin “Russia Unita” e sulla foto del segretario leghista in Piazza Rossa, a Mosca, con la maglietta del dittatore russo. Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia, alleato al governo, prende le difese della Lega dicendo che «non è la piazza ad avercela con il partito, ma solo qualcuno, perché la gente qui vuole ribadire la necessità di difendere i valori democratici, che non si può uccidere qualcuno per le sue idee politiche».
Nel centrosinistra non risparmia critiche Riccardo Magi di Più Europa, che ricorda come Salvini in passato preferisse Putin a Mattarella. «Va bene partecipare a questa manifestazione ma c’è un limite all’ipocrisia. La Lega dovrebbe ammettere che negli ultimi dieci anni ha sbagliato tutto in politica estera».
«La democrazia è una conquista non scontata da difendere ogni giorno, ecco perché siamo qui. Nel suo regime criminale Putin respinge il dissenso con il sangue», puntualizza Alessandro Zan, deputato del Partito democratico che mette in guardia l’Unione europea sull’influenza della Russia in Ungheria.