Sole, musica e mimose sono le grandi protagoniste al Circo Massimo, e non mancano le bandiere della Palestina. Il corteo dell’8 marzo, organizzato dall’associazione transfemminista Non una di meno (NUDM), ha visto almeno diecimila persone radunarsi in Piazza Ugo la Malfa, terminato a viale Trastevere.
Lo sciopero è stato indetto per contrastare la violenza di genere e patriarcale. Ma non solo: guerra a Gaza, precarietà del lavoro, tutela dell’aborto, mancanza di consultori e welfare sono stati i punti salienti di questo evento. Alla protesta nazionale hanno aderito diverse sigle sindacali, categorie dei trasporti e lavoratori, scuola e pubblico impiego.
La scrittrice Valerie Notaro partecipa tutti gli anni alla giornata internazionale della donna, un appuntamento fisso dopo il Covid: «Questo evento ha un significato profondo per me: sono una ragazza trans e questi momenti mi fanno sentire inclusa. Oggi non si festeggia. Si lotta».
La amareggia la poca adesione rispetto al 25 novembre, quando in piazza sono scese 500 mila persone: «Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin la marea che si è mossa è stata enorme. Aspettavo che oggi ci fosse la stessa affluenza. Sono felice, però, di vedere le bandiere palestinesi. La guerra è espressione della violenza patriarcale. Non può esistere un movimento transfemminista che non si batta per la pace».
Tra i presenti molti uomini, ma Valerie spiega: «Felice che ci siano tanti ragazzi che supportano la causa e lottano insieme a noi, ma oggi non è per loro»
Giorgia, del collettivo di zona per la difesa del consultorio del Largo delle Sette Chiese a Roma, invece, ha un’altro punto di vista sulla presenza maschile: «Il femminismo sta diventando un movimento di tutti, non solo delle donne. Non si può più chiamare “festa della donna” perché non stiamo festeggiando nulla. Femminicidi e discriminazioni sono all’ordine del giorno. Bisogna cambiare mentalità e questo deve partire dagli uomini. Tanti dimostrano già un grande senso di sensibilità e apprezzano il lavoro delle donne».
Al fianco del camion che sta in testa alla manifestazione, invece, c’è Gaia di NUDM: con il suo megafono urla “siamo il grido altissimo e feroce”. Come ogni anno, insieme alle sue compagne si mobilita per far sì che questa giornata abbia successo: «Oggi è una lotta trasversale ampia, intersezionale. Uno blocco della produzione e della riproduzione. Sono tante le rivendicazioni, ma è tanta ancora la strada da fare. L’omicidio di Giulio Cecchettin è stato un evento che ha scosso tanto le coscienze. E’ necessario che in parallelo ci siano percorsi all’interno delle scuole, nei posti di lavoro e anche all’interno dei collettivi».
Tra i tanti ragazzi presenti c’è Simone, del collettivo “Inventare il futuro” alla Montagnola: «Per fortuna i manifestanti e le manifestanti sono molto giovani. Vedo gli studenti e le studentesse di tanti licei, alcune professoresse hanno portato la propria classe, è alla fine il senso dello sciopero. Noto sempre l’assenza della fascia intermedia 40-50 anni, la generazione dei miei genitori».
«Le mimose non bastano più nel 2024 – dice un gruppo di ragazze in piazza – l’8 marzo non può essere una festa. Le lotte femministe sono necessarie se alle loro spalle c’è una collettività che si impegna ogni giorno per riuscire a sradicare la mentalità patriarcale e maschilista. Nonostante le cose si siano evolute negli anni, la nostra società vede ingiustizie e discriminazione sulle donne. Per produrre una concreta trasformazione è importante combattere, non solo proiettandosi nel futuro, ma iniziando oggi».
Leggi per approfondire: “Non è festa ma protesta“