Li si riconosce dallo zaino cubico sul portapacchi il cui colore varia a seconda dell’azienda: verde fluo con striature nere, giallo limone. I rider non sono le uniche vittime della gig economy (un modello economico basato sul lavoro a chiamata) ma sono i più colpiti. L’espansione di questo mercato si è accompagnata a severe critiche da parte dell’opinione pubblica che lamentava le precarie condizioni di questi lavoratori, considerati autonomi anche se avevano uno status da dipendenti.
Otto rider a novembre avevano viaggiato in bicicletta da Parigi a Bruxelles per chiedere all’Europa di ascoltarli, poi c’erano stati i presidi di fronte al Parlamento Europeo, adesso sembra che qualcosa si sia mossa e non solo per delle piattaforme di delivery.
L’undici febbraio 2024 il consiglio dell’Unione Europea ha approvato un accordo provvisorio per sancire delle norme a tutela dei lavoratori contrattualizzati dalle piattaforme digitali, i rider sono coinvolti ma non sono gli unici beneficiari di questo provvedimento. Secondo Elisa Gualmini, eurodeputata del Partito Democratico (Pd) e relatrice della proposta, ci troviamo di fronte a un unicum: «È il primo testo al mondo in cui viene disciplinata la condotta delle piattaforme di lavoro digitali. Dopo due anni di negoziati non ci speravamo più». La proposta era arrivata in commissione nel 2021, ma non aveva ricevuto l’approvazione di molti Stati e soprattutto era invisa ad alcune piattaforme digitali che, racconta l’eurodeputata, «hanno fatto persistenti azioni di lobbying».
Il 16 febbraio 2024 la direttiva era stata bloccata per la seconda volta da quattro paesi: Germania, Francia, Grecia ed Estonia, poi due di loro hanno cambiato idea: «Estonia e Grecia sono tornate sui loro passi dopo diversi colloqui con gli stati e pressioni dell’opinione pubblica. Quindi l’undici marzo hanno sbloccato l’accordo che potremo votare in plenaria ad aprile e se approvato diventerebbe obbligatorio per gli stati membri» ha commentato Gualmini. Per la deputata la più grande conquista è l’applicazione della presunzione di rapporto subordinato: «Gli impiegati della gig economy sono trattati da autonomi nonostante spesso siano dipendenti. La norma permetterà di correggere lo status dei falsi autonomi che sono quasi sei milioni in Europa. Questo non tocca in alcun modo quelli che lo sono davvero» Non è dello stesso avviso la Francia che ha votato contro perché non era stata accolta la clausola che avrebbe annullato l’applicazione della presunzione di rapporto subordinato: «Noi abbiamo caldeggiato per un meccanismo di presunzione legale che fosse chiaro, che poggiasse su elementi che permettessero di tenere conto dei finti autonomi senza però rimettere in discussione lo status dei lavoratori veramente indipendenti» ha commentato il rappresentante diplomatico francese Ciryl Piquemal.
Un altro merito della futura direttiva, secondo l’europarlamentare, riguarda la correzione dello status occupazionale: «Prima di questa proposta era il lavoratore a doversi recare di fronte al giudice o da un sindacato per denunciare la propria condizione e dimostrare di essere subordinato e non autonomo. Ora la situazione sarà opposta, sarà il datore a dover provare che il suo impiegato non è dipendente ma autonomo. Così si invertono i costi amministrativi che non cadono più sul singolo».
Lo scopo, ha precisato Gualmini, è garantire alle aziende stesse un territorio più sano in cui competere: «Abbiamo avuto il plauso di alcune organizzazioni come Just Eat. Noi creiamo uno standard che detti la soglia di concorrenza leale per cui si può assumere».
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