Esclusiva

Marzo 14 2024
Scontro nell’Ue per il Memorandum con la Tunisia

I parlamentari hanno interrogato la Commissione sugli obiettivi raggiunti in ambito migratorio e quelli mancati dopo il patto con il capo di stato tunisino Kais Saied

«Von der Leyen, Rutte e Meloni sono volati a Tunisi per firmare un’intesa di cui non abbiamo ancora capito la ragione né il contenuto» riferisce l’europarlamentare liberale danese Karen Melchior durante la conferenza stampa di mercoledì 13 marzo che conclude l’interrogazione parlamentare avvenuta il giorno precedente in plenaria dove si è discusso il Memorandum of Understanding (Mou) tra Unione Europea-Tunisia. Il patto è stato siglato a luglio da una coalizione formata dai primi ministri di Italia e Paesi Bassi e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’obiettivo è rafforzare i rapporti tra Bruxelles e Tunisi: erano previsti 255 milioni da inviare al capo di stato nordafricano, Kais Saied, in due tranche, in cambio del blocco dei flussi e di controlli maggiori alle frontiere. 

«La Commissione non può arrogarsi tutti i poteri. È un problema per noi eurodeputati non poter esercitare il ruolo per cui siamo stati eletti» dice Emmanuel Marel, a nome del gruppo della Sinistra del Parlamento di Strasburgo. I toni dell’eurodeputato francese sono duri: l’indignazione è collettiva, gli onorevoli sono seccati per il modo in cui la delegazione ha gestito la questione migratoria scavalcando il ruolo dell’assemblea europea.

«Da tempo chiedevamo un dibattito sul tema – chiarisce Fabio Massimo Castaldo di Renew Europe, unico europarlamentare italiano presente alla discussione – sono soddisfatto perché abbiamo potuto sottolineare la nostra contrarietà al modus operandi della Commissione nella stipula di questo accordo, che ha bypassato lo scrutinio del Parlamento attraverso le misure speciali».

«La natura giuridica del memorandum è questionabile – spiega Sara Prestianni, responsabile advocacy per l’Ong EuromedsRights, relatrice durante la conferenza stampa di mercoledì tredici marzo – per un processo democratico sono mancati due passaggi: la discussione parlamentare all’interno delle istituzioni europee e il mandato ufficiale del Consiglio ai due stati lì presenti».

«Quando è stato stipulato – aggiunge Prestianni – ci trovavamo in un momento di picco degli arrivi, soprattutto per il nostro paese, per questo Meloni ha spinto molto per finalizzarlo. Ma al posto di domandarci come mai ci fosse un aumento siamo subito corsi al riparo. Non abbiamo riflettuto sul fatto che a partire sono sempre più tunisini che sfuggono dalla stretta autoritaria del governo di Saied».

Il dato è emerso più volte nel corso dell’interrogazione. I politici europei hanno sollevato preoccupazioni riguardo lo stato dei diritti umani e le condizioni in cui versano i migranti che rimangono lì intrappolati. «I flussi migratori non sono diminuiti e Saied ha militarizzato le frontiere e rispedito centinaia di uomini, donne e bambini verso il deserto senza né acqua né cibo, condannandoli a morte certa» commenta Castaldo.

A conclusione del dibattito è intervenuta la commissaria per gli interni, Ylva Johansson, dichiarandosi  soddisfatta dei progressi acquisiti fino ad ora dall’Unione europea. Le sue parole hanno lasciato perplessi i deputati presenti in aula, tra cui Castaldo che, raggiunto dopo la discussione, commenta: «Non vedo come ci si possa sentire soddisfatti: non sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati e si decide anche di soprassedere sui diritti umani».

A due giorni dall’inizio della discussione il Parlamento ha approvato una risoluzione non vincolante che chiede alla Commissione di chiarire le modalità di erogazione dei fondi alla Tunisia.  

Il presentimento è che il memorandum sia lì per restare e diventare un modello: il 17 marzo Von der Leyen, accompagnata dalla premier italiana Meloni, volerà al Cairo per stipulare un accordo che sembra sia simile a quello firmato con Saied, nonostante lo scetticismo dei parlamentari come Mounir Satouri, dei Verdi, che conclude la conferenza stampa dicendo: «Vogliamo sostenere finanziariamente i regimi di questa regione? Questa non è l’Unione che vogliamo».

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