Soldati davanti alle urne, elettori seguiti a vista dalla polizia e nessun osservatore internazionale. Vladimir Putin vince le presidenziali con il risultato più ampio della Russia postsovietica. Lo zar ottiene l’87,32% delle preferenze, cinque punti in più di quanto previsto dai sondaggi, mentre l’affluenza record supera il 74%. Sul dato pesa il clima di intimidazione verso i cittadini, ai quali «è stato negato un controllo imparziale e indipendente» delle votazioni, come sottolineano i ventisette paesi dell’Unione europea in una dichiarazione congiunta.
Domenica, quando il sole è allo zenit, ai seggi deserti si materializzano migliaia di persone. Si mettono ordinate in fila, sulle spalle il peso del dissenso e la paura di essere identificate, arrestate, condannate alle colonie penali siberiane che spettano ai dissidenti. Sono ciò che resta dell’opposizione, un manipolo di cittadini che partecipa al “Mezzogiorno contro Putin”, l’ultima protesta lanciata dal principale avversario politico del Cremlino, Alexei Navalny, prima della morte in carcere a febbraio.
Chiunque sia contrario al regime è chiamato a presentarsi alla stessa ora alle urne. In molti scrivono il nome di Navalny sulla scheda, compresa la moglie Yulia, che aspetta sei ore il suo turno di fronte all’ambasciata russa a Berlino. Il maggior numero di partecipanti è all’estero, dove le autorità di Mosca non possono arrivare. Secondo l’Ong Ovd-Info, infatti, nella Federazione vengono arrestate settantaquattro persone.
«Ero preoccupata. Votando mi sentivo come se avessi rubato qualcosa da un negozio», spiega Anna dalla città di Izhevsk. La donna è tra i lettori di Meduza, testata indipendente russa che opera in esilio dalla Lettonia, per sfuggire alle repressioni. Il giornale ha raccolto le testimonianze di chi ha aderito al “Mezzogiorno contro Putin”, come Vita, che ha votato nella regione di Mosca: «Un agente di polizia mi ha seguito quasi fino alla cabina elettorale, e poi lungo i piani, chiedendomi dove stessi andando e perché», racconta la ragazza, «anche quando sono uscita, ha continuato a seguirmi e intanto mi filmava». Non sapendo come reagire, Vita risponde con un gesto di tenera sfida: «Gli ho fatto dei cuori con le dita davanti alla telecamera: cos’altro potevo fare?».
In alcune città la protesta ha fortuna. «Dietro di me si è formata una lunga coda. Mi sembra che fossero circa 150 persone», dice Alexei da Mosca. «Un’occasione per stare insieme a brave persone», prosegue, «questa è l’unica cosa che abbia senso in queste elezioni, i cui risultati saranno completamente truccati». Lontano dalla capitale, altri lettori di Meduza si dicono delusi: «Volevo vedere persone che la pensano come me, per assicurarmi di non essere solo», scrive Ira da Tomsk, città nella Siberia meridionale, «ma con mio grande rammarico, c’erano pochissimi cittadini. Ed è improbabile che sapessero della protesta».
Un successo a metà, schiacciato dal trionfo del presidente alle elezioni. Per molti un motivo di speranza, come per Sofia, che da Mosca ha raccontato: «Un giorno, queste persone ed io ci incontreremo di nuovo al seggio elettorale, ma questa volta per votare per candidati diversi, senza sapere chi vincerà».
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