Esclusiva

Marzo 30 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Dottor Guru, la morte di Roberta

Roberta Repetto è morta per un tumore mai curato. Faceva parte del Centro Anidra, per la Procura di Genova “una psico-setta”

Le sette religiose hanno fatto un’altra vittima. Roberta Repetto se n’è andata il 9 ottobre 2020 ad appena quarant’anni. Non per via di un brutto incidente o di un male incurabile, ma per un tumore non trattato, a causa della cieca fiducia verso qualcuno che lei considerava “autorità” e che nulla aveva di autorevole. Il nome di quel qualcuno è Paolo Bendinelli, il “santone” del Centro Anidra, per la Procura di Genova “una psico-setta”. Su Google il Centro compare come un accogliente agriturismo immerso nel verde a una manciata di chilometri da Genova. Lì, in quel contesto da paradiso bucolico, è cominciata l’inconsapevole discesa verso l’inferno di Roberta. Perché tra gli alberi e il cielo azzurro, riportano le carte del tribunale e le testimonianze, avvenivano rapporti sessuali e prove di resistenza fisica, tappe obbligate di un presunto “percorso spirituale”. Rita Repetto, la sorella di Roberta, oggi non si dà pace. Perché, dopo quasi quattro anni, «giustizia ancora non è stata fatta».

Roberta aveva donato al Centro molti dei suoi risparmi. Si era rivolta al “guru” Bendinelli e al complice, Paolo Oneda, chirurgo bresciano, anche per togliere un grosso e fastidioso neo che le era comparso sulla schiena. I due, di fronte alla richiesta di aiuto, avevano deciso di rimuoverlo senza anestesia, su un tavolo da cucina del centro olistico. Dopo la rudimentale operazione, stando a quanto ricostruito dai Carabinieri, avevano prescritto alla donna “tisane zuccherate e meditazione”. Per la quarantenne erano cominciati dolori lancinanti che, secondo il guru, avrebbero dimostrato «il successo dell’operazione chirurgica». Due anni dopo Roberta è morta all’ospedale San Martino di Genova dove era arrivata per un tumore della pelle in metastasi.

«La sentenza di secondo grado ha assolto da ogni accusa Paolo Bendinelli perché il fatto non sussiste, nonostante la Procura di Genova avesse accusato il santone di omicidio volontario, maltrattamenti, violenza sessuale e circonvenzione di incapace», dice Rita Repetto. «Paolo Oneda è stato condannato a un anno e quattro mesi. La Procura aveva chiesto quattordici anni per omicidio volontario». E aggiunge: «I manipolatori non vengono puniti a causa di un enorme buco normativo, il reato di plagio è stato abrogato nel 1981 per proclamata illegittimità costituzionale». La politica continua a non essere incisiva. «È di pochi giorni fa un’interrogazione dell’onorevole del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari, sul fenomeno settario. Spero sia un piccolo passo avanti», precisa la sorella di Roberta.

La proposta di legge depositata dalla parlamentare pentastellata non è in cima alle priorità. L’impunità resta una conseguenza di questo vuoto legislativo. Secondo i dati forniti da Ascari alla Camera dei deputati, oggi i seguaci delle sette in Italia sono tra i due e i quattro milioni. Numeri che potrebbero essere ancora più alti, visto che l’ultimo rapporto ufficiale del Ministero dell’Interno sul tema risale al 1998. Da ventisei anni nessuno monitora più il fenomeno, che esplode solo quando le conseguenze drammatiche riempiono le pagine di cronaca. Ultimo, il caso di Altavilla Milicia, dove un uomo, con la complicità della figlia, avrebbe ucciso la moglie e gli altri due figli per liberare la casa da presenze demoniache istigato da una coppia di conoscenti fanatici religiosi.

Più che dalla politica, una risposta decisa al dilagare del fenomeno l’ha data proprio Rita Repetto. La donna a febbraio 2023 ha fondato l’associazione “La pulce nell’orecchio” con la quale vuole «insinuare il dubbio, porre un interrogativo» nelle persone che vedono i propri cari invischiarsi «nella tela del ragno», la definisce Rita. «Vogliamo aiutare a riconoscere i comportamenti tipici di chi sta entrando in una setta», spiega. Il che non è affatto semplice: «Non mi sono mai accorta di quanto realmente succedesse in quella comunità – ammette – Mia sorella sembrava felice, ai miei occhi aveva trovato un gruppo di persone che la faceva stare bene, pareva aver trovato la sua strada».

Roberta era entrata in contatto col Centro Anidra nel gennaio 2008 tramite un amico di infanzia: «Stava attraversando una crisi con il fidanzato e pensava che iscriversi a un corso di crescita personale potesse aiutarli», spiega Rita. «Aveva modificato il modo di vestire, le abitudini alimentari, mediche e comportamentali. Non frequentava più gli amici di una vita, non faceva più visite mediche. Si affidava in modo cieco al suo Maestro». «Notavo tutto questo e soffrivo – aggiunge Rita – ma con la certezza che per qualunque problema mia sorella si sarebbe rivolta a me o ai miei genitori. Mi sbagliavo».

Oggi con “La pulce nell’orecchio” Rita tenta di aiutare chi sta vivendo il suo stesso dramma: «Il consiglio che do è di rispondere al nostro caro con amore e sincerità, di ascoltare, senza eccedere nelle critiche e nei giudizi, di raccogliere tutte le informazioni possibili sul gruppo in modo da capirne la strategia. Ricordare che la personalità del nostro caro non è scomparsa, ma momentaneamente sopraffatta». Importante «non inviare denaro» perché, spiega, «finirebbe nella setta». Meglio aiutare «con alimenti o vestiti». La missione ultima di Rita e degli altri sette soci de “La pulce nell’orecchio” resta quella di dare giustizia a chi, nella ragnatela della dinamica settaria, rimane intrappolato fino alla morte. «Le sentenze si accettano e si rispettano ma, oserei dire, si subiscono anche – conclude Rita – Restiamo in attesa delle motivazioni, poi ricorreremo in Cassazione. Perché mia sorella merita giustizia».

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