Manca qualche minuto alle sette, i lampioni sulla strada sono ancora accesi ma tra i banchi c’è già l’odore del pane sfornato. Frutta e verdura sono ordinate nelle cassette in modo meticoloso, i loro colori attraggono l’attenzione e fanno venir voglia di assaggiarle. Una signora china su una bacinella pulisce le puntarelle, bontà romana. Il calzolaio, conosciuto per i suoi inconfondibili baffi alla Salvador Dalì, accoglie i clienti sempre con una battuta pronta.Il mercato rionale Serpentara a Roma ha aperto quarant’anni fa ed è un punto di riferimento nel quartiere.
Negli ultimi anni, l’avvento di Amazon e delle grandi catene di supermercati ha avuto un forte impatto sui venditori ambulanti dei mercati rionali. Con un click è possibile avere la spesa sulla porta di casa. In una società in cui il tempo sembra sempre essere poco e la fretta scandisce le giornate è difficile immaginare il mercato pieno di gente, in particolare nei giorni lavorativi.
Perché andare al mercato oggi? La signora Marina elenca tre ragioni: il contatto umano, la possibilità di scelta e la qualità. «Qui ci sono tanti prodotti a prezzi diversi, al supermercato le alternative sono più ridotte. Per me comprare al mercato significa optare per la freschezza, chiedere al venditore che conosco quale prodotto mi consiglia, se prendere oggi le mele e domani i mandarini». Racconta di come la sua generazione fosse abituata a fare la spesa tra i banchi, un mondo familiare. «Puoi acquistare buoni alimenti a un prezzo vantaggioso. Oppure preferire la prima scelta e pagare di più». Rispetto a quando ha aperto, l’offerta è cambiata. Molti ambulanti hanno chiuso, come la macelleria equina e il pastificio, per essere rimpiazzati con altri servizi: un ufficio postale, un’agenzia assicurativa, un’estetista.
Massimiliano lavora qui dal 1989, ora anche con l’aiuto della moglie e del figlio. La sua giornata inizia alle 4:30 del mattino mentre il quartiere ancora dorme. Al box 20 di ortofrutta tutto è pulito e in ordine. «Quando i clienti arrivano alle otto, noi siamo già qui da ore. Il lavoro che c’è dietro è tanto. Oggi non esiste più la figura della “massaia”, che dedica ore della mattinata alla spesa. Il mondo del lavoro si è evoluto, è cambiato e questo ha un riflesso anche sulle vendite. Le cose nell’ultimo anno si sono riprese, la domanda è aumentata e non ci lamentiamo. Fa riflettere come siano sempre più ricercati piatti pronti: non solo le ciotole di frutta, ma anche sui banchi della carne tutto è già tagliato e spesso cucinato. Sta scomparendo il mestiere dei rappresentanti, figure che erano sempre presenti per la vendita di saponi e vini. Ordinare online – prosegue Massimiliano – avrà certo la sua comodità, ma non sarà mai pari a toccare, odorare e guardare quello che stiamo per mettere sulla tavola. Qui trovi chi ti spiega cosa compri, da dove viene e te lo fa assaggiare. La fregatura è che il giorno dopo trovi il prodotto spacciato per gemello ad 1 euro e lo ordini su Amazon».
Cristina ha la sua attività da trent’anni ed è stata eletta da poco Presidente del comitato organizzativo del mercato rionale Serpentara. «Si tratta di un mercato autogestito sottoforma di cooperativa composto da circa 40 banchi. Ogni operatore deve pagare una quota associativa mensile per acqua, luce, nettezza urbana ed assicurazione. Noi “piccoli” siamo tartassati, paghiamo troppe tasse rispetto alle entrate. Inoltre, gli aiuti dal Comune non si vedono. Dovremmo procedere ad importanti opere di ristrutturazione dei bagni, dei contatori che rischiano di andare a fuoco, dei parcheggi. Tutto sarà a carico di noi commercianti». Per lei, il punto forte della vendita al mercato è la varietà che offre, insieme alla fiducia che si instaura tra ambulante e cliente. Queste qualità non si trovano nella grande distribuzione. «Nonostante queste premesse, le vendite vanno bene. Chi viene sa di trovare solo prima scelta. C’è chi fa la spesa il sabato per tutta la settimana perché i prodotti di alta qualità si conservano e durano di più». Da quando riveste la carica, Cristina ha cercato di rivoluzionare il mercato con diverse iniziative che hanno avuto tantissime adesioni: orari di apertura pomeridiana, punti ristoro per cenare, “notti bianche” estive con musica dal vivo e lezioni di cucina.
Il mercato può essere rilanciato, ripensandolo in una veste nuova. Ma in Italia sta davvero vivendo un momento di slancio positivo? Secondo il dossier “I mercati appesi a un filo” di Confesercenti, aggiornato a giugno 2023, il problema non sarebbero i clienti ma gli operatori, che sono sempre meno. Tra il 2020 e il 2022, le imprese del commercio su aree pubbliche sono passate da oltre 176mila a poco più di 162mila, per un calo totale di 14mila attività (-7,9%), al ritmo di circa diciannove operatori spariti al giorno.
La diminuzione riguarda tutti i settori merceologici: rilevanti i crolli delle imprese ambulanti di prodotti alimentari e bevande, che calano del -4,7%, per una riduzione totale di oltre millecinquecento attività. Ancora peggio il commercio di prodotti tessili, che negli ultimi due anni ha perso oltre 6.200 imprese (-9,4%). Giù anche gli operatori di arredamenti per giardino, tappeti, casalinghi, piccoli elettrodomestici, materiale elettrico (-6,7%) e le attività che commerciano altri prodotti (-4mila imprese). Le uniche attività del commercio pubblico in controtendenza sono quelle di ristorazione, che nel biennio passato hanno messo a segno una crescita del +13,2%. La riduzione degli ambulanti è dovuta non solo alle chiusure, ma anche al rallentamento delle nuove aperture. Se questa tendenza si mantenesse inalterata, nel 2025 non ci sarebbero più nuove iscrizioni.
Il presidente di Anva, Associazione Nazionale commercio su aree pubbliche, Maurizio Innocenti commenta: «I dati che abbiamo presentato sono allarmanti e rassicuranti allo stesso tempo. Confortanti perché gli italiani amano ancora mercati e mercatini, dove trovano servizio e anche convenienza. Allarmano, invece, i segnali di cedimento della rete del commercio su aree pubbliche, a partire dalle tante imprese sparite. Il nostro auspicio è di avere, ora, un quadro di certezze che possa dare avvio al rilancio del comparto».