Esclusiva

Maggio 20 2024
Il giovane Magyar in ascesa, vacilla il potere di Orban

Il premier ungherese deve fronteggiare un avversario sempre più popolare. Molte le persone scese in piazza per il cambiamento dopo gli anni del dominio incontrastato di Fidesz. Ne parla a Zeta lo storico Stefano Bottoni

«Peter Magyar è sotto la buona stella, il trend è ascendente, inarrestabile», dichiara Stefano Bottoni, storico e professore all’Università degli studi di Firenze, ammettendo che qualcosa nell’Ungheria di Viktor Orban è cambiato a tre settimane dalle elezioni europee. Non solo nella capitale Budapest, ma soprattutto «nel contado, nella provincia, dove gli sta riuscendo un miracolo». Oggi, molti degli ungheresi indecisi su chi votare prima di febbraio sposano la causa di Magyar, dato al 25-30%, con percentuali variabili da una settimana all’altra, difficili da misurare con certezza.

Il paese è in «un clima quasi rivoluzionario, effervescente», opposto rispetto allo spirito pubblico apatico di gennaio. Per la prima volta dall’ascesa di Orban si fa strada un oppositore temibile, deciso a scardinare le certezze dell’esecutivo con l’impegno per una “primavera ungherese”. Magyar, per anni marito della ex ministra della giustizia Judit Varga, ha abbandonato il sistema di cui era parte, diventando un pericolo inedito date le «conoscenze dei meccanismi di potere, i documenti e le registrazioni compromettenti in suo possesso». I tentativi di metterlo fuori gioco, ad esempio accusandolo di violenza domestica nei confronti della ex moglie, sono stati vani e Fidesz deve affrontare un attore politico che propone un’offerta centrista simile a quella del partito di governo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila. 

A portare Magyar al canale Youtube Partizan è stato lo scandalo che ha travolto Judit Varga e l’ex presidente della Repubblica Katalin Novak. Entrambe sono state costrette a dimettersi dopo aver concesso la grazia al vicedirettore dell’orfanotrofio di Bicske, che aveva contribuito ad insabbiare gli abusi sessuali da parte del suo capo. Questa è stata l’occasione perfetta per l’avvocato quarantenne, che si è presentato davanti alle telecamere per un’intervista durata un’ora e quaranta in cui ha smascherato la struttura di potere di Orban.

Per Bottoni, Magyar, leader del partito Tisza, «sta cannibalizzando l’opposizione» mentre i socialisti e il centro stanno sparendo, non possono aspirare a più del 5% e solo la Coalizione democratica «sopravviverà con una percentuale tra il 12 e il 15%».

Questa ascesa ha stravolto la campagna elettorale perché controvoglia «Il premier gira il paese, come non faceva da anni – continua il docente – arriva all’improvviso per comizi in luoghi semi segreti davanti ad un pubblico selezionatissimo». Oggi Fidesz rincorre il giovane avversario, che da marzo attira in piazze stracolme cittadini pronti a sostenere il cambiamento in una risposta popolare nata dalla curiosità. Una delle tappe recenti è stata Debrecen, seconda città d’Ungheria, importante polo universitario, ma soprattutto fortino di Orban. «Con sei eventi al giorno attraversa grandi paesi e cittadine di 8-9mila abitanti dove nessuno era mai passato con un panel comunicativo e un forum pubblico in piazza».

«Il premier era talmente convinto della sua influenza – prosegue Bottoni – che l’anno scorso aveva accorpato le europee e le amministrative, che di solito si svolgono in autunno, per fare una sola campagna elettorale». Per i politologi ungheresi, scendere sotto il 40% e vedere Magyar lontano 8-10 punti sarebbe un campanello d’allarme a meno di due anni dalle elezioni nazionali di aprile 2026. «Non era mai successo negli ultimi decenni che per tre mesi consecutivi Fidesz prendesse iniziativa sul discorso pubblico, fosse costretto a muoversi in modalità reattiva e non proattiva».

Eppure, secondo lo storico, il regime «è stanco dopo quattordici anni di potere» e i messaggi sono sempre gli stessi, ovvero ostili nei confronti di Bruxelles, contro i migranti o l’imprenditore George Soros. Inoltre, la nazione affronta una grave crisi economica e sociale, è reduce da un’inflazione altissima tra il 2022 e il 2023, ancora presente, che ha impoverito i cittadini ed eroso il potere d’acquisto delle famiglie.

Da non sottovalutare è per Bottoni il «panico geopolitico morale» per cui molti elettori hanno notato un paese più vicino ad un «regime russo-bielorusso, anche se molto più soft», che all’Unione europea, i cui fondi sono preziosi per Budapest. Riconoscendo la profonda integrazione nel blocco occidentale – da cui lo stato è dipendente – il docente cita come esempio i lavoratori transfrontalieri dell’Ungheria occidentale che si spostano nella vicina Austria. 

«In dieci anni Orban ha trasformato l’opinione pubblica ungherese di destra antirussa in alleata di Putin – sostiene il professore – ostile all’Occidente e agli Stati Uniti». La vicinanza con Mosca ha seminato, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina, paura nella società civile magiara. Il timore di stare «come nella Prima e nella Seconda guerra mondiale dalla parte sbagliata della storia, dei perdenti».