Esclusiva

Maggio 23 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 6 2024
Adelaida, artista ribelle e anticonformista

Adrian N. Bravi racconta la vita avventurosa di un’artista originale e appassionata che non ebbe paura di combattere le dittature

29 agosto 1976: una ragazza con in braccio una bambina di nove mesi entra trafelata nel Jardin Zoologico Municipal di Buenos Aires. Quella domenica ha appuntamento con alcuni suoi compagni montoneros (guerriglieri del movimento peronista) per fare il punto della situazione ma è seguita da un gruppo di poliziotti in borghese. Affretta il passo cercando di confondersi tra la folla. Sa dove andare ma, non riuscendo a seminarli, compie un gesto estremo. Sbarra il passo ad una coppia di sconosciuti e con uno sguardo disperato affida loro la figlioletta. Poi corre via. Da quel momento di lei, arrestata e portata in una caserma di Campo de Mayo, uno dei più grandi centri di tortura e sterminio della dittatura instaurata dal generale Videla, non si saprà più nulla.    

Inizia così, dal racconto della tragica scomparsa della figlia Mini, la biografia che Adrian Bravi dedica ad Adelaide Gigli, scrittrice e artista nata a Recanati nel 1927 ma vissuta per lo più in Argentina, dove ha presto abbandonato la versione italiana del suo nome per quella spagnola, con la a finale. L’autore ripercorre le sue vicende personali riportando stralci di interviste e piccoli brani presi da lettere, articoli e poesie da lei scritte o a lei dedicate. Ma soprattutto attinge ai propri ricordi, perché lui Adelaida ha avuto occasione di conoscerla e frequentarla quando, ormai anziana, era tornata a vivere in Italia. La sua prosa, fluida ed essenziale, si avvicina molto a quella di un saggio, le scene descritte sono poche e i dialoghi spesso sono citazioni estrapolate dai ricordi di qualcuno. Alternando lunghi passaggi in terza persona a episodi più brevi narrati in prima, Bravi intreccia la sua vita con quella dell’artista. Entrambi parlano lo spagnolo come lingua madre, entrambi hanno vissuto sia a Buenos Aires che a Recanati. Nonostante la differenza d’età, lui riconosce in lei, e poi in sé stesso, un modo d’essere latino-americano di cui prima sembrava essere ignaro. Ed è anche grazie a questa profonda vicinanza che riesce a delineare il ritratto intimo e commovente di una donna ribelle, anticonformista e coraggiosa. 

La storia di Adelaida si svolge a cavallo tra il vecchio e il nuovo mondo, sotto l’ombra di dittature che hanno sconvolto la sua esistenza. Ha solo quattro anni quando Il padre Lorenzo Gigli, famoso pittore, decide di trasferirsi con la famiglia a Buenos Aires per sottrarsi al controllo del regime fascista. Attraversato l’Atlantico, però, trova ad aspettarlo la dittatura militare del generale Uriburu, che aveva rovesciato il governo di Hipolito Yrigoyen, eletto democraticamente. Molti anni più tardi, nel 1961, Adelaida è bandita con il marito David Vinas dal Venezuela filostatunitense di Betancourt per aver aderito alla Rivoluzione cubana. Tornata in Argentina, l’artista è costretta a convivere prima con la dittatura blanda del generale Ongania, poi con la dura repressione scatenata nel ‘73 da Peròn. Gli orrori perpetrati dalla dittatura del generale de Videla, che le porterà via i due figli, entrambi desaparecidos, la spingeranno alla fine a lasciare il Paese e a tornare in Italia.

Nonostante le difficoltà, Adelaida diventa protagonista della scena culturale delle Buenos Aires degli anni Cinquanta e Sessanta. Durante gli anni universitari inizia a scrivere per la rivista Centro articoli sprezzanti contro le classi alte e per il rinnovamento della letteratura. Poi fonda insieme ad altri giovani intellettuali, tutti uomini, Contorno, che diventerà un punto di riferimento per la sua presa di posizione contro i totalitarismi. Durante il soggiorno in Venezuela ha una folgorazione per la lavorazione della ceramica a cui si consacra da quel momento in poi. Lasciato il marito nei primi anni Sessanta, frequenta diversi intellettuali, si avvicina al Partito comunista rivoluzionario senza diventarne mai militante e poi al Fronte di Liberazione Omosessuale. Nella sua casa tiene feste memorabili dove tutti si mascherano ma nasconde anche gli arsenali dei suoi compagni, pur non essendo d’accordo con la lotta armata. 

Lo sguardo dell’autore, però, non rimane sempre fisso su Adelaida. Ci sono passaggi del libro in cui la lascia in secondo piano per mettere a fuoco il contesto che la circonda. Il più significativo è quello in cui racconta dei figli Mini e Lorenzo Ismael, entrambi montoneros, e dei loro compagni fondatori delle Far, le Forze armate rivoluzionarie. Con rapidi cenni racconta dei loro ideali, della lotta contro la dittatura e della loro scomparsa.

L’ultima parte, invece, scritta in prima persona e dedicata agli ultimi anni di vita di Adelaida, è forse la più commovente. Bravi racconta dei tanti momenti passati con lei, della sua leggerezza ma anche dell’enorme vuoto che sentiva dentro di sé. Attraverso la scultura e la scrittura esprimeva il suo enorme dolore, la solitudine e il rimpianto per una vita ormai lontana. Per una donna che aveva vissuto la sua vita “come un’insurrezione continua”, la tranquillità di Recanati era sia un balsamo che una tortura. Ma la forza di lottare non viene meno neanche al sopraggiungere dell’Alzheimer che lei combatte disseminando per la casa agende e appunti su cui segna i suoi ricordi. Ed è con stima e gratitudine che l’autore si accomiata da lei, rendendole omaggio e restituendo alla collettività il ricordo di una vita straordinaria. 

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