Esclusiva

Maggio 29 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 30 2024
Sudafrica, il partito di Mandela alla prova delle urne

Più di 27 milioni di cittadini al voto in un paese colpito da profonde disuguaglianze sociali, problemi economici e corruzione permanente

«Per la prima volta dal 1994 il partito al potere, l’African national congress (Anc), rischia di perdere la maggioranza assoluta», sostiene Giovanni Carbone, professore dell’Università degli studi di Milano e ricercatore dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. Sono 27,8 milioni i sudafricani chiamati alle urne per eleggere i quattrocento deputati della camera bassa del parlamento e le assemblee legislative di nove province. Si tratta della settima elezione generale dalla fine dell’apartheid, in un paese dilaniato da profonde disuguaglianze e problemi di carattere economico e sociale. 

L’Anc, il partito di Nelson Mandela, è stato cruciale per la nascita del Sudafrica democratico, ma l’insoddisfazione dei giovani per la mancanza di posti di lavoro potrebbe incidere sui consensi del gruppo e aprire la strada ad un esecutivo di coalizione. Soprattutto considerando che oltre cinque milioni degli elettori registrati hanno meno di trent’anni. In un quadro complesso, il parlamento neoeletto sarà poi incaricato di scegliere il Presidente – capo di Stato e di governo – che succederà a Cyril Ramaphosa e rimarrà in carica per i prossimi cinque anni.

Più di cinquanta formazioni si presentano alle elezioni, dimostrando come un grande ostacolo per gli avversari dell’Anc sia la frammentazione, favorita da un sistema elettorale proporzionale. A destra del partito di governo si posizionano i liberali filo-occidentali dell’Alleanza democratica, con il 20% dei seggi nell’Assemblea nazionale e alla ricerca di una riconferma, mentre dall’altro lato dell’emiciclo siedono l’Economic freedom fighters di Julius Malema e l’MK, creato di recente dall’ex presidente Jacob Zuma. Per Carbone «questi soggetti di sinistra attingono soprattutto alla maggioranza nera impoverita e sono accomunati da una posizione radicale e per certi aspetti anti-occidentale». Formazione di area centrista, l’Anc non deve affrontare un’opposizione unita ma, secondo l’esperto, «sarà punito o perderà consensi anche se avrà ancora tra il 40% e il 50% dei voti e dei seggi». 

La crisi dell’economia è legata a quella energetica, dunque all’indebitamento e al malfunzionamento dell’azienda statale produttrice di elettricità, la Eskom, che ha costretto i cittadini ad abituarsi a blackout giornalieri. La fragilità non incentiva le imprese straniere a investire e non giova all’Anc, dato che «il paese sta crescendo di meno dell’1% medio dal 2014 ad oggi, molto poco per un paese emergente come il Sudafrica». A questo si aggiunge «l’elevato tasso di disoccupazione, il più alto al mondo, che supera il 32% ed è al 50 % tra i giovani», prosegue il professore. 

Altra criticità è «l’aumento della povertà che ha ripreso a espandersi per un paese segnato da disuguaglianze attuali legate all’esperienza coloniale e al regime razzista con l’apartheid», sostiene Carbone, ricordando la creazione tra i neri di una classe media ma al contempo la presenza di una maggioranza ancora molto povera. In questo contesto di difficoltà generale, la criminalità crescente segna la nazione, assieme al «maggior astio e l’opposizione verso gli immigrati», in quello che è il secondo paese nell’Africa subsahariana dopo la Costa d’Avorio per numero di immigrati ospitati, provenienti soprattutto da paesi limitrofi come lo Zimbabwe e il Mozambico. Nello scenario si inserisce la corruzione, una debolezza endemica ereditata dalla presidenza di Zuma e ancora presente malgrado i tentativi di sconfiggerla sotto la presidenza di Ramaphosa.

Sul piano internazionale «le cancellerie internazionali dovrebbero interessarsi alle elezioni perché da tre anni i rapporti con il Sudafrica sono tesi» dice il ricercatore, citando la scelta di astenersi quando l’invasione russa è stata condannata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e le tensioni con Washington che «ha minacciato di tagliare certi benefici concessi agli esportatori sudafricani». Dal 2010 il paese di Ramaphosa è membro dei Brics, gruppo formato da Brasile, Russia, India e Cina con una propria Banca di sviluppo guidata dall’ex presidentessa brasiliana Dilma Rousseff. Nonostante la «proclamata neutralità» il Sudafrica si è dimostrato più vicino alle posizioni di Mosca e Pechino, tradendo le simpatie occidentali.