Esclusiva

Giugno 3 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 4 2024
D’Ambrosio (Fratelli d’Italia): «Siano gli Stati a plasmare i temi europei»

Si racconta a Zeta Nicola D’Ambrosio, candidato di Fratelli d’Italia per cui l’Unione europea deve rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità

Nicola D’Ambrosio, di origini campane ma da anni attivo nella politica abruzzese, è candidato con Fratelli d’Italia per le elezioni europee dell’8 e il 9 giugno. Eletto presidente di Azione Universitaria – il gruppo giovanile del partito di Giorgia Meloni – nel 2021, il trentatreenne è militante di lungo corso e tra i più giovani aspiranti per rappresentare l’Italia a Strasburgo e Bruxelles.

1)Da dove nasce la sua passione per la politica e cosa l’ha spinta a aderire ad Azione universitaria e oggi a candidarsi con Fratelli d’Italia per le elezioni europee?

«La passione per la politica sorge sin da piccolo e sboccia definitivamente all’Università, tra i corridoi della D’Annunzio di Chieti-Pescara. Non mi sentivo rappresentato dalla narrazione delle associazioni della sinistra universitaria e dunque sogno di compiere una piccola rivoluzione culturale. Così mi affaccio all’auletta di Azione Universitaria. Ammetto che non ci è voluto tanto a convincermi. Volantino in mano e inizia il lungo viaggio. Faccio rappresentanza a vari livelli fino al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari e in parallelo mi impegno a consolidare le realtà di Azione Universitaria in Abruzzo e poi in tutta Italia, dopo essere stato eletto Presidente Nazionale nel 2021, una carica che richiede grande responsabilità. Nei lunghi decenni di storia della destra universitaria ho fatto parte prima del Fronte Universitario di Azione Nazionale e poi di Azione Universitaria, dove hanno militato personalità di spicco come Paolo Borsellino. I primi anni di politica universitaria combaciavano con i primi anni di Fratelli d’Italia. Ho aderito subito con grande entusiasmo a quel nuovo movimento politico, che ha poi vinto la sfida del tempo: oggi ci lanciamo in questa sfida generazionale all’Europa, dopo lunghi anni di puro impegno militante giovanile. Lo stesso che portò all’epoca Giorgia e tanti altri a fondare Fratelli d’Italia».

2)Cosa ha significato per lei la battaglia per il voto ai fuorisede e la difesa delle istanze del territorio abruzzese che lei rappresenta?

«È una grande soddisfazione, il primo passo di una vera e propria rivoluzione culturale, nonché di una potenziale riforma epocale per la nostra generazione, quando riusciremo a renderla strutturale. Lo abbiamo sentito raccontare e promettere dalla sinistra, giovanile e parlamentare, nel corso degli ultimi dieci anni. Noi lo abbiamo fatto subito. Per raggiungere questo primo traguardo mi sono speso in prima persona, affiancato dalle nostre strutture giovanili e sostenuto da Fratelli d’Italia. Contrastare l’astensionismo involontario, semplificare l’accesso a un diritto fondamentale quale quello del voto e permettere ai giovani di decidere del proprio futuro e del futuro della propria terra, sentendosi davvero rappresentati, sono gli obiettivi di una nostra battaglia generazionale. Non è più possibile raccogliere i consensi dei ragazzi solo con l’antipolitica, serve chi invece lavori davvero per loro».

3) È fiducioso sul fatto che i conservatori dell’Ecr possano conquistare una presenza consistente all’Europarlamento e un commissario di peso?

«Lo certifica qualsiasi rilevazione: i Conservatori europei avranno un ruolo “chiave” nella prossima legislatura, Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia ne saranno il motore principale. Le motivazioni sono tante, su tutte il pragmatismo di Giorgia nell’affrontare i dossier più importanti e la capacità di creare con le famiglie della destra europea una vera e propria alternativa ai socialisti».

4) Molti vedono il conflitto tra sovranismo ed europeismo come una guerra tra egoismo e solidarietà continentale, ritenendo quest’ultima l’unica forma di solidarietà efficace in un sistema globalizzato. Essere sovranisti significa dunque non essere solidali?

«Significa volere un’Unione Europea che “faccia meno, ma faccia meglio”, occuparsi dei grandi temi come la difesa comune, l’approvvigionamento energetico e la gestione dei flussi migratori. Bisogna lasciare ai singoli stati la facoltà di declinare gli obiettivi comunitari, penso alla transizione ecologica, sulla base delle peculiarità dei singoli stati, senza vessare ulteriormente i cittadini con ulteriori oneri economici sulle loro spalle. Ad esempio, l’efficientamento energetico per le abitazioni nel Sud Italia non può essere lo stesso della Svezia. È necessario, dunque, il rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Spesso invece l’UE ha valicato questi limiti, tendendo a regolamentare quasi ogni aspetto delle nostre vite: da che cibo mangiare a che macchina acquistare, da come ristrutturare casa a come coltivare i nostri terreni agricoli».

5) Quali dovrebbero essere a suo parere le priorità per l’Unione nella prossima legislatura considerato che si è parlato di molti temi come la difesa, la transizione ecologica e quella digitale?

«Non credo ce ne sia uno in particolare poiché ormai la maggioranza delle materie su cui operano gli amministratori locali sono regolamentate dall’Unione europea. Quelli elencati sono fra i temi principali e direi più d’avanguardia, si pensi alla transizione digitale e alla sfida dell’intelligenza artificiale che a noi giovani interessa particolarmente. Ma bisogna in primis cambiare il paradigma nell’approccio a determinati temi, adottandone uno meno ideologico e più pragmatico. L’Europa deve diventare un gigante politico e non burocratico».