Esclusiva

Giugno 3 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 4 2024
Raimo (Avs): «A Bruxelles per lavorare con l’immaginazione politica»

L’insegnante e scrittore ha deciso di scendere in campo dopo l’annuncio della candidatura di Ilaria Salis: “Libertà e diritti sono sotto attacco e la violenza contro i neonazisti è necessaria”

Christian Raimo, romano classe 1975, sempre pronto a battagliare, si destreggia fra classi di liceo e salotti televisivi. Ha affinato la sua retorica scrivendo saggi e romanzi per MinimumFax, Feltrinelli, Laterza e Einaudi. La letteratura è passione e mestiere di famiglia: è fratello della scrittrice Veronica Raimo. È stato assessore alla cultura del Municipio III di Roma Capitale, periodo in cui il centrodestra chiese le sue dimissioni quando dichiarò che non avrebbe festeggiato per l’estradizione del terrorista Cesare Battisti. Si candida con Alleanza Verdi e Sinistra nella circoscrizione del Centro Italia alle elezioni europee.

Ha detto che spingerla alla candidatura è stata quella di Ilaria Salis. Come si affronta il tema dei diritti a livello europeo?

«Innanzitutto, tenendo d’occhio la fase politica. Quando mi sono cimentato nell’amministrazione pensavo fosse un momento di porosità delle istituzioni a delle istanze dal basso e ad un modo di fare amministrazione diverso. Dalle scorse elezioni mi sembra che siamo in una fase diversa, con una contrapposizione ideologica forte e dove libertà e diritti sono sotto attacco».

Questa è la fase dell’Europa?

«Si fa politica sempre nel luogo dove si è. Dal quartiere, dove ci possono essere picchetti antisfratto, scioperi, migranti che dormono per strada, all’Europa. Nel parlamento di Bruxelles, però, oltre a resistere ai fenomeni sociali, si può lavorare anche con l’immaginazione. Si può pensare ad un sindacalismo di livello europeo, ad una scuola democratica europea, si può pensare ad un salario minimo europeo. O anche rispondere ai venti di guerra come proponeva Jean Jaurès – leader dei socialisti francesi ad inizio Novecento – nel 1914, con uno sciopero europeo».

Nel post con cui ha annunciato la candidatura ha parlato dei morti nel Mediterraneo fra emigranti e a Gaza. Come dovrebbe comportarsi l’Europa a riguardo?

«Penso che il Parlamento europeo abbia una funzione legislativa limitata, ma ha una grande funzione di pedagogia politica; credo debba essere una pedagogia di vita e di pace. In questi ultimi anni abbiamo avuto una pedagogia che anestetizza la morte e la rende parte del nostro paesaggio naturale. Io sono convinto che avesse più ragione Kropotkin – filosofo russo della seconda metà dell’Ottocento e teorico dell’anarchismo – rispetto a Hobbes (ndr homo homini lupus“, l’uomo è lupo per gli altri uomini) e che siamo degli animali sociali inclini al mutuo soccorso. Ricordiamo che la solidarietà è il valore alla base dell’Articolo 2 della Costituzione».

Ha dichiarato che ai suoi studenti insegna che “I neonazisti vanno picchiati”. È stato accusato di essere diseducativo, ne ha parlato davvero in classe?

«Quest’anno abbiamo letto Apologia della Storia, di Marc Bloch, forse il più grande storico del Novecento che ad un certo punto impugnò le armi contro i nazisti (ndr nel marzo del 1944 Bloch fu arrestato e torturato per tre mesi dalla Gestapo, prima di essere fucilato). Leggiamo Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino. Poi possiamo decidere che anziché Beppe Fenoglio o i diari dei condannati a morte durante la Resistenza, va studiata la biografia di Steve Jobs o Giovanni Gentile. Ma per ora non è così. I programmi ministeriali indicano che va affrontato il tema della violenza, che ha fatto parte della Storia. E ci insegnano che è esistita una violenza, se non giusta, necessaria. Quella contro i nazisti, che è una violenza di reazione.

La violenza dei partigiani, dolorosa anche per coloro che si sentivano costretti ad imbracciare le armi ma non avrebbero voluto farlo, è molto diversa dalla violenza nazista e fascista: purificatrice di sé e umiliante dell’altro, la violenza dell’olio di ricino».

È un momento in cui serve questa reazione?

«Torniamo a Ilaria Salis. Sappiamo che era lì per manifestare contro il Giorno dell’Onore, in cui si celebra l’adesione dell’Ungheria al nazismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma da quando c’è questa celebrazione? È una tradizione di qualche anno fa, venuta fuori dopo un’ondata di pogrom che ci sono stati in Ungheria dal 2008 al 2012 contro rom, sinti e altre minoranze. Pogrom che hanno portato ad una decina di morti, fra cui bambini. Ma pensiamo anche alla strage di Breivik in Norvegia (2011) o quello di Luca Traini in Italia. Invece qui sbandieriamo un fantomatico ritorno alla lotta armata».

Lei ha anche un’esperienza di qualche anno come cabarettista, porterà la sua vena satirica anche a Bruxelles?

«Ho imparato che c’è una dimensione performativa che è fondamentale in politica. Sia in classe che in tv, cerco di non essere mai manipolatorio, però sì, il teatro, in particolare quello di Bertold Brecht, mi ha insegnato tanto. E se la politica deve essere un teatrino, uso le armi del teatro che ho appreso».

Ma quindi se eletto andrà al Parlamento Europeo?

«Sì. Ho un po’ paura dell’aereo, ma proverò a superarla».

Ne ha già nominati vari, ma quali artisti, pensatori, leader politici l’hanno ispirata?

«Difficile. Dico la serie tv The Wire per tutti e tre».